Il pane del GovernoLa Maddalena Antica

Una maggioranza laica e di sinistra

Perdemmo le elezioni: una lista civica si era organizzata e la DC era uscita in minoranza…. Eravamo il gruppo di maggioranza relativa…. Siccome c’era l’accorpamento, questa lista civica, insieme ai socialcomunisti vinse le elezioni”, spiegò Pedroni, il candidato che il parroco, senza farne troppo mistero, avrebbe sostenuto per la carica di sindaco, se l’elettorato non avesse voltato le spalle alla, sino ad allora, rassicurante Democrazia Cristiana.

Il 27 maggio, giorno immediatamente successivo a quello delle elezioni, il sindaco uscente Giuseppino Merella si affrettò a convocare il nuovo consiglio comunale, a maggioranza laica e sbilanciata nettamente a sinistra, per la convalida degli eletti e per la nomina del sindaco e della giunta municipale.

Nel consesso civico, che si riunì il 3 giugno, sedevano tanti ‘uomini nuovi’. Rappresentavano le diverse componenti della eterogenea società isolana. La buona borghesia, quella che esprimeva il ceto imprenditoriale, agiato e industrioso, faceva esplicito riferimento alla ‘Lista Cittadina’. Gli operai dell’Arsenale, quelli che all’interno dello stabilimento avevano maturato una coscienza di classe e aderivano ai partiti di sinistra, con il loro voto disciplinato erano riusciti a eleggere i riconosciuti leader di sezione o i sindacalisti distintisi nella commissione interna. Entravano in consiglio anche l’ex podestà fascista Aldo Chirico e l’esponente monarchico Giuseppe Sforazzini, uomini di vedute dichiaratamente ‘nostalgiche’.

I partecipanti al progetto della ‘Lista Cittadina’, appartenevano, tutti o quasi, alla ‘Fratellanza Massonica’ della storica loggia maddalenina fondata da Giuseppe Garibaldi e a lui intitolata. Era massone il sindaco in pectore Renzo Larco (Iscrizione n. 28405) che era stato affiliato il 15 febbraio 1909 [1].

Erano ‘fratelli’ anche Luigi Papandrea, cognato del Gran Maestro Angelo Mordini, Marco Antonio Bargone, Giovanni Farese e Giacomo Origoni [2].

Con grande sorpresa, considerato il divario di censo e le visoni politiche di base diametralmente opposte, i borghesi e gli operai, i conservatori e gli innovatori, avevano stretto un solido patto di alleanza che servì, non solo a far perdere repentinamente le elezioni al gruppo della ‘sacrestia’, condotto dietro le quinte da don Salvatore Capula, ma a far convertire i maddalenini, seppure per un periodo molto breve, al facile messaggio della democrazia che premia gli interessi di massa e i desideri collettivi, lasciandosi guidare dalle ‘elites ’ .

Illusione legittima, ma precaria e transitoria. I fatti dimostrarono che questa convenzione trasformista e di facciata non poteva durare un numero indeterminato di anni.

Ma, in quella prima riunione di consiglio, sembrava essersi prodotto un cambiamento nel clima politico. Il segretario comunale, Vittorio Putzu, fece l’appello e constatò che tutti e trenta gli eletti erano presenti. Fu chiamato a presiedere l’adunanza Gian Battista Fabio, il consigliere che aveva riportato il maggior numero di voti di preferenza. Questi rinunciò a favore del collega Donato Pedroni, investendolo, così, del ruolo di leader del gruppo democristiano.

Il nuovo presidente dichiarò aperta la seduta e, dopo aver espletato le formalità di rito, relative alla proclamazione degli eletti, informò l’assemblea municipale del ricorso che era stato prodotto contro l’elezione di Aldo Chirico, candidato nella lista del MSI-Partito Monarchico e dichiaratosi indipendente, dopo essere stato premiato dagli elettori [3].

Chirico, originario di Tempio Pausania, medico conosciuto, valido giornalista e famoso per aver comunicato segretamente con Mussolini, durante la sua prigionia avvenuta a La Maddalena nell’agosto del 1943, si era trovato nella condizione di ineleggibilità proprio per i suoi trascorsi in camicia nera e per la carriera politica svolta sotto il regime, culminata con la nomina a podestà in un comune con popolazione superiore a diecimila abitanti, come era quello de La Maddalena, in epoca anteriore al 25 luglio del 1943, il giorno in cui era terminata l’era fascista.

Il Consiglio comunale, a scrutinio segreto, votò per l’ineleggibilità di Chirico, stabilendo la sua indegnità a rappresentare il corpo elettorale.

