Il granito maddalenino
La Maddalena ha acquisito rinomanza per merito del suo granito, questa pietra compatta, perlacea al taglio, durissima, di colorazione che varia dal grigio al rosa al biondo, che praticamente ricopre per intero la sua superficie.
Partendo da questo dato due appassionati collezionisti maddalenini (Antonio e Tommaso Gamboni) e la geologa Ornella Nonnis hanno dato alle stampe il più interessante e sistematico saggio riguardante i minerali dell’isola (I minerali dell’Arcipelago di La Maddalena, Paolo Sorba Editore, 100 pagine), dove viene tracciato un ampio profilo della storia delle ricerche che presero avvio alla fine dell’ultimo secolo per iniziativa del professor Lovisato (1842 – 1926) dell’Università di Sassari e Cagliari, sino alle più recenti indagini condotte dal naturalista isolano Giovanni Cesaraccio (1950 – 1992).
Del naturalista Lovisato restano gli studi che fanno da base propedeutica ad ogni tentativo di avvicinamento al mondo geomorfologico maddalenino, come il testo base Le specie minerali finora ritrovate nelle granuliti di Cala Francese all’isola di La Maddalena edito nell’ormai lontano 1913. Di Cesaraccio restano alcuni studi condotti praticamente da solo e pubblicati fra il 1983 e il 1993.
Non è infatti da porre in discussione che conformazioni orogenitiche quali sono le isole dell’arcipelago maddalenino costituiscano un continuo banco di prova per qualunque ricercatore di minerali che intenda non fermarsi alla pura e semplice constatazione della formazione geologica, ma pretenda penetrare più a fondo e tirar via dalla crosta le più disparate forme minerali che esistono in natura, anzi alcune configurazioni essendo essenzialmente presenti solo in queste isole.
La notevole ricchezza di minerali apparve chiara quando attorno al 1874 iniziarono le lavorazioni dei blocchi di granito grigio a cura della Banca di costruzioni di Genova, nella località nota come Cala Francese e durante il periodo estrattivo delle cave, passate dal 1898 sotto la proprietà della ditta Grondona e Mercenaro sempre di Genova almeno sino all’inizio degli anni ’30 di questo secolo. Esse divennero una vera manca di minerali che è andata ad impreziosire collezioni private e pubbliche.
Naturalmente con il venir meno dell’attività estrattiva legata alla lavorazione del granito, la possibilità di procedere “a buon mercato” nell’opera di selezione dei minerali espulsi dalle lavorazioni è diventata molto più complessa, ma certamente no meno eccitante.
I vecchi scalpellini ricordano che sovente, sui blocchi purissimi di granito grigio o rosa, apparivano le cosiddette macchie o una specie di imperfezione, un tarlo, che in dialetto veniva definito u cancaru, il cancro del granito.
Per loro quelle macchie rappresentavano il pezzo da scartare, quindi inutile lavoro di pulizia della massa. Oggi è proprio nelle discariche ove venivano gettate i pezzi cancarati (da notare che in gergo maddalenino l’aggettivo cancaratu definisce ancora oggi un qualcosa di guasto, inutile, anche in senso dispregiativo) che il lavoro del ricercatore trova ampio terreno per rinvenimenti anche di eccezionale valenza. Le pegmatiti sono in primo avviso pratico della presenza di nicchie minerali in cui si nascondono a volte anche numerose specie differenti perfettamente cristallizzate. A prescindere quindi dalla vera e propria cava dove i filoni magmatici vengono alla luce e si intersecano all’interno della massa rocciosa dando vita alle nicchie ospitanti le specie diverse, ecco che tutto all’intorno della cava si aprono schegge granitiche di eccezionale grossezza e purezza, circondate da concrezioni di graniti porfirici o graniti minuti, non meno interessanti dei graniti porfirici veri e propri, e più noti.
Secondo le ricerche dei fratelli Gamboni, ad esempio, uno studio sistematico nelle rocce delle cave può portare, ed ha portato all’estrazione di specie davvero interessati come lo zircone, l’allanite, la monazite. Il professor Orlandi del dipartimento di Scienze della Terra dell’Università di Pisa ha osservato recentemente che all’interno dei cristalli di zircone di La Maddalena, c’è la presenza di cristalli di uraninite, minerale fortemente radioattivo. Così come è radioattivo l’uranofane che si rinviene in piccoli ciuffi giallini e può derivare dall’alterazione della plechbenda. Altri minerali hanno la caratteristica della fluorescenza, cioè la proprietà di scindere la luce emettendo particolari fasci di luce a diverse radiazioni fra cui le ultraviolette. Sono tali, ad esempio, la scheelite, l’opale, la calcite. La potenza di reazione ai raggi ultravioletti di queste specie è incredibile: l’opale, ad esempio, è uno dei minerali fluorescenti più appariscenti, reagisce alle radiazioni ultraviolette con una bellissima luce verde, mentre è del tutto amorfo alla luce solare. La scheelite, minerale raro, presenta invece la caratteristica di reagire, se esposto ai raggi ultravioletti, una stupenda fluorescenza celestina. Così la powellite, abbondante soprattutto nell’isola di Santo Stefano, che si effonde di una bella colorazione fluorescente gialla. Sulla base di questa reazione ai raggi ultravioletti vengono distinte specie apparentemente simili.
Eccezionale è la presenza di alcuni rari minerali contenenti elementi delle cosiddette terre rare, come ad esempio la cenosite e la kamphaugite, rivenuti in magnifici esemplari per dimensioni e perfezione cristallina. L’arcipelago maddalenino si presenta importante dal punto di vista mineralogico anche per la presenza di minerali semipreziosi usati in gioielleria come il granato, ad esempio. A La Maddalena è rinvenibile la specie almandino abbastanza piccola di colore fra il rosso vivo ed il nero, e si presenta nelle caratteristiche forme a rombododecaedro o icositetraedro; quindi il berillo di un bel colore azzurro che da luogo alla conosciuta e preziosa acquamarina, pietra nobile apprezzata in gioielleria. Le specie estratte nell’arcipelago sardo sono attualmente 73. Di queste grandissima parte sono state fotografate con estrema perizia, mentre altri sono visibili attraverso la visione ingrandita del reticolo cristallino. La fatica dei giovani collezionisti rappresenta innanzitutto la sintesi degli studi e delle ricerche che il Gruppo mineralogico paleontologico maddalenino ha portato a compimento in questi ultimi dieci anni. Dal punto di vista didattico il testo si presenta sostanzialmente come un prontuario stimolante per successive ricerche e studi di mineralogia applicata elencando con precisione tutti i minerali rinvenuti attualmente sull’arcipelago con indicazione del nome scientifico, la formula chimica e sistema cristallino. Per gli appassionati, nel saggio sono state inserite delle colonne che riportano la località di rinvenimento del minerale. Oltre a ciò le specie vengono per quanto possibile rese visivamente con ottime fotografie a colori o, in caso di mancanza, con precisi disegni, o con fotografie al microscopio realizzate presso l’università di Pisa.
Non manca l’indispensabile corollario geografico e tecnico. Il panorama geologico delle isole, la loro conformazione, le vicende della loro storia geologica, il panorama geomorfologico. Una sapiente ed accurata veste grafica permette infine di gustare in modo globale ed esaustivo la materia che resta pur sempre specialistica.