Luca Ferrandico
Nell’ultimo periodo la gestione dell’ultra settantenne Gallone sembra non più precisissima nella registrazione delle entrate e delle uscite e la Curia lo sollevò amichevolmente dall’incarico, previo accordo col Consiglio, nominando, per la prima volta e in via apparentemente provvisoria, un prete, il vice parroco Luca Ferrandico. Siamo nel 1825; l’incarico di Ferrandico durò fino alla sua morte nel 1829.
Nell’inventario consegnatogli da Gallone figurano alcuni oggetti interessanti: “un quadretto piccolo d’argento della Madonna con altra figura parimenti d’argento donata dalla Signora Maria Nunzia Tanca” che diventerà moglie di Desgeneys, e “una medaglia non si sa se d’ottone o d’oro coll’effige della Madonna di Guadalupe del Messico” di ignota e curiosa provenienza, considerato che a La Maddalena questa figura era praticamente sconosciuta tanto che, in seguito, fu confusa con la Madonna di Loreto.
Se la curia sperava in una migliore gestione da parte del prete dovette ricredersi: Ferrandico trascurò di recuperare un credito del precedente fabbriciere e, soprattutto, per semplice comodità o forse per non avere uno spazio più adatto, prese l’abitudine di tenere a casa sua non solo le somme appartenenti alla Chiesa, ma anche l’olio santo, alcuni oggetti preziosi regalati alla Santa, i registri e le altre scritture relative a donazioni e censi. Alla sua morte, avvenuta nel 1829, tale leggerezza consentì ai suoi eredi, il fratello Giovanni Paolo e il cognato Sebastiano Dadea, di portar via i soldi e almeno due anelli d’oro con granati donati alla Patrona: al successivo inventario operato dal Parroco, si scoprì, infatti, un ammanco di 99 scudi sardi e forse anche delle somme della cascia di Santa Maria Maddalena trovata vuota a casa di Ferrandico. Il tentativo di recupero non ottenne grandi risultati: i due, denunciati e acciuffati, avevano dovuto riconoscere l’appropriazione indebita di beni della Chiesa e si erano impegnati a restituirli, ma ancora nel 1832 non avevano provveduto. Il vecchio parroco Biancareddu, al quale il Consiglio Comunitativo si era rivolto chiedendo aiuto in questa intricata questione, pur dichiarandosi debitore di mille finezze nei confronti dei maddalenini, suggeriva di rivolgersi ad un procuratore per citare i due dinanzi al giudice competente per risolvere la questione diventata ancor più complicata: infatti Sebastiano Dadea, non solo non aveva restituito nulla, ma si era allontanato da Tempio perché “bandito per un delitto” e quindi diventava molto difficile fargli pagare il suo debito. Nel 1836, malgrado l’interessamento del Vescovo con la denuncia al Tribunale e quello del Procuratore Generale alle Chiese, il debito non era stato saldato; la stessa situazione risultava nel 1842.
Giovanna Sotgiu – Co.Ri.S.Ma