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La città e il suo porto storico, Cala Gavetta

Una parte di queste notizie è stata la recente (2014) pubblicazione di Giovanna Sotgiu: La Maddalena e i suoi traffici marittimi – Paolo Sorba Editore / Co.Ri.S.Ma.

Già nel 1842 (secondo J.W. Tyndale), sarebbero entrate nel porto di Cala Gavetta 262 navi mercantili di cui 192 liguri, 55 napoletane, 14 francesi e 2 toscane.

La flotta locale sarebbe stata di 22 imbarcazioni (mediamente di 20 tonnellate) e 70 barche minori.

Notizia interessante è quella della esistenza (intorno al 1840) della Congrega di Sant’Erasmo che vantava dei “diritti su alcuni scali di alaggio naturali….. uno di questi era situato nella piazza della Garitta – collocabile alla fine della attuali vie Pier Capponi e Principe di Napoli”.

Negli anni 1844 – 1845 i padroni marittimi presenti nella suddetta congregazione erano 32.

Un grave problema da risolvere era quello del continuo insabbiamento della cala provocato dal materiale terroso che le vadine, tumultuose nei tratti scoscesi circostanti, conferivano a mare. La zona a nord si colmava facilmente diventando inagibile anche per barche di scarso pescaggio. Così, già dai primi anni dell’Ottocento, fu necessario intervenire a dragare il fondo utilizzando una caracca a ruote alla quale erano addetti i forzati del bagno penale adibiti, anche ai lavori di manutenzione dei moli: ancora nel 1824, su dodici condannati, sei erano giornalmente impegnati al funzionamento della caracca.

La situazione in Sardegna del 1838 è così sintetizzata da La Marmora nel suo Viaggio in Sardegna: Cagliari era il solo porto di prima classe esistente nell’isola; Alghero, Maddalena, Portotorres e Carloforte erano porti di seconda classe, agli ordini di un capitano o di un luogotenente di porto; Terranova, Oristano, S. Antioco, Longosardo (Santa Teresa) erano porti di terza classe.

La Marmora definiva il porto di Cala Gavetta “piccolo ma molto comodo” e raccomandava di ormeggiarsi fissando la prora a ponente e di “farsi forte per quel vento che è il più temibile”.

Nel 1843, sarà Giuseppe Albini, nella sua “Guida del Piloto nel litorale dell’isola di Sardegna”, a darci altre notizie su Cala Gavetta definita in grado di “ricevere da 18 a 20 legni da 200 a 230 tonnellate di 12 in 13 piedi d’immersione”.

Nel 1867 una gran parte del porto era impraticabile ai bastimenti carichi anche se di piccola portata e, in presenza di acque basse, in alcuni tratti perfino lance e canotti non potevano attraccare.

La calata del porto era costruita a secco e, quindi, facilmente deperibile. La mancanza di illuminazione pesava sulla sicurezza delle imbarcazioni che di notte risultavano assolutamente invisibili.

Nel 1870 la situazione era quasi immutata, anzi si registrava qualche peggioramento visto che la parte nuova del molo di levante era franata per circa 11 metri e molte pietre cadute a mare ingombravano pericolosamente le acque antistanti, rendendo ancora più difficoltoso l’attracco per lo scarico delle merci. Altri tratti di banchina, costruiti a secco intorno all’approdo, occupavano circa 350 metri raggiungendo il muro di confine della Capitaneria. L’ormeggio dei bastimenti era costituito in gran parte da vecchi cannoni di ferraccio, sottratti alle ormai abbandonate batterie settecentesche, piantati verticalmente e assicurati da una cordonata in muratura. La sottoprefettura di Tempio stigmatizzava questa situazione affermando che, ormai, “non accostavano neanco i battelli mentre prima vi approdavano bastimenti di grande portata, essendo il molo quasi tutto distrutto”.

Nel 1875 la situazione era oggetto di suggerimenti da parte di Garibaldi che, giustamente, vedeva nello sviluppo del commercio marittimo l’unico modo per risollevare le sorti della Maddalena: fondamentale, per questo, era l’efficienza del porto con i servizi annessi, fra i quali, indispensabile, era un bacino di carenaggio.

