Giovanni Battista Millelire di Agostino
Fu iscrìtto alla Scuola di Marina di Genova, appena inaugurata, nel 1816, dal suo fondatore, l’ammiraglio Des Geneys. Uscitone nel 1820, un anno dopo ebbe il grado di sottotenente di vascello. Insieme ad altri giovani colleghi partecipò da protagonista allo spettacolare attacco di Tripoli del 25 settembre 1825, avendo sotto il suo comando la grande scialuppa della fregata Maria Cristina con lʹincarico di penetrare nel ben difeso porto nemico, sotto le batterie del castello, e incendiare le imbarcazioni lì ormeggiate. L’operazione fu coronata dal successo e Millelire ricevette la croce dei SS Maurizio e Lazzaro e la promozione a tenente di vascello. Percorse i gradi della carriera militare partecipando alle campagne della piccola flotta sarda contro i pirati greci e nelle azioni tese ad affermare i diritti commerciali del Regno di Sardegna nelle Reggenze Barbaresche. Nel 1843, al comando della corvetta Aquila, si era prodigato per spegnere un pericoloso incendio che stava distruggendo i magazzini francesi nel porto di Tunisi: per questo, ebbe dalla Francia la croce di Ufficiale della Legion d’Onore. Nel 1845 assolse un delicato incarico a Trieste affidatogli dal principe Eugenio di Savoia Carignano, che, nel 1849, gli affidava il comando del porto di Genova scrivendogli: ʺfu per me un vero contento di vedere giunto il momento di poter riconoscere i meriti dei quali è ricolma, e ad un tempo darle una prova di particolar confidenza col procurarle l’importante comando di questo porto”. Con il grado di contrammiraglio lasciava la Marina nel 1853, avendo servito sotto quattro Re: Vittorio Emanuele I, Carlo Felice, Carlo Alberto e Vittorio Emanuele II.
A Genova non fu dimenticato e l’amministrazione comunale gli intestò una strada, che già portava il nome di Ugo Foscolo, con l’iscrizione: “Salita G.B. Millelire contrammiraglio”.
Sappiamo poco della sua famiglia: nel censimento della popolazione del 1856 risultava sposato con Maria Paimarino, già vedova; probabilmente non ebbero figli e, comunque, la moglie morì prima di lui. Era legatissimo al fratello Antonio e lo dimostra il fatto che a Genova avessero abitato nella stessa casa del quartiere Maddalena prima di trasferirsi, ancora una volta insieme, nel Sestiere Prè, in via Balbi.
I suoi rapporti con La Maddalena, e pure con Bonifacio, rimasero assidui: ritornava spesso alla sua isola e, anche quando era a Genova, riceveva frequenti e dettagliate notizie dai parenti che Io tenevano informato degli affari correnti; e i maddalenini approfittavano dei possibili interventi di aiuti, reali o immaginati, che Millelire poteva dare grazie alle sue conoscenze.
Citiamo alcuni esempi significativi: Battista Zicavo, nome di guerra Isolano, ricordando di essere uno dei sottufficiali invalidi più anziani nel servizio, e per di più con una paga scarsa, chiedeva un intervento che gli consentisse di prendere il posto del defunto timoniere Matteo Maestrale, come guardia dei forti. Aveva già inviato la domanda allʹammiragliato, dopo averne parlato direttamente con Millelire, e ora sperava fiducioso nel suo intervento.
Anche Francesco Viggiani, viceconsole francese a La Maddalena dal 1834, ormai ben inserito nella comunità locale, gli chiedeva aiuto per poter evitare un trasferimento annunciato, magari attraverso la trasformazione del viceconsolato in consolato di seconda classe: analisi storiche ed economiche (quali il ruolo e la posizione dell’isola nei confronti della Corsica o la possibilità di accorpare Terranova e Longonsardo) si mescolavano, nella sua richiesta, a considerazioni del tutto personali, quali la numerosa famiglia che avrebbe subito, con lo spostamento, un grave danno!
Pure il sindaco e i consiglieri isolani lo interpellavano per pareri e, spesso, per aiuti: cercarono di coinvolgerlo anche in progetti azzardati come quello dell’istituzione del porto franco che Millelire prese in considerazione anche se, prudentemente, suggeriva di verificare bene le condizioni di base dell’isola e, giustamente riconoscendo nel Parlamento l’organismo deputato a valutare la richiesta (o forse anche per liberarsi di una questione che poteva divenire spinosa), consigliava di rivolgersi al rappresentante del collegio, il conte Cavour, come persona più adatta.
Ma non fece mancare il suo consistente aiuto quando la comunità, sofferente per l’epidemia di colera nel 1854, non riceveva soccorso dallo Stato: si faceva promotore di una raccolta di fondi fra gli ufficiali di marina, inviava un vaccino, che pareva efficace, interessandosi della sua distribuzione e, insieme al fratello, faceva pervenire la somma di 300 franchi per i più bisognosi.
Manteneva a La Maddalena una grande proprietà terriera con estese aree a pascolo, altre coltivate a grano e qualche vigna; anche nell’abitato vantava diverse proprietà: la vasta area pianeggiante a nord di cala Gavetta, dove, alla fine dell’Ottocento avrebbe impiantato il suo negozio di ferramenta e articoli vari il commerciante torinese Carlo Ajassa e, in seguito, sarebbe sorta l’arena Odeon; ma anche il terreno noto come L’Alivi, a est dell’attuale via Agostino Millelire, che sale dal porto fino all’attuale via La Marmora, gli apparteneva; a quanto si desume dalla corrispondenza che lo riguarda, egli aveva chiesto ai suoi nipoti di non venderlo, ma di conservarlo in memoria della famiglia: gesto che gli fa onore e che sua nipote Santina Millelire Del Santo mostrò, in seguito, di voler rispettare.
Giovanna Sotgiu – Co.Ri.S.Ma