Amici di La MaddalenaGiorgio Andrea Agnès des Geneys

Le scorrerie barbaresche del 1812 e 1813

Nel 1812 i tunisini armarono una flottiglia di 9 corsari, che dal 20 al 22 luglio incrociarono nel golfo di Cagliari. Truppe e cannoni furono spediti alle marine di Quartu, ma i tunisini si limitarono ad attaccare, presso Capo Carbonara, le torri di Porto Giunco e dei Cavoli, dove catturarono 7 marangoni intenti al recupero dei relitti di un legno russo naufragato, minacciando poi Sant’Antioco. Un distaccamento di 200 soldati partì per Carloforte il 23 luglio, ma i tunisini sbarcarono prima del loro arrivo. Impadronitisi facilmente del fortino per negligenza del capitano Luigi Serra, furono contrattaccati e respinti dalla popolazione. Visto che la marina del Sulcis era in armi, la flottiglia ripassò davanti a Cagliari per attaccare quella del Serrabus.
Respinto uno sbarco a Porto Corallo per la vigorosa resistenza dei torrieri e il pronto arrivo dei popolani di Muravera, San Vito e Villaputzu, il 27 luglio sbarcarono in 400 a San Giovanni di Sarralà nell’Ogliastra, attaccando da terra e da mare la torre difesa da Sebastiano Melis col figlio Antonio e altri due uomini. La torre si difese strenuamente per dieci ore, benché i tunisini fossero riusciti a incendiare la porta e uno scoppio accidentale di polvere avesse ucciso Antonio. Infine l’arrivo dei miliziani di Tertenia mise in fuga i tunisini, che lasciarono sul campo 17 morti e feriti.
Melis fu premiato con la medaglia d’oro e il doppio soldo, i suoi compagni con minori ricompense: Serra, deferito al consiglio di guerra, fu assolto [da non confondere con l’omonimo ufficiale genovese, allora nella marine impériale, futuro viceammiraglio sardo]. Un nuovo allarme fu provocato dalla comparsa di una squadra algerina di 4 fregate, 1 corvetta e 4 legni minori, onde con manifesto del 31 agosto furono ripristinate le misure di sicurezza costiera. Gli algerini però non intendevano minacciare la Sardegna, ma soltanto dare la caccia ai tunisini, in quel momento loro nemici.
Nella primavera del 1813, incoraggiati dal disarmo della marina sarda (tranne pochi legni sottili per il servizio delle dogane e il collegamento fra le torri), i tunisini tornarono a minacciare le coste della Sardegna. E stavolta arrivarono anche i tripolini, sbarcati a fine maggio presso la tonnara di Calasapone, dove furono tuttavia respinti con perdite dalle carabine dei tonnarotti. In ottobre fu la volta di 7 legni algerini, che devastarono Portopino e le spiagge della Nurra e di Alghero, poi quelle del Sulcis e di Pula, facendo numerosi schiavi. Fecero anche un tentativo presso Marceddì, dove furono però respinti dagli abitanti. Nel marzo 1815 Efisio Angioy, allora tenente di vascello, fu inviato a Tunisi per negoziare la liberazione degli schiavi, scambiati infine 1 a 3 coi tunisini catturati dalla marina sarda. L’accordo, come stiamo per dire, ebbe però breve durata.