L’escluso, surrogato con il primo dei non eletti della sua lista – Carlo Bertorino – non la prese troppo bene. Chiese la parola, e ottenutala, affermò che avrebbe rispettato la decisone del consiglio ma, che sarebbe rimasto al suo posto fintanto che la Corte di Cassazione, alla quale si sarebbe rivolto, non avesse pronunciato il giudizio definitivo.

E che, se il consiglio avesse insistito nel pretendere il suo allontanamento dall’aula, egli avrebbe eseguito l’ordine solo se costretto attraverso l’intervento della forza pubblica.

Seguì un dibattito serrato, a cui presero parte sia i rappresentati della maggioranza, sia quelli della minoranza.

Il socialista Salvatore Vincentelli propose di far partecipare all’elezione del sindaco anche Aldo Chirico. Fu contrastato dal compagno di partito e di gruppo, Gavino Demuro, il quale pretese e ottenne, nonostante le proteste palesi dello stesso Chirico, che l’assemblea si pronunciasse ancora una volta per decidere se il consigliere, al quale era stata negata la capacità elettorale passiva, avesse potuto esprimere un proprio consenso per eleggere il primo cittadino. Il consiglio, con una maggioranza schiacciante (20 voti a favore, 9 contrari e un astenuto), ribadì la volontà precedentemente espressa: Chirico era non eleggibile e, pertanto, non avrebbe potuto votare per nominare il sindaco.

Era ritenuto ancora insufficiente il tempo trascorso da quando il discusso ex podestà rappresentava la dittatura fascista in periferia. Un consesso democratico che si considerava figlio della Resistenza, non avrebbe potuto riconoscere a un avversario che era riuscito a sottrarsi, per buona sorte, ai rigori dell’epurazione, la prerogativa di disporre, seppure in concorso con altre persone, dei destini collettivi.

Superato l’empasse preliminare, la maggioranza di matrice social-comunista-massonica riuscì finalmente completare il progetto elaborato in campagna elettorale. Il nome del sindaco era un punto fermo dell’insolita alleanza, ed era stato deciso già alla vigilia delle elezioni. Era un nome d’eccellenza, quello del giornalista e scrittore Renzo Larco [4], che era stato posto a capo della ‘Lista Cittadina’.

Furono consegnate 29 schede per l’elezione (Chirico fu escluso). Il candidato a sindaco ottenne 19 voti a favore. Dieci risultarono essere le schede bianche.

Si passò quindi ad eleggere la giunta municipale. Furono nominati assessori effettivi il comunista Salvatore Magnasco (che ottenne 20 voti), i civici Luigi Papandrea e Natalino Berretta (che ottennero rispettivamente 20 e 1 voto), il socialista Salvatore Vincentelli con un successo personale di 19 voti.

Per gli assessori supplenti la scelta cadde sul Marco Antonio Bargone (20 voti), consigliere civico e su Giannina Poggi (20 voti), una delle due ‘compagne’ elette nelle liste del PCI.

E il treno partì… .

Il Pane del Governo di Salvatore Abate e Francesco Nardini – Paolo Sorba Editore – La Maddalena

NOTE:

[1] Cfr. Anagrafe Storica del Grande Oriente d’Italia, d’ora in poi ASGO. Elenco appartenenti alla Loggia massonica ‘Giuseppe Garibaldi’ de La Maddalena. AA. 1873-1923 .

[2] Anche i nomi di Mordini e di Origoni figurano nella lista ASGO, cit., supra.

[3] ‘La Nuova Sardegna’. del 4 giugno 1952.

[4] Renzo Larco. Nato a La Maddalena il 28 settembre 1885, fu redattore e inviato speciale dei quotidiani ‘La Vita ’ e ‘Il Giornale d’Italia’ di Roma e de ‘Il Corriere della Sera’ di Milano. Partecipò, da cronista, a quattro guerre: la prima guerra libica, la prima guerra balcanica al seguito dell’esercito turco, la seconda guerra balcanica al seguito dell’esercito greco, e la prima guerra mondiale, per due anni in Russia, dove raccontò la rivoluzione bolscevica del 1917. Fu collaboratore del ‘Corriere d’America’ di New York, della ‘Illustrazione Francese’, delle riviste ‘Vie d’Italia’ ed ‘Emporium ’. Fu direttore della ‘Rivista di Bergamo ’. Dal 1950 al 1964, anno in cui si spense nella città in cui era nato, collaborò a ‘La Nuova Sardegna’, quotidiano di Sassari, anche con articoli di fondo e di politica internazionale. Cfr. il volume autobiografico: R. LARCO, Che tu possa vivere in tempi interessanti, Cagliari, 1970.