La ribellione di Chevillard, dei maddalenini e del gruppo tempiese Spano-Azara
Quando il nizzardo Marliè de Chevillard, nuovo comandante della ridottissima squadra del cosiddetto Armamento leggero di stanza nell’arcipelago, chiamò i maddalenini a raccolta contro i rivoltosi cagliaritani, essi risposero con la generosità di sempre. Era da pochi mesi subentrato nel comando a Felice De Costantin, e si trovava anche a svolgere le funzioni di comandante dell’isola per la lunga vacanza che il maggiore Riccio aveva ottenuto il marzo precedente.
Ritornava all’isola dopo oltre un anno di assenza e col suo sperimentato attivismo s’era messo subito all’opera intraprendendo i lavori di banchinamento del molo di Cala Gavetta, lavorando al progetto di un mulino, avviando i giovani all’attività della pesca cercando fonti integrative di reddito per la crescente comunità ed attivando al massimo il servizio di ronda marittima.
Proprio dal controllo dei litorali venne un’occasione eccezionale che fruttò gran fama a Chevillard ed onori ai maddalenini che sotto il suo comando attaccarono, vinsero e predarono due bastimenti barbareschi il 4 gennaio dello stesso 1794. Si trattò di uno scontro violento e particolarmente remunerativo, che rimane negli annali della lotta contro i barbareschi, ed oggi i documenti ci testimoniano che fu la circostanza in cui Cesare Zonza si guadagnò la medaglia d’oro che ancora attende di essere riconosciuta ufficialmente.
Si trattò di una circostanza che cementò il legame tra il comandante/leader e la popolazione, che soffrì in quella occasione di ben cinque morti, molti feriti ed una lunga e penosa quarantena in cui le donne maddalenine si chiusero anch’esse nell’improvvisato lazzaretto di Santo Stefano per assistere gli uomini. I maddalenini ne subivano il fascino e sembra che lo abbiano seguito anche in certe intraprese non proprio compatibili con il suo status di ufficiale. Come si vedrà, si trovò immischiato in un’accusa di illecite “estrazioni” in società con gli alti papaveri della corte viceregia.
Il primo impatto dei maddalenini con il governo della Reale Udienza fu particolarmente negativo. Il Magistrato, infatti, dando riscontro alle ultime lettere di Chevillard al viceré, in data 8 maggio ingiunse il blocco dei lavori del molo che erano ormai a buon punto grazie al contributo volontario degli isolani, e, quindi, ordinò la sospensione della fornitura di carne alla flotta inglese impegnata nelle operazioni navali di cui si dirà più estesamente in seguito, e che per alcuni maddalenini era fonte di buon reddito.
Queste ingiunzioni si incrociarono con una dichiarazione predisposta il giorno prima dal comandante Chevillard ed inviata a Cagliari. Con essa il Nizzardo si rifiutava di ubbidire agli ordini impartiti dal Pro Reggente, attraverso il tempiese Baingio Ventino, di rimettere il prodotto di alcune prede. Il rifiuto fu giustificato con parole di particolare durezza contro la “funesta giornata del 28 aprile” in cui “una moltitudine di faziosi aveva ardito mettere in arresto il rappresentante del nostro augusto monarca e tutti gli altri impiegati ed agenti del governo”, per cui le somme saranno conservate alla Maddalena “dove la totalità degli abitanti protesta unanimemente di vivere o morire per il nostro augusto monarca” e dove, aggiunse, stanno gli equipaggi del regio armamento cui spetta parte delle prede.
A stretto giro di posta la Reale Udienza reagì con altrettanta durezza, richiamando il Chevillard ai suoi doveri di militare fedele ed ubbidiente, e a non intromettersi politicamente negli affari del governo:” qualunque sia stata l’emozione seguita in Cagliari non è a sua portata l’arrogarsi quelle autorità che non le furono da S.M. accordate, né dovrebbe essere l’unica persona che abbia a cominciare una scissura nel regno”. Con la stessa lettera gli fu intimato nuovamente di eseguire l’ordine circa il ricavato delle prede e di recarsi immediatamente a Cagliari con la mezza galera per mettersi a disposizione del Magistrato della Reale Udienza, lasciando il comando provvisorio dell’isola al bailo Carzia. Anche a questi, nello stesso 15 maggio, si rivolse il Pro Reggente della Reale Udienza, Cugia–Manca, con gli stessi argomenti che indirizzò anche al sindaco ed ai consiglieri maddalenini, a cui, inoltre, fece notare la legalità dell’esercizio del potere vicereale in capo alla Reale Udienza in nome della legge fondamentale: “sarebbero in difetto gli abitanti di codeste isole (se volessero essere) gli unici che [si] manifesterebbero indipendenti dal sovrano e dalle leggi del regno, ciò che gli renderebbe meritevoli della sovrana disgrazia e gli porrebbe a gravi discordie cogli abitanti del regno”.
Articolo scritto da Salvatore Sanna e pubblicato dal Corisma nel primo Almanacco Maddalenino realizzato dalla casa editrice Paolo Sorba di La Maddalena
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