Tutto ciò pensato in funzione di un punto di approdo e di smercio per tutto il circondario di Tempio. Garibaldi aveva suggerito anche la creazione, a Santo Stefano, di un “lazzaretto internazionale”. Le proposte, che il sindaco Antonio Chirri avrebbe dovuto portare a Roma, non
ebbero seguito e la situazione rimase ancora carente.

Al posto del bacino, mai costruito, si utilizzavano i numerosi punti idonei per i tiri a terra, tutti giudicati inservibili, privi di rivestimento ad eccezione di quello situato a nord (attuale piazza Principe Tommaso) che presentava un piano ciottolato. L’unico vero scalo, adatto per tirare a secco barche di discrete dimensioni quali le tartane, era quello degli Olmi attrezzato con due cannoni che fungevano da bitte, quattro prese in pietra e un anello nella parte più interna. Su questo scavo, però, correva, nel lato di ponente, lo scolo delle acque di gran parte del paese con tutti i problemi di carattere igienico che questo poteva provocare: poco importava il fatto che, a ridosso, vi fosse un pozzo pubblico. Malgrado fosse circondato dalle case, lo scalo fungeva da latrina all’aperto e da ricettacolo di ogni genere di spazzatura.

Cala Gavetta

E’ stato il cuore della nuova Maddalena, di quella che, abbandonato il vecchio nucleo del Collo Piano e trasferitasi alla Marina, sposava la modernizzazione e i rischi insiti nella scelta della vita sul mare; lo spostamento si era quasi concluso nel 1779, lasciando, presso il borgo ormai quasi completamente disabitato, la piccola chiesa che ne rispecchiava lo spirito: giù alla Marina, tre anni più tardi, doveva nascere l’altra più adatta alla mutata vita della comunità.

Il nuovo paese si era sviluppato intorno al suo porto naturale, profondo e ben riparato dai venti dominanti (tramontana e grecale): qui, antesignani loro malgrado, si erano stabiliti alcuni pescatori campani in baracche precarie, abitate durante la stagione della pesca; qui, per comodità, i pionieri maddalenini imbarcatisi sulle navi regie avevano creato un piccolo nucleo dove non mancavano le prime rivendite di vino; qui, una volta operata la scelta della maggior parte delle famiglie, erano venute crescendo le case degli isolani che sul mare cercavano il loro sostentamento.

Per le loro imbarcazioni non avevano bisogno di estese banchine visto che, abitualmente, le tiravano a terra nei numerosi piccoli tratti sabbiosi che costellavano la cala. Col tempo e secondo le necessità, sfruttando gli scogli emergenti, avevano costruito dei moli a secco per consentire l’attracco delle barche più grosse.

Nei decenni a cavallo fra Settecento e Ottocento il traffico commerciale era discreto e, corsali, imbarcazioni locali, lance di velieri da guerra e gondole militari approdavano tranquillamente nella cala, mentre quelle che dovevano scontare la contumacia si riparavano nella “lontana” cala di Chiesa.

Il luogo deputato per la quarantena fu portato all’interno di Cala Gavetta nel 1804, quando lo stesso Consiglio Comunitativo concesse alla Chiesa un terreno sulla punta ovest dell’imboccatura e qui si costruì la piccola casetta di sanità. Dal nome dato all’edificio, la casa dei Quarantenari, venne il nome di Quarantena attribuito all’intera zona.

Appare importante che “parte dei proventi dei traffici (marittimi) fossero investiti nella costruzione di nuove case e nell’acquisto di terreni.
I “padroni marittimi o mercantili” erano il ceto più importante e rappresentavano la marineria locale.

Elenco degli esercizi commerciali degli anni ’50-’60 (con esclusione dei pubblici esercizi e degli artigiani) presenti nel centro storico.

Si noti la presenza, in vie che oggi ne sono completamente prive, di negozi poi chiusi o trasferiti, a dimostrazione dell’attuale “concentrazione” sull’asse via XX Settembre – via Garibaldi. Nel mercato civico erano presenti 16 diversi negozianti, oltre ai banchi dei pescatori.

