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Gian Maria Volontè nei ricordi della figlia Giovanna

Sono tornata nell’Arcipelago in barca con mio padre, che nel frattempo era diventato istruttore al Centro Velico di Caprera, ma è stata mia madre (Carla Gravina) ad acquistare per prima una casa a La Maddalena.

Un venticello timido ma insistente, le sfiora la faccia, forte e spessa. Mentre il sole batte, spavaldo. Giovanna, conosce quei raggi, conosce quell’aria. Sono suoi, ormai, suoi e di suo padre, Gian Maria Volonté. Insieme, mille volte, li hanno assaporati sull’Arzachena, con le vele che il vento trascina o accompagna, secondo l’umore, con i raggi che tagliano la pelle e l’acqua, forte e decisa che ammalia, ed innamora di sé.

Ancora oggi è così per Giovanna, che a La Maddalena ci vive stabilmente da sedici anni, scegliendola come set naturale anche per il Festival dedicato al lavoro d’attore, La Valigia dell’attore, che insieme a Fabio Canu e all’Associazione Culturale Quasar, organizza e intitola a suo padre dal 2003. Portando nell’isola, anche con la programmazione del cinema estivo ed invernale, una ventata di influenze esterne che spezzano la monotonia delle stagioni e provano tenacemente a spalancare un pò l’isola al mondo. Giovanna è arrivata a La Maddalena la prima volta da bambina, ospite di Giovannella Solinas e dei suoi figli Francesco e Francesca e grazie all’amicizia che legava Volonté al grande scrittore e sceneggiatore Franco Solinas. “..Poi sono tornata nell’Arcipelago in barca con mio padre, che nel frattempo era diventato istruttore al Centro Velico di Caprera, ma è stata mia madre ad acquistare per prima una casa a La Maddalena”.

Carla Gravina e Gian Maria Volonté, accomunati dalla stessa passione per l’Isola, e genitori di Giovanna dai quali ha imparato che cosa? “Una per tutte: l’apertura mentale che penso mi permetta di sentirmi cittadina del mondo senza pregiudizi e con tanta curiosità soprattutto per il diverso da me. Ringrazierò sempre mio padre anche di avermi permesso di vivere delle esperienze in mare che sono indimenticabili e che mi hanno insegnato ad esser prudente e rispettosa nei confronti della natura e mi hanno offerto la capacità d’imparare a muovermi e a relazionarmi anche in spazi ridotti come quelli di una barca”.

Perché la scelta di trasferirsi a La Maddalena con suo figlio? “Non è stata una decisione semplice e immediata. Tra i miei affetti in molti erano convinti che io e Riccardo saremmo tornati a Roma dopo un anno, così non è stato. Questo microcosmo mi è apparso da sempre una dimensione ideale che poteva offrire anche a mio figlio, non solo il profondo rapporto che qui si attua con Madre Natura e che ritengo fondamentale per la vita di ognuno, ma anche per un altro valore aggiunto che riguarda da molto, molto vicino, quello in cui credo o vorrei continuare a credere. Le molteplici e differenti origini che compongono la comunità di questo territorio, mi hanno sempre fatto pensare, o sperare, che possa esistere per davvero la possibilità di vivere tutti in armonia anche se provenienti da luoghi diversi. La stessa possibilità di sentire anche a terra quella idea di libertà senza confini e frontiere che forse s’intuisce solo navigando per mare. Sarà un’illusione, ma qui, ancora a tratti, ho la sensazione di crederci”.

Con un impegno, tenace e fedele, nel nome del padre e, in generale, nel rapporto con il suo lavoro di operatrice culturale, Giovanna, procede tra un film ed un altro, tra gli incontri e gli approfondimenti con gli artisti invitati al Festival, tra i laboratori dedicati alle nuove generazioni di attori (il primo condotto da Toni Servillo), tra le collaborazioni con professori universitari quali Ferruccio Marotti e Fabrizio Deriu e critici cinematografici come Boris Sollazzo. Dietro, la regia di Giovanna, fedele ed attenta comunicatrice e tramite indispensabile tra il cinema di ieri e di oggi ed il pubblico.

