L’Azione Cattolica e Don Vico
Nel 1922 nasceva l’Azione Cattolica. È don Capula a stilarne concisamente la storia e a quei documenti facciamo riferimento.
“1922. Nell’annuale visita pastorale maggio 22 (il Vescovo) ha incaricato Vico di riunire un gruppo di giovani. Ferracciolo, Demurtas, Avellino, Ornano Vincenzo, Dettori Luigi, Peppino Branca (libero docente Università Pavia, ora socialista), Mario Webber, in prevalenza studenti (tecniche). …Il consiglio ha scelto il nome Benedetto XV nome del pontefice regnante. Bandiera regalata dal sig Lorenzo Dezerega, padrino, benedetta l’8 dicembre. Alfiere Vincenzo Ornano. Ammirazione e consenso generale. Sede niente. In sacrestia. Assistente vicario. Riunioni settimanali. Dopo la costituzione la prima comparsa ufficiale è stata al congresso nazionale della gioventù cattolica tenuto a Roma accompagnati dall’assistente occasionale del circolo, don Vico, il canonico di Tempio. Diploma di aggregazione, durata un annetto”. Questo primo nucleo maschile fu “di breve durata” perché “mancando di locali e di direzione si sciolse”. Rimaneva un consistente nucleo femminile formato da 37 Donne cattoliche, 40 CGF, 60 Figlie di Maria che partecipavano con impegno alla vita parrocchiale. Il gruppo maschile rinasceva nel 1926 con due animatori; ci si riuniva nella sala dei pescatori in via Balbo, assistente era il viceparroco, ma grande aiuto lo dava il maggiore Filippo Schiaffino. Vera anima era “don Casimiro Liccioli, apostolo ardente combattente e decorato si prodigò fuori misura dando aiuto morale e finanziario. Ottenne dal comando un locale situato nella antica sede della S S Uva. Lì le prime manifestazioni artistiche su di un palco improvvisato, fecero apparire i primi frutti dell’associazione. In pochi mesi la Benedetto XV brillò. Il sole brillava all’orizzonte. Un pianoforte fu l’ultimo suo ricordo. Poi vittima di un intrigo scomparve, dopo appena un anno lasciando largo rimpianto di sé. Don Liccioli ebbe prezioso collaboratore in qualità di presidente il sig Mario Ferracciolo, segretario Giovanni Corona, cassiere Armando Meloni. Furono questi i giovani che nel 1929, l’11 febbraio, a banda in testa uscirono dalla loro sede in un imponente corteo a celebrare il fausto avvenimento della conciliazione. Perduto don Liccioli l’associazione perdette la sede. Dovette risalire la via Maggior Leggero, quasi al punto di partenza nei locali del sig. Guccini in via Balbo. La luce e il fitto di lire 130 mensili costrinse i soci a svolgere una intensa attività filodrammatica. Insieme ad essa fu lanciata la iniziativa dei vangelini festivi. La predicazione parrocchiale era nulla e le necessità della associazione molte. La vendita di questi vangelini alla porta della chiesa provvide ad una cosa e all’altra. Qualche lettera di don Liccioli teneva ancora la compagine”. Proseguì bene l’attività filodrammatica nel 1931, poi subentrò la crisi.
Il vecchio parroco non aveva più la forza di lottare, un cancro al cervello lo consumava. Don Capula era stato mandato in aiuto da appena un mese quando il vecchio canonico morì: “Fui svegliato verso la mezzanotte. Una paralisi(?). Mi recai a chiamare il dott Chirico che abita in piazza del comune sopra l’attuale caffè Madrau. Poi venne il dott. Regnoli massone che abita in piazza Barò. Detti l’assoluzione, l’estrema unzione, recitai le preghiere dei morenti, spirò sul mattino. Era il 23 sett 1933”.
Giovanna Sotgiu – Co.Ri.S.Ma