Via Italia E. Battaglia ora Miro, P. Palitta, Leotta poi D’Oriano-Pasquinelli, lavanderia Giannotti, Atomica (poi Candidus), B. Battaglia, Piccola Arca (G. Tanini), Oreficeria G. Susini, Magazzini Bancarotta Via V. Emanuele E. Bossi, Sanna, Liò (Lioni), P. Solinas Via Amendola L. Grondona. S. Cuneo, G. Varacalli poi Hodice (gas), Aversano-Barago (pesce), A. Mura, F. Franceschi (calce), Manis Manconi, P. Ghirardi (biciclette), Pauline (boutique), A. Barone (fiori)

Via Ilva Demuro A., Latteria Semeria, Fresi calzature, Tabacchi Secci, A. Muzzu, S. Orecchioni, G.B. Orecchioni, Maddaluno, Barburetta Giudice – Cartoleria, D. Licheri

Via La Marmora Remilda Pace (Cuneo)

Via C. Colombo B. Provenzano

Via Cairoli N. Deiana, Manca, Viviani, Ginnà (Avellino) rottami

Cala Gavetta Peppi calzature, Sassu tabacchi, G. Ugazzi, B. Ugazzi, Nonnis, G. Manna, Solinas boutique, L. Onida, Sabatini

Via D. Millelire Polverini-De Meglio, Dettori, D. Idda

Via M. Leggero P. Spillo, A. Moriani, C. Fois, G. Tonelli (G. Abis), Casalloni – Porcu Catte Macelleria

Via Balbo G. Guccini, C. Catte, Apogeo, P. Conte

Via Baron Manno G. Urban

Via R. Margherita N. Lapera, A. Daga, F. Azara, Innocenti

Via Garibaldi Ferrigno, Conti, Gana Farmacia, M. Giagnoni, E. Bellomo, Caprilli, Rina Filinesi, Omero Giagnoni, A. Conte, Zi Filippa, A. Demuro, L. Muzzu, A. Conti, De Zerega, L. Piras, F. Girardi, A. Lena, Maestrale E. Ciocca, le (sorelle) Lena (lelena), Dessì F.lli, Coop. Consumo Maddalena (Sangaino), P. Porcu, Vigiano, Lai/R. Laconi, R. Ragnedda, Derna Serrais, Usai, Bertorino-Piras, G. Battaglia, G. Girardi, Majore, N. Beninati poi I. Innocenti, Barbosa & Pitzalis, Bartoletti, Pia Dini-Napoli, Muroni-Masala, A. Coppadoro G. De Zerega, T. Sequenzia (all’Aquila), A. Pirisino

Piazza Umberto I G. Bellomo, G. Fasi (castagnaccio!), S. Colonna

Via Dandolo C. Delogu, Pensiero Bini, G. Curis, la Provvida/Dopolavoro Cral Marina

Via Mazzini Macrì M., Gialisio Ugo

Via Azuni Lena/I. Scotti

Via XX Settembre I. Sabatini, A. Sau, Irma/all’Onestà (Andreotti), Lav. Candidus Gallone, B. Marchetti, V. Mascagni, E. Favale, G. Carboni, Magnetti tabacchi, P. Giagnoni, N. Macrì, D. Moriani. Adalgisa Battaglia, Nino Baiardo, Masala Sorelle (Lemasola)

P.zza Garibaldi A. Viglietti, Campus (sarto). G. Giagnoni, P. Gargiulo, Serafin – Guelfi, Gargiulo (frutta)

P.zza S.M. Maddalena T. e G.B. Conte, Laino, B. Migliaccio

Largo Matteotti Tip. Rossi, Banchini, Conte Alim., A. Demuro, M. Corrias (o ninno), P. Doriano, Masu, F. Rampini (forno M. Battaglia)

Via Magenta Mannoni

Via Guerrazzi Fastame, Mulargia

Via Monte Sinai F. Leoncini.

Oltre 60 esercizi si trovavano già sull’asse via XX Settembre – Garibaldi, che diventerà nel tempo sempre più la strada “commerciale” della città.