La Maddalena, base inglese nel Mediterraneo
Articolo dello scrittore Gian Carlo Tusceri
Durante le guerre rivoluzionarie napoleoniche, l’Inghilterra, sia a motivo della propria preparazione militare, ma sopratutto per la sua notevole superiorità finanziaria, era stata l’anima delle coalizioni contro la Francia.
Tutte avevano dovuto far capo diplomaticamente a Londra e tutte, chi più chi meno, avevano avuto la necessità del denaro inglese per essere sostenute.
Il Re di Sardegna faceva eccezione in negativo lui, come già gli era successo per il passato, aveva ripreso a chiedere di essere iscritto nel libro paga della Corona d’Inghilterra, pure per il cospicuo assegno da destinare al decoroso sostentamento suo e della sua famiglia, nonché del suo “entourage” di corte.
La Royal Navy, che poteva contare basi operative pure in Sicilia, a Malta e a Gibilterra, era di fatto padrona incontestata del Mediterraneo.
La sua flotta faceva impressione, oltre che per lo straordinario potenziale di fuoco, per le innovazioni tecnologiche come le carronate, un nuovo tipo di artiglieria senza rinculo, piuttosto pratico, e naturalmente per le preparazione indiscussa dei propri ufficiali e per la severa disciplina con cui questi, talvolta in maniera violenta, tenevano in pugno i propri equipaggi.
Con queste premesse veniva facile, ad un piccolo, inconsistente Re di Sardegna come Vittorio Amedeo III, puntare su un rapporto privilegiato con l’Inghilterra, pur dichiarando a più riprese lo stato di neutralità ufficiale tra due contendenti.
Tale neutralità era del resto cosi falsa, com’è attestato da una nutrita documentazione epistolare dell’Archivio di stato di Torino e di Cagliari, che già all’indomani del tentativo di sbarco dei franco-corsi, nella primavera del 1794, il Comandante della piazza Agostino Millelire, di origine corsa ed eroe della resistenza, teneva contatti epistolari continui, col consenso della corte, con gli inglesi che pattugliavano le Bocche in appoggio a sir Gilbert Elliot, che amministrava la Corsica in nome di Giorgio III.
Tale “contatto” si era dimostrato di notevole conforto per la guarnigione maddalenina, quando questa, senza la minima perplessità politica, si era schierata a favore della corte cagliaritana di origine piemontese e contro il resto della Sardegna “democratica”, quando avevano preso a dilagare manifestazioni e scontri armati, presto repressi in maniera dura da parte di chi sapeva di poter contare, in caso di necessità, sull’appoggio della navi inglesi e dei loro terribili cannoni. Grazie sicurezza che conferivano alla guarnigione locale gli ufficiali inglesi in sosta operativa in acque corse e comunque nelle Bocche di Bonifacio, La Maddalena aveva potuto dare rifugio al viceré Balbiano e al suo seguito, cacciati da Cagliari con destinazione Livorno, prima che la ribellione di stampo giacobino all’interno della Sardegna venisse repressa in maniera definitiva.
Nelson, sottordine dell’ammiraglio Hood, all’epoca, era al commando della fregata Agamemnon e partecipava alle preparazioni in difesa del popolo corso di Pasquale Paoli, contro i francesi, ma aveva già avuto modo di segnalarsi per la particolare attenzione con cui seguiva la questioni interne della Sardegna.
“E’ fuor di dubbio – scrive in una lettera l’avvocato Antonio Scarpinati ai rivoltosi – che il già viceré Balbiano e governatore Merli col generale La Flechere si trovino con alcuni del loro seguito nell’isola della Maddalena che vi sia pure arrivata la regia fregata, la quale è in crociera in quei mari attendendo alcune navi inglesi“.
Da un’altra lettera senza data, comunque assimilabile a quelle del maggio 1794, dell’Archivio di Stato di Cagliari, si legge ancora: “essersi esso cavaliere (Balbiano) unitamente ai prefatti Chevillard, La Flechere e Lime I, rinchiusi per molte ore continue nell’abitazione del piloto Millelire, ed avere scritte varie lettere che successivamente si spedirono in Corsica all’ammiraglio Hood“.
Se si aggiunge che molti studiosi propendono per una iniziazione del Re Vittorio Amedeo III alla massoneria, (documentata in affreschi che ancora oggi decorano i soffitti di alcuni suoi palazzi), che l’Inghilterra e in particolare i suoi ufficiali di marina erano tutti massoni, che a La Maddalena, con una collettività perfettamente integrata e inquadrata nei ranghi militari, la massoneria si respirava insieme al ponente, soprattutto dopo l’insediamento del vice-consolato inglese del 1794, è evidente che, coi suoi trascorsi anti-giacobini; dalla performance del 23 febbraio 1793, le Isole Intermedie rappresentavano la base ideale di ogni ufficiale inglese degno di tal nome.
Qui era possibile attingere acqua in tutta tranquillità e, fare quella che con un dolce eufemismo definitive la “merenda” (carni fresche, verdura e frutta). Basti pensare che talvolta le navi inglesi impegnate nel pattugliamenti del mediterraneo, tenevano acqua da bere nelle botti persino per quattro anni, non fidandosi di scendere a terra per prenderne di fresca, se non in particolari situazioni. La Maddalena rappresentava “una di queste situazioni“.
Era pure chiaro che una comunità giovane, come quella di La Maddalena, sradicata dalla Corsica, soprattutto per questioni di carattere politico, travolta presto dal modernismo sardo-piemontese, rappresentato dalla possibilità per i giovani di girare per il mediterraneo su una mezza galera, col soldo sicuro, affascinato dall’efficientismo marinaro degli inglesi e dalla loro credibilità internazionale, dal loro senso dello stato e dalla difesi che erano soliti fare dei loro cittadini sparsi per il mondo, risolvendo magari a colpi di cannone situazioni scabrose a cui nessuno sapeva opporsi in maniera seria, non poteva, una comunità come quella maddalenina di 800 anime appunto, non essere ben disposta a favore delle navi e delle divise inglesi, come del resto successivamente lo saranno, mutatis mutandi, per le navi e le divise americane.
Il 25 aprile 1794 il viceré scrive al comandante dei regi legni alla Maddalena a seguito di una collaborazione tra la Corsica di Elliot e la marina sarda per catturare uno sciabecco barbaresco, nel corso dei quali morì un isolano e molti altri rimasero feriti.
“Le acchiudo una lettera – scrive il Viceré – per il signor ammiraglio inglese Hood, ch’ella fare) prontamente pervenire al Ferrandi o Androvandi in Bonifazio, pregandolo a procurarne il sicuro recapito con tutta sollecitudine, e facendosi additare la spesa che ne occorresse ch’ella rimborserà e me ne avviserò“.
Il 28 aprile il Re di Sardegna Vittorio Amedeo III firmò l’armistizio di Cherasco e il 15 maggio col trattato di Parigi cedette alla Francia Nizza e Savoia, poi i francesi guidati dal generale Bonaparte occuparono, sbaragliando separatamente piemontesi e austriaci, Cuneo, Ceva e Tortona.
Di fronte alla mutilazione drammatica del suo già esigue territorio, il re fu colto da colpo apoplettico e mori.
II suo successore Carlo Emanuele IV assistette impotente allo straripare delle truppe francesi, mentre gli Inglesi si insediavano all’Isola d’Elba e in ottobre abbandonavano la Corsica, ritenendo che il gioco non valesse più la candela.
La base militare di La Maddalena, a quel punto, acquistava un rilievo davvero straordinario. Nel frattempo il Piemonte nel dicembre del 1798 veniva occupato interamente dai Francesi e Carlo Emanuele IV abdicava a favore di Vittorio Emanuele I il 19 settembre 1799.
Al momento di salpare da Villafranca per ripararsi in quella Sardegna che avrebbe volentieri barattato con qualunque altro fazzoletto di terra sul continente italiano, il Re di Sardegna si era dovuto mettere nelle mani di un ammiraglio emergente come Giorgio Andrea Des Geneys, illuminato assertore della vocazione marinara del regno Sardo-Piemonte, soprattutto se connesso alla Liguria, e naturalmente alla Sardegna, ora che l’Inghilterra ne stava facendo lievitare le quotazioni.
La Russia, per parte sua, era presente in questa corsa al controllo diplomatico della Sardegna, con un versamento a fondo perduto di 300.000 rubli versati nelle tasche del Re, per facilitargli l’insediamento della corte a Cagliari.
Ad attendere al largo i sette fatiscenti bastimenti piemontesi che addirittura si temeva potessero non giungere a destinazione, vi era una fregata britannica, della flotta guidata all’epoca dall’ammiraglio Keith, che pazientemente li prese sotto la propria protezione. L’incontro era concordato.
Di fatto il Re di Sardegna, con quest’ultima ricerca di protezione, aveva ratificato in maniera palese un ruolo subalterno che lascerà diversi segni negli anni successivi, nella sede di Cagliari e dintorni.
Nel corso della traversata, ad ogni buon conto il Barone Des Geneys, dopo una ferma discussione con il resto della corte, decide di fermarsi con parte dei bastimenti sardi nel porto di cala gavetta di La Maddalena.
L’isola, già segnalata dagli Inglesi e in particolare di Horatio Nelson per la bontà e la sicurezza dei propri approdi, aveva un destino evidentemente segnato come base militare marittima.
Sul perché della decisione del Barone Des Geneys, si è discusso a lungo. Qualcuno ha ritenuto che l’ammiraglio volesse tributare un omaggio ai Maddalenini che si erano comporti eroicamente nel’93 contro i Franco-Corsi di Colonna-Cesari. In effetti la verità deve ritenersi più pratica che ideale.
Con Nelson ormai di casa in queste acque, il Des Geneys sapeva di avere soltanto dei vantaggi a fronteggiarne sul posto il prestigio, evitando ad un tempo che la popolazione locale si trovasse di fatto nelle mani degli Inglesi, cosa che avrebbe portato progressivamente alla perdita della posizione strategica delle isole intermedie.
In sostanza sarà la stessa identica operazione che nel 1972 la Marina italiana farà riportando l’Ammiragliato da Cagliari a La Maddalena, per contenere l’esplodente prestigio della base americana di Santo Stefano.
In questo periodo Nelson matura l’intenzione, più volte poi ribadita, di occupare quelle isole, con le buone o con le cattive.
“Nel caso in cui quest’isola fosse attaccata dai francesi – aveva scritto a Thaon di Revel che sostituiva accidentalmente il viceré Carlo Felice – io ho l’ordine di fornire tutta l’assistenza che dipenderà da me“.
Ma al proprio governo, con un civismo che gli era consueto, ma che la oleografia ricorrente finge di ignorare in Sardegna, scriveva invece che occorreva un salutare attacco preventivo per l’occupazione di tutto questo territorio strategicamente a rischio, in quanto, concludeva “la prevenzione è migliore della cura“.
E in altra circostanza aveva scritto un brano (capitano A.T. Mahan in The life of Nelson ) che è sempre stato censurato ignorato della traduzione reale:
“If we, from delicacy, or commiseration of the infortunate king of Sardinia, do not get possession of that island, the French will. If I lose Sardinia, if lose the French fleet“.
Che tradotto letteralmente recita:
“Se noi, per delicatezza o per commiserazione dello sfortunato re di Sardegna non prendessimo possesso di questa isola, essa diventare francese? Se io perdo la Sardegna, io perdo la flotta francese”.
Nelson arrivo persino a fissare un prezzo, in alternativa all’uso delle armi, di 50 000 sterline, col progetto di ammortizzare la spesa soltanto in due anni. E se il governo inglese non avesse dovuto fare i conti con le ambizioni dell’importante alleata Russia, il cui sogno rimaneva quello di avere uno sbocco nel Mediterraneo o comunque un punto di appoggio nella zona, l’operazione invocata da Nelson in un modo o nell’altro sarebbe forse andata in porto.
In questo clima e con questo cliente per certi versi poco rassicurante alle porte, soltanto la qualificata presenza del Barone Des Geneys, un sostanza, scongiurò il peggio per i Maddalenini, i quali, però, a parte qualche trascurabile incidente, dimostrarono di non accusare mai il peso di tale situazione : quasi non si fossero mai accorti addirittura di nulla.
Questi, d’altra parte, impararono presto a fare affari anche con gli equipaggi delle navi inglesi, a dispetto della politica di equidistanza tra i contendenti.
La vera politica attuata dal re di Sardegna, e in particolare dei Maddalenini, in sostanza, era quella della connivenza chiaramente in funzione antifrancese? L’arte, cioè, del sapersi arrangiare tipica da tutta la gente di mare.
Da Cagliari infatti partivano delle direttive palesi e ufficiali di fermezza, ma sottobanco e con messaggi cifrati, si invitava alla massima prudenza e a fare il possibile per assecondare i graditi ospiti. Per cui vi era sempre più forte la sensazione, nella piazza maddalenina, che le ospiti inglesi fossero” graditi” oltre che per la difesa contro i francesi, per la loro terrificante potenza di fuoco e soprattutto per i lauti assegni emessi dalla banca Coutz di Londra, che consentivano al re di tirare avanti decorosamente, anche se per la verità, con ben poca dignità.
