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L’attrice che mandò al diavolo Goebbels

Nata in una casa del centro storico di La Maddalena, già a quattro anni comincia a delinearsi il suo destino: Lia canta con una voce limpida e potente. Un dono naturale che la porta appena ventenne a presentarsi alla ditta Totò-Magnani, dopo aver vinto nel 1938 la borsa di studio del Teatro dell’Opera di Roma.
Praticamente sconosciuta, come lei stessa racconta, si presenta all’impresario Epifani per contrattare la paga. Chiede trecento lire al giorno: a quell’epoca Totò ne prendeva mille, la Magnani seicento e gli altri non superavano le sessanta lire giornaliere.
Epifani si scandalizza, ma le concede un provino. E Lia canta “Tu che m’hai preso il cuor”. All’acuto si stacca un pezzo d’intonaco dal soffitto. L’impresario le chiede una replica.
Di nuovo si ripete la scena: Lia è scritturata, alle sue condizioni, per la rivista “Quando meno te lo aspetti”, un anno di tournée con “tutto esaurito”.
Di Totò e di quegli anni parla con affetto e orgoglio. “Totò era un uomo meraviglioso. Triste e pensieroso, sulla scena si trasformava nell’inarrivabile attore che tutti conosciamo.
Totò era generoso, discreto, affettuoso, capace di improvvisazioni geniali. L’amicizia, per lui, era sacra. Mi chiamava La Signora”. Lia Origoni ha lavorato con Maurice Chevalier, con Macario e con Jacques Tati, con Werner Kroll e Loni Hoiser, nei principali teatri del mondo, dalla Scala di Milano all’Opera di Parigi, alla Salle Pleyel alla Scala di Berlino.
E proprio a Berlino si svolge un altro episodio chiave della sua personalità che lei stessa racconta. Siamo nel 1943 e riceve un invito a cena da Joseph Goebbels, il potente ministro della propaganda nazista, che l’aveva notata al Club degli artisti di Berlino.
L’impresario Duisberg prega la cantante affinché accetti, ma Lia è irremovibile. “Mi ha scritturato per cantare o per andare a cena al Plaza con Goebbels?”. Si rischia l’incidente diplomatico e la chiusura del teatro per ritorsione. Lia non cede. Ma la prudenza consiglia una rocambolesca fuga in treno per tornare in Italia.
A Berlino succede anche qualcos’altro. Lia canta con Tito Schipa e la sua voce conquista il pubblico; i giornalisti si affannano intorno a lei ignorando il maestro. Lei si schiva e li rimanda da lui: “E’ lui la vera star del teatro”, dice. In quel momento matura anche una decisione: a cinquant’anni smetterà di cantare per sottrarsi al tritacarne mediatico del declino.
Anche questa notte Lia Origoni, colei che ha avuto il coraggio di rescindere il contratto con Macario per aver osato accomunarla ad una delle sue “donnine” e di rifiutare la cittadinanza francese, fiera di essere sarda e italiana, la trascorrerà al computer.
Prima cantante a ottenere un contratto dall’Ente Italiano Audizioni Radiofoniche, lei novantenne, trasferirà su cd le sue registrazioni che la Rai, rinnovando gli archivi, stava per distruggere.
Continuerà a “ripulire” i brani da fruscii e imperfezioni e a trionfare sul web: in Russia, il download de “Les feuilles mortes” la vede al terzo posto dopo Yves Montand e Edith Piaf. La sua di stella brilla ancora.

B. Calanca