Maggior Leggero, il colera e il lavoro
Del Costarica era stato fatto un cumulo di rovine, e questo non consolava di sicuro i feriti, in più l’esercito dei vincitori fu colpito da una malattia temutissima: il colera. Questa malattia era già apparsa sulla scena nella decada del 1830, colpendo soprattutto il Guatemala, El Salvador e il Nicaragua al quale recò numerosi danni. Si ebbe poi una nuova ondata di epidemia vero il 1849, questa volta a Panama, nel sud del Costa Rica, ma la più disastrosa fu proprio quella del 1854-1855, il cui epicentro di contagio fu proprio il territorio del nicaraguense. A causa della rapida espansione dell’epidemia, tutti coