L’occupazione dell’isola di Capraia
La prima impresa della nuova marina fu la presa di possesso dell’isola di Capraia, già sotto sovranità genovese ma occupata prima da una guarnigione francese borbonica e poi da corsi. Alla spedizione furono destinate le due nuove mezzegalere Beatrice e Liguria (comandate dai TV Francesco Sivori, tornato al servizio sardo, e Luigi Serra), il bovo Veloce (TV Giuseppe Albini), la peniche Speditiva e due mercantili (il brigantino Maria Teresa e il pinco Vergine della Misericordia) noleggiati per 1.900 lire genovesi come trasporti della guarnigione (capitano Bruneri, con 130 artiglieri di marina, 2 pezzi da 24 e 5 da 12. Mentre ferveva l’allestimento, giunse notizia che una poderosa squadra tunisina aveva attaccato a fine agosto le spiagge del Sarrabus, facendo molti schiavi: con manifesto del 31 agosto furono richiamate le misure di sicurezza. In realtà la squadra, armata alla Goletta il 15 luglio e comandata dallo stesso ammiraglio tunisino (Mustafa Capudan), era composta da 11 unità [3 fregate o gabarre, 2 sciabecchi, 2 corvette, 1 brigantino, 1 barco, 1 goletta e 1 feluca] con 1.500 uomini.
La partenza della squadra sarda, stabilita per il 16 settembre, fu rinviata di tre giorni per la notizia che la squadra nemica era stata avvistata tra l’Elba e Capo Corso. Per prudenza Des Geneys ordinò a Sivori di costeggiare la Riviera di Levante, e, dopo una sosta nel golfo di Portovenere, la squadra arrivò a Livorno il 27 settembre. Appreso dal console sardo Spagnolini che i tunisini erano a Capraia, secondo le istruzioni di Des Geneys Sivori tornò alla Spezia; raggiunto qui dalla mezzagalera Falco, il 6 novembre riprese il mare e nel pomeriggio del 7 sbarcò 200 uomini a Capraia; gli avventurieri corsi, che si erano rifugiati nel forte, furono sloggiati il giorno dopo con un breve bombardamento. Il bovo Veloce fu poi lasciato di stazione nell’isola (dove fu istituita una milizia guardacoste di 50 uomini comandata dal sindaco), mentre il resto della squadra fece vela su Cagliari per concorrere alla sua difesa .