Forte S. Andrea (Isola Maddalena)
La sua costruzione iniziò nel 1790, ed è stato uno dei primi nell’arcipelago, prende il nome dal viceré della Sardegna Thaon di Sant’Andrea (1787-1790). Inizialmente era una piattaforma, posta in posizione dominante rispetto al centro abitato, dove erano situati una decina di cannoni. Lo scopo era di difendere il canale antistante le isole di La Maddalena e di Santo Stefano. L’edificio ha una forma oblunga che si adattata al profilo dei grandi massi granitici presenti nella zona, soprannominata “I Tozzi” che significa “macigni”. Spesso è indicato proprio con tale nome. Nel corso degli anni ha subito numerosi interventi di demolizione e costruzione di nuove volumetrie. Inizialmente doveva avere una superficie complessiva di circa 250 mq ed era dotato di un ingresso con scalinata, una latrina, un locale per il corpo di guardia, un altro piccolo magazzino per le polveri e le munizioni, un ambiente ad uso prigione e un piccolo terrazzo dove erano posizionati i cannoni. Nei lati est e ovest delle mura si aprono le feritoie per le bocche da fuoco, mentre sul terrazzo due piazzole circolari ospitavano i cannoni rotanti puntati in direzione nord e sud. Anche il forte S. Andrea prese parte all’azione del 22-25 febbraio 1793, sotto il comandante Matteo Riccio, e proprio sulle sue mura sventolò la bandiera dei maddalenini che Domenico Millelire aveva artigianalmente ricavato da un lenzuolo sul quale era stata dipinta l’immagine di S. Maria Maddalena abbracciante la croce e il motto “per Dio e per il Re vincere o morire”. La bandiera è esposta nel salone consiliare del Comune.
Negli anni il forte subì molti interventi edilizi, ma una descrizione precisa si ha solo a partire dal 1821, nel documento di un rilievo eseguito dall’ingegnere Dervieux. A nord-est c’è la scala di accesso che conduce alla piattaforma dove trova spazio il locale del corpo di guardia, che a sua volta conduce ad altri due locali di cui uno adibito a prigione. Quasi tutti i forti furono abbandonati nel 1857, perché ritenuti non più idonei alla difesa e passarono all’amministrazione del Demanio che successivamente, nel 1864 , li mise in vendita con un’asta pubblica. Il forte Sant’Andrea fu acquistato da un certo Gavino Serra di Nulvi per 510 lire, che, anni dopo, lo rivendette al Comune per 750 più le spese notarili. Secondo le nuove leggi in materia giudiziaria La Maddalena doveva dotarsi di un carcere idoneo e il forte Sant’Andrea, con i necessari aggiustamenti era la soluzione più economica. Nel 1898 partirono i lavori esterni più consistenti su progetto del geometra Bartolomeo Fornari e tutte le migliorie interne. Durante la seconda Guerra Mondiale Sant’Andrea fu sede del Comando Marina fino a settembre del 1944. Cessata anche la sua funzione di carcere, fu nuovamente ristrutturato per essere destinato ad ospitare un museo, ma il progetto non fu mai realizzato ed attualmente l’edificio è abbandonato all’incuria del tempo e all’azione dei vandali.
Ha forma oblunga adattatasi al profilo dei grandi massi granitici emergenti, che hanno lasciato alla zona il caratteristico nome di “i Tozzi”, parola corsa indicante “pietre”, “macigni”.
L’’ingresso era protetto da un tamburo feritoiato e una scala, incorporata nella muratura, giungeva fino al piazzale interno che comprendeva un magazzino, un luogo comune, l’alloggio del comandante, il corpo di guardia e un piccolo deposito per le polveri. Mentre nelle altre fortificazioni la parte centrale del piazzale rimaneva completamente libera da costruzioni che venivano addossate al parapetto del lato meno esposto, S. Andrea presenta una soluzione diversa: infatti, avendo tutti i lati occupati dalle bocche da fuoco, i vani di servizio impegnavano in gran parte il centro della terrazza, lasciando libero solo un corridoio lungo il parapetto ad est. Anche il forte S. Andrea prese parte all’azione del 22-25 febbraio 1793, sotto il comandante Riccio, e proprio sulle sue mura sventolo la bandiera dei maddalenini che Domenico Millelire aveva artigianalmente ricavato da un lenzuolo sul quale era stata dipinta l’immagine di S. Maria Maddalena abbracciante la croce e il motto “per Dio e per il Re vincere o morire”. La bandiera e esposta nel salone consiliare del Comune.
Da Almanacco Maddalenino, vol. VI, marzo 2011, Paolo Sorba Editore, “Il Forte Sant’Andrea: una fortezza – Prigione nel cuore dell’isola”, a cura di Giovanna Sotgiu. “Il primo nucleo del forte Sant’Andrea fu costruito nel 1790 sotto la pressione esercitata dalla paura di un attacco francese……… non ancora arresisi alla nuova situazione creatasi nel 1767 con la spedizione delle truppe sarde, che sanciva la fine della loro presenza da padroni sulle isole….
Dalle relazioni ufficiali redatte dopo l’attacco francese del febbraio del 1793, risulta che, in quel momento, nell’isola Maddalena esistevano il solo fortino denominato chiaramente Sant’Andrea e la batteria Balbiano. Le due fortificazioni avevano assunto il nome dei vicerè sotto i quali erano state costruite: il conte Thaon di Sant’Andrea, rimasto in Sardegna dal 1787 al 1790, e Vincenzo Balbiano, dal 1790 al 1794. Dunque, nel momento cruciale del vero attacco del febbraio 1793 – fu proprio il fortino Sant’Andrea, dall’alto della sua posizione, a sparare nel vano tentativo di impedire ai francesi di piazzare una batteria mobile sulla Puntarella, a Santo Stefano, con la quale avrebbero preso di mira il paese…….
Da questo momento il forte rimase presidiato da almeno tre persone, ma non sappiamo come fosse strutturato. Sulla piattaforma che, nel 1790, poteva ospitare sette cannoni, in un momento che non conosciamo, furono costruiti piccoli vani di servizio, utilizzati anche come prigione di emergenza; vi si rinchiudevano provvisoriamente, sotto la sorveglianza dei soldati, persone arrestate da inviare sulla terraferma o a Santo Stefano. Qui, infatti, la Torre fungeva da vero carcere; un locale quasi sotterraneo, nel fossato sotto il piano di campagna, significativamente chiamato grottone, garantiva sicurezza contro i tentativi di evasione; aveva solo piccole feritoie per l’illuminazione e il suo unico accesso si apriva su una stretta scala che finiva nel vano di ingresso della Torre, protetto dal ponte levatoio………
Quando, nel 1808, Desgeneys provvide al nuovo sistema di fortificazioni dell’arcipelago, Sant’Andrea fu descritto come “antico forte armato di quattro cannoni di vari calibri” cui era assegnato il compito di “difendere il canale di S. Stefano per lo sbarco dalla batteria di Balbiani sino alla cala di Chiesa”……..
Per avere una descrizione precisa del forte, fatta dall’ingegnere militare Dervieux, dobbiamo arrivare al 1821. Di forma oblunga, con andamento nordsud, era stato costruito su grandi rocce affioranti che erano state inglobate nella muratura.
La scala di accesso, a nord-est, partiva da un tamburo di protezione, si avvolgeva all’interno del muro con una larghezza di appena 80 centimetri, per sfociare sulla piattaforma. Qui, lasciando libero un corridoio lungo il parapetto di levante, si apriva la porta del corpo di guardia dal quale si accedeva a due camere: la prima, di metri 5,60 per 4 con una finestra sul cortile meridionale, era la vera e propria prigione; un’altra piccolissima, a fianco (di un metro e mezzo per due e mezzo), non pare avesse questa destinazione. Dervieux la trovò inutilizzata e, per poterla adibire a prigione, prevedeva il posizionamento di una solida inferriata di 12 chili e di una serratura con chiave e catenaccio alla porta. Sulla parete nord era stato ricavato un magazzino per gli attrezzi di artiglieria; da quel lato la piattaforma finiva con un piano rialzato da cinque gradini dove trovava posto uno dei cannoni; l’altro dominava il lato sud, mentre due troniere laterali consentivano il posizionamento di altri due cannoni. Al momento della visita di Dervieux vi erano reclusi i due prigionieri di stato superstiti…………
Dopo l’unificazione (1861) La Maddalena come capoluogo di mandamento si doveva dotare di carcere……
Le sempre misere entrate del comune non potevano sopportare simili spese e si pensò di acquistare il forte Sant’Andrea che, nel passato, aveva avuto la funzione di carcere……
Il forte fu acquistato per lire 750 alle quali, però, si dovettero aggiungere le somme spese per notai e registrazioni. L’edificio si presentava come nella relazione di Dervieux del 1821 con la sua struttura inadeguata e, in più, con i danni provocati dal tempo e dalla mancanza di manutenzione…..
Il consiglio deliberò il necessario ampliamento del forte il 1° giugno 1870; i lavori, eseguiti da Sebastiano Baffigo, terminarono nell’agosto del 1871; si trattava di sopraelevare un piano per ottenere l’alloggio del custode, rifare tetti e pavimenti, sistemare cancelli e inferriate, utilizzare al meglio tutti gli spazi disponibili. Da notare che la sottoprefettura si preoccupava soprattutto della sicurezza contro eventuali evasioni e, quindi, chiedeva espressamente la chiusura delle troniere praticate nel muro perimetrale, il suo innalzamento di almeno un metro, un cancello alla fine della scala e il restringimento, con sbarre metalliche, del foro della latrina che poteva costituire una via di fuga. Il vecchio magazzino per attrezzi veniva allungato per far posto alla camera delle donne, camera che risultò essere lunga sei metri e larga un metro e ottanta centimetri. Il vecchio corpo di guardia ospitò la scala per l’appartamento del custode, una cucina e un forno attaccato al muro meridionale………
I problemi rimanevano tutti: l’area di pertinenza esterna, di circa un ettaro, costituita da rocce affioranti, era impraticabile, malgrado fosse ottimisticamente definita “atta al pascolo”; per raggiungere l’ingresso bisognava percorrere un sentiero erto e malagevole fino al vecchio tamburo di protezione.
Mancavano camere per l’interrogatorio e per ospitare il giudice inquirente. Ad ogni evasione si provvedeva a chiudere condotti di aerazione, sollevare architravi, aggiustare lucchetti e serrature, potenziare cancelli e, soprattutto, innalzare il muro perimetrale che arrivò a toccare i quattro metri di altezza.
Nel 1898, su progetto del geometra Bartolomeo Fornari (che, molto generosamente, non volle essere pagato), si effettuarono i lavori esterni più consistenti; al posto dello scomodo sentiero, che raggiungeva il forte dalla parte meridionale, e dei gradini larghi appena 80 centimetri e alti 30, che ostacolavano il passaggio a detenuti e guardie carcerarie, Fornari proponeva una scala lunga 120 metri a nord del forte, protetta da alti muri che dovevano impedire la visuale “sempre spiacevole” di persone condotte in carcere e rendevano difficile a queste saltare dall’altra parte per fuggire. Altra innovazione fu l’eliminazione della cucina del custode, situata a pianterreno nel locale di accesso alle due stanze di reclusione, e la creazione di un piccolo locale per gli interrogatori ricavato nell’angolo di sud est………….
Durante la seconda guerra mondiale Sant’Andrea fu occupato dal comando della Marina; il 17 ottobre 1943 l’ammiraglio Brivonesi comunicava al commissario prefettizio che la “Marina di La Maddalena per necessità contingenti ha disposto temporanea occupazione locale carcere mandamentale”; tale occupazione durò fino al 3 settembre 1944 ed ebbe come effetto un grave danneggiamento spiegato, in seguito, con i tentativi di evasione dei militari che vi erano stati rinchiusi: finestre rotte, impianto elettrico distrutto, armadio a muro e finestrelle divelte, brande, sedie e tavoli rovinati. Perciò nel maggio del 1946, riconosciute le cause dei danni, la sottodirezione autonoma del Genio Militare autorizzava il risarcimento per la somma di lire 5490.
Dopo la guerra il carcere mandamentale non ospitò molti reclusi: le condizioni sociali mutate, ma soprattutto i reati che avevano mandato tante persone in prigione nel passato, non rivestivano più quella valenza………
Nel 1998 venne redatto dall’Arch. Almo Bramucci il progetto del “Restauro e rifunzionalizzazione del forte S. Andrea”, con un’ampia relazione storica e tecnica, documenti d’archivio e documentazione fotografica ante e post operam. Da tale relazione, riportiamo – sinteticamente “Il 14 ottobre 1767 i sardo-piemontesi sbarcavano a La Maddalena per assicurare definitivamente al Re di Sardegna il possesso delle “Isole Intermedie” contese da Bonifacio e quindi da Genova.
Nella fase di preparazione dell’occupazione militare era stata studiata, tra l’altro, la necessità di creare al più presto una difesa in previsione di un possibile contraccolpo da parte dei genovesi: perciò, senza por tempo in mezzo, il 15 ottobre, furono portati alla “Guardia” due cannoni e nei giorni seguenti si lavorò alacremente a creare due trinceramenti principali (uno a La Maddalena e l’altro a S. Stefano), costituiti da un tratto di terrapieno, liberato con mine dalle rocce e spianato, sufficientemente esteso per ospitare i magazzini per polveri e viveri, le piattaforme per i cannoni, i baraccamenti per la truppa egli ufficiali, i “luoghi comuni” (bagni) la cucina, il forno. Quindi, con conci di granito a secco s’innalzarono le mura di cinta che, adattandosi alle caratteristiche del sito, risultarono in parte inframmezzate da massi granitici….
Solo nel 1771 furono avviati i lavori per la Torre di S. Stefano, terminata nel 1773 e negli anni seguenti si pose mano alle fortificazioni dell’Isola di La Maddalena, che furono completate intorno al primo decennio dell’Ottocento.
Il 21 giugno 1771, a Sassari, veniva stipulato il contratto per la costruzione, su disegni e calcoli dell’Architetto militare Cav. Saverio Belgrano di Famolasco, uomo di notevoli capacità che rimase in Sardegna dal 1761 al 1769.
A Torino i disegni furono esaminati dal Capitano del Genio Militare Theseo, che coordinava il piano delle torri costiere e fu il tenente Bussolino a stabilire, in base a diversi sopralluoghi, la localizzazione della costruzione sulla punta a sinistra di chi entra nella cala di Villamarina, destinata a proteggere il seno fra l’Isola di S. Stefano e la Sardegna;
– dal Forte S. Vittorio, soprannominato della “Guardia Vecchia”, eretto sul punto più elevato dell’isola, a quota 146 m slm., allo scopo di proteggere tutte le batterie e i forti che, altrimenti, sarebbero stati esposti ad essere attaccati dalla parte più debole e di mettere l’isola al coperto da un possibile colpo di mano;
– dalla batteria Balbiano, che prese questo nome dal Vicerè di Sardegna in carica dal 1790 al 1794, il Balio Vincenzo Balbiano. Costruito all’ingresso ai bastimenti e fronteggiare il canale tra La Maddalena e S. Stefano;
– dalla batteria S. Agostino, situata in posizione strategica sulla riva del mare ad est dell’abitato;
– dal forte Sant’Andrea costruito in posizione dominante, alle spalle dell’abitato e a fianco della Caserma dei Cannonieri, probabilmente tra il 1787 ed il 1790, periodo durante il quale fu Vicerè di Sardegna Thaon di Sant’Andrea, per difendere il canale prospiciente La Maddalena e l’isola di S. Stefano, la costa compresa fra la batteria Balbiano e la Cala di Chiesa, il centro abitato dagli attacchi alle spalle;
– dal forte S. Teresa, detto anche Sant’Elmo o Tegge;
– dal forte Carlo Felice o Camicia che prese il nome da Carlo Felice;
– dal forte S. Giorgio.
Il 14 ottobre 1851 il Comandante Generale del Corpo del Genio Militare di Torino, con dispaccio n° 1508, domandava alla Direzione di Sardegna un circostanziato rapporto sullo stato delle fortificazioni e dei fabbricati militari della Maddalena, prescrivendo, allo stesso tempo, di proporre quei lavori che la Direzione ritenesse opportuno introdurre per ripararli. Furono così eseguiti i rilievi, i calcoli e le relazioni relative furono poi inviate a Torino perché si decidesse il da farsi. Il Ministero della Guerra, con dispaccio n° 331 del 24 gennaio 1853, rispose che si doveva provvedere ai lavori più urgenti ed agli indispensabili “ristauri onde le medesime non abbiano a degradarsi maggiormente e ciò sino a che questo ministero abbia fatto conoscere le definitive sue intenzioni sulla convenienza o non, sotto l’aspetto strategico, della loro conservazione o abbandono”.
Nel 1856 il Maggiore Generale del Genio Militare cav. Verani venne, quindi, incaricato di ispezionare le fortificazioni e di stendere un dettagliato rapporto in merito al loro possibile utilizzo. Nel documento che compilò egli tracciò prima un quadro sulle convenienze marittime e civili che si sarebbero avute nel potenziare le fortificazioni e poi passò a descrivere quelle esclusivamente militari rilevando che”..Se il governo intende mantenere la facoltà di conservare e disporre di tale stazione…. diventa inutile studiare nel passato il modo di provvedere al presente….
Seguirono mesi di attesa durante i quali vi fu uno scambio di dispacci e relazioni fra il Ministero della Guerra, il comando Generale del Genio Militare di Torino, la Direzione di Sardegna e la Sottodirezione di Sassari, finchè, con dispaccio n° 2765 dell’1 luglio 1857, il Ministero della Guerra, promosse “la emanazione di un Decreto Reale per cui vengono radiate dal novero delle difese dello Stato…. le fortificazioni in discorso debbono essere tosto disarmate e sgombrate pienamente per essere quindi consegnate dall’Amministrazione Militare alla Demaniale con le solite formalità….
Lo spazio che le strutture militari occupano nella realtà del nostro territorio non è certamente l’unico, anche se più degli altri ne ha condizionato il senso e il destino. La posizione così centrale di La Maddalena nel Mediterraneo le ha imposto un destino ineluttabile di obiettivo militare.