Su questa base, con i primi viceconsoli inglesi Garzia e Brandi di cui si ha notizia, i maddalenini imparano pure a comprendere che essendo amici dei britannici e in particolare dell’ammiraglio inglese, ci si può permettere qualunque reato, come offendere la bandiera sabauda e le stesse divise indossate, fare loschi traffici, finire sotto processo e poi essere reintegrati per intervento diretto di Nelson, che non ammette repliche o fraintendimenti.
In sostanza i maddalenini avevano dei padroni, a casa loro, che sapevano quello che volevano ma che sapevano pure pagare con discrezione il giusto prezzo. Costruiranno il 50% della nuova flotta del Barone Des Geneys, daranno Genova e la Liguria al re di Sardegna per fargli rimettere un piede in Continente, ma soprattutto per fargliene mettere uno anche a mare, e una volta battuto Napoleone, consentiranno al Piemonte di coagulare attorno a se una nazione che facesse da sentinella nel Mediterraneo in funzione anti-russa inanzi tutto, ma pure anti-francese.
II tutto orientato sapientemente da una seria di personaggi inglesi (ufficiali di squadra come sir Daniel Roberts, agente da La Maddalena della Florio e Rubattino, la Società di Navigazione che porterà i garibaldini da Quarto a Marsala nella spedizione dei Mille, sottufficiali come Richard Forman Collins, che sparirà improvvisamente e il suo corpo verrà murato in gran segreto nella sua villa di Moneto, nobildonne come Clare Emma Oliver Collins, sua moglie, che cederà i suoi possedimenti di Caprera a Garibaldi, quando Londra glielo chiederà, versandole sterline che probabilmente non verranno mai convertite in lire, navigatori quasi solitari come Hyde Parker, subentrato nel possesso dei beni del Barone Des Geneys all’isola e aspirante al possesso di Caprera e in particolare di quel Porto Palma, già caro alla flotta inglese e a Nelson, per cui si mossero addirittura Ministri, viceré, consoli generali, vescovi, intendenti de finanzi e un galantuomo sardo come Pasquale Tola, pastori protestanti come James Yermin, commercianti come William Craig, misteriosi uomini di cultura come James Webber, ultimo viceconsole inglese di cui nessuno ha mai conosciuto l’esatta professione e provenienza, protetto da un agreement tra i governi di Londra e di Torino, per non essere costretto a versare il passaporto, tutti palesemente legati tra loro a doppia mandata che si insedieranno a La Maddalena subito dopo Watterloo fino alla fine dell’800.
Per quanto concerne gli ulteriori effetti strategici militari, occorre precisare che Nelson, una volta diventato ammiraglio, sulla Victory, sostava ancora più spesso, perdurando il blocco di Tolone, anche in porti di secondaria importanza della Sardegna, come Pula, Palmas, Oristano.
A La Maddalena invece egli effettuò ben nove soste operative, di lungo e medio periodo.
La partenza definitiva avvenne il 19 gennaio 1805 dalla rada di Mezzoschifo o baia di Agincourt (come lui stesso l’aveva ribattezzata), a seguito della segnalazione della uscita temeraria della squadra francese da Tolone.
Al momento dell’annuncio che le navi francesi avevano forzato il blocco, alle ore 15.00, si svolgeva sui vascelli britannici una festa di gala, con musica e abbondanti libagioni per tutti. Al segnale convenuto, tuttavia, gli equipaggi si misero immediatamente al lavoro per riprendere l’assetto di guerra. Dopo tre ore, anche 1′ ultima fregata britannica aveva lasciato per sempre le acque di la Maddalena, sfilando imperiosa tra i segnali dell’estuario di levante.
Agli isolani rimasero come doni di stima e di riconoscenza due candelieri e un crocefisso d’argento e d’oro. E non si potrebbe comprendere per quale motivo un massone e un protestante come Nelson abbia potuto offrire un simile dono alla parrocchia di Santa Maria Maddalena, se non si rammentasse che la chiesa maddalenina e la curia vescovile di Tempio, per disposizione dello Stato Pontificio, si erano schierate apertamente e con forza fin dal 1793 con gli, inglesi, ma soprattutto contro la Francia rivoluzionaria e giacobina.