Ma allora è davvero come una missione? “Dedicare a mio padre questa manifestazione non è stato e non è un compito facile. Per anni non ci sono riuscita. Conquistare l’oggettività, avvicinarsi ai suoi lavori con distacco è stato un processo molto lento, perché vedere la sua immagine che torna, come viva, quasi da toccare, nei suoi film, è stato anche molto doloroso. Con il tempo il mio atteggiamento è cambiato e anche la consapevolezza di poterlo rivedere quando lo desidero è un privilegio di cui non tutti i figli, una volta che i genitori scompaiono, possono godere”.

Suo padre che penserebbe delle vostre iniziative? “Sono sicura che sarebbe contento di sapere che proprio in un luogo che ha molto amato s’incontrano generazioni di artisti, per riflettere, creare, studiare e confrontarsi e che giovani che non sono cresciuti con i suoi film li stiano riscoprendo e, anche attraverso i personaggi da lui interpretati, riconoscano una parte della nostra storia. In questo periodo si assiste ad una controtendenza, ad una volontà di riparlare, di rimettere in discussione certi argomenti che possono anche essere scomodi. Forse proprio perché si sta toccando il fondo e la superficialità con la quale anche le Istituzioni continuano a tartassare la cultura paradossalmente aiuta a ritrovar la voglia di impegnarsi meglio e di più, a non arrendersi”.

Per il futuro, dunque? Qual’è quello che aspetta a La Valigia dell’Attore e al circuito Le isole del cinema del quale fa parte? “Prima di tutto bisognerebbe chiederlo al Ministero, alla Regione, alla Provincia, al Comune. Purtroppo non abbiamo sponsor privati e lavorare con gli Enti Pubblici diventa sempre più difficile e il cammino più incerto. Manderemo avanti comunque i nostri progetti ma per continuare a crescere meglio, avremmo bisogno di una struttura, di uno spazio permanente a disposizione per i laboratori, di una continuità nei contributi che ogni anno dobbiamo invece ricostruire come fosse sempre la prima volta. Anche per quel che riguarda la conservazione e archiviazione della documentazione relativa alla vita e al lavoro di Gian Maria sarebbe stato bello e importante ottenere una sede in Sardegna (cosi come lo sarebbe stato per Franco Solinas), ma sono contenta che l’Associazione a lui intitolata a Velletri, in qualche modo, ci sta riuscendo. Grazie a loro, ad Angelica Ippolito (ultima compagna di mio padre), e a Maria Procino (che ha curato anche il Fondo di Eduardo De Filippo) stiamo procedendo alla raccolta e archiviazione di tutto quel che riguarda Gian Maria. Un primo passo importante per la diffusione e lo studio del suo lavoro.
Molti ragazzi si rivolgono a noi per le loro tesi di laurea, scrittori per i loro libri, associazioni per le rassegne o mostre a lui intitolate. L’ultimo omaggio al quale sono stata invitata è stato organizzato dalla Cineteca corsa a Portovecchio e dal Festival del cinema Italiano di Ajaccio. Davvero emozionante vedere in un altro paese l’amore e l’interesse per un attore comunque internazionale e per la nostra cinematografia”.

Soltanto una delle manifestazioni, nate per celebrare una figura sulla quale Giovanna, veglia, attenta conservatrice e veicolo non solo dell’immagine e delle fatiche dell’artista e dell’uomo che è stato suo padre, ma anche di un messaggio più esteso, quello del cinema che lavora per la divulgazione e la promozione di contenuti importanti, civili.

Sono sicura che mio padre sarebbe contento di sapere che proprio in un luogo che ha molto amato s’incontrano generazioni di artisti.

di Alessandra Deleuchi