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Forte Sant’Agostino (Isola Maddalena)

La Fortezza S. Agostino, come quella di Balbiano, era situata sulla riva del mare, ad est del centro abitato, sulla punta che separa Cala Gavetta da Cala Mangiavolpe. Il piccolo piazzale era occupato da una stanzetta adibita a deposito munizioni e da due soli cannoni.

“La Batteria S. Agostino era situata sulla riva del mare, ad est del centro abitato, sulla punta che separa Cala Gavetta da Cala Mangiavolpe. Il piccolo piazzale era occupato da una stanzetta adibita a deposito munizioni e da due soli cannoni.
Essendo i muri, che costituivano i bastioni, in parte più bassi rispetto alle rocce circostanti, con l’espansione dell’abitato lungo la direttrice Cala Gavetta – Cala Mangiavolpe, la batteria fu demolita o inglobata dalle nuove case.

Nel 1787, dopo richiesta scritta al Vicerè, venne data ad Agostino Millelire il permesso di costruire sopra la rocca un’abitazione.
Stipulato l’atto, Agostino iniziò i lavori demolendo il masso granitico ed erigendo al suo posto quel palazzo di ben tre piani oggi noto come il “Palazzo Millelire”. La “Rocca di Cala Gavetta” scomparve ma è abbastanza facile riconoscere l’ubicazione del Forte, grazie alle diverse gradinate tra (via Nizza, via G. Bruno, via Amendola), sulla cima delle quali sorgeva la suddetta batteria.
La più antica immagine dell’abitato di La Maddalena è senza dubbio quella conosciutissima stampa di fine settecento in cui si vedono due pastori ricevere nell’isola di Santo Stefano tre ufficiali della Marina Sarda con al seguito le loro signore e alcuni fanciulli; sullo sfondo si intravede Cala Gavetta con alla fonda una mezza galera.
Ai margini dell’abitato, sul lato destro, è ben visibile una collinetta sulla quale fu edificato il forte S. Agostino, poi demolito e assorbito dall’abitato, la cui ubicazione è oggi facilmente individuabile nelle scalinette che si dipartono da via Nizza, via Amendola e via Giordano Bruno.”

Alcune batterie e fortini del ‘700, abbandonati, a distanza di un secolo circa, perché ormai inutili ai fini difensivi, serbano gelosamente, come in uno scrigno, un piccolo tesoro: le acque di cisterna o quelle dei pozzi asserviti al mantenimento in vita del distaccamento militare.
Lo sanno bene alcuni privati cittadini, che, uno dopo l’altro, li occupano per costruirvi intorno. Varie sono le pratiche a cavallo tra il 1859 e il 1860 per “insinuazione – demanio”, impostate dall’Intendenza di Finanza.
La batteria di Sant’Agostino, costruita per controllare l’imboccatura di Cala Mangiavolpe e agevolare l’insediamento degli isolani lungo la costa meridionale, è la prima a cedere, travolta proprio dall’ espansione del centro abitato.
La vedova Mariantonia Vela vi si insedia a dieci metri di distanza, il generale Giuseppe Albini a tredici metri, Domenico Mamberti a quattro metri e mezzo, Angela Maria Morgana a nove metri e quarantacinque, gli eredi del fu Battista Zonza a sette metri e novantacinque, Domenico Tosto a otto metri e quaranta, Francesco Susini a quindici metri e sessanta, Michele Serra a otto metri e trentacinque, Salvatore Baffigo (sta edificando) a nove metri e sessanta, e infine Giulio Ferracciolo ha eretto una casetta già da dieci anni a venti metri e cinquanta centimetri.
Dieci famiglie, queste, che come in un raffinato quanto perverso gioco di fagocitazione edilizia, inglobano e dilaniano la vecchia struttura militare, salvandone unicamente le riserve idriche, che nessuno si azzarda, almeno in un primo momento, a privatizzare“.

Del forte esiste una documentazione che ne attesta la presenza dalla fine del 1700 fino al 1860, quando venne ritenuto non più utile per i fini militari e messo in vendita nel 1871.
Il forte si ergeva in riva al mare su uno scoglio come si evince da alcune foto.
E’ ancora visibile un antico muro sul retro del palazzo Garau.
Anche il palazzo costruito da Luigi Bottini con ingresso da via Amendola e a confine con l’odierno edificio della Finanza fu costruito a seguito di acquisto di parte dell’area dell’ex fortino.
Nella pubblicazione di G. Montaldo sui forti piemontesi in Sardegna, si legge:
“Il Forte di Sant’Agostino non esiste più, probabilmente fu demolito per far posto alle nuove costruzioni del centro abitato.
La pianta del forte, come per il Forte di Sant’Andrea, è tratta da un documento d’archivio.
Dal disegno si può capire che si trattava di un piccolo forte, forse con una superficie totale inferiore ai 100,00 mq.
Era dotato di un ingresso con una scaletta, un piccolo locale destinato a deposito e di un piazzale dove erano ubicati due soli cannoni.

Riportiamo da “Veli d’acqua” di Gian Carlo Tùsceri, le vicende che portarono a privatizzare l’area del forte di Sant’Agostino.
“Alcune batterie e fortini del ‘700, abbandonati, a distanza di un secolo circa, perché ormai inutili ai fini difensivi, serbano gelosamente, come in uno scrigno, un piccolo tesoro: le acque di cisterna o quelle dei pozzi asserviti al mantenimento in vita del distaccamento militare.
Lo sanno bene alcuni privati cittadini, che, uno dopo l’altro, li occupano per costruirvi intorno. Varie sono le pratiche a cavallo tra il 1859 e il 1860 per “insinuazione – demanio”, impostate dall’Intendenza di Finanza.
La batteria di Sant’Agostino, costruita per controllare l’imboccatura di Cala Mangiavolpe e agevolare l’insediamento degli isolani lungo la costa meridionale, è la prima a cedere, travolta proprio dall’ espansione del centro abitato.
La vedova Mariantonia Vela vi si insedia a dieci metri di distanza, il generale Giuseppe Albini a tredici metri, Domenico Mamberti a quattro metri e mezzo, Angela Maria Morgana a nove metri e quarantacinque, gli eredi del fu Battista Zonza a sette metri e novantacinque, Domenico Tosto a otto metri e quaranta, Francesco Susini a quindici metri e sessanta, Michele Serra a otto metri e trentacinque, Salvatore Baffigo (sta edificando) a nove metri e sessanta, e infine Giulio Ferracciolo ha eretto una casetta già da dieci anni a venti metri e cinquanta centimetri.
Dieci famiglie, queste, che come in un raffinato quanto perverso gioco di fagocitazione edilizia, inglobano e dilaniano la vecchia struttura militare, salvandone unicamente le riserve idriche, che nessuno si azzarda, almeno in un primo momento, a privatizzare”.

Del forte esiste una documentazione che ne attesta la presenza dalla fine del 1700 fino al 1860, quando venne ritenuto non più utile per i fini militari e messo in vendita nel 1871.
Il forte si ergeva in riva al mare su uno scoglio come si evince da alcune foto.
E’ ancora visibile un antico muro sul retro del palazzo Garau.
Anche il palazzo costruito da Luigi Bottini con ingresso da via Amendola e a confine con l’odierno edificio della Finanza fu costruito a seguito di acquisto di parte dell’area dell’ex fortino.
Nella citata pubblicazione di G. Montaldo sui forti piemontesi in Sardegna, si legge:
“Il Forte di Sant’Agostino non esiste più, probabilmente fu demolito per far posto alle nuove costruzioni del centro abitato.
La pianta del forte, come per il Forte di Sant’Andrea, è tratta da un documento d’archivio.
Dal disegno si può capire che si trattava di un piccolo forte, forse con una superficie totale inferiore ai 100,00 mq.
Era dotato di un ingresso con una scaletta, un piccolo locale destinato a deposito e di un piazzale dove erano ubicati due soli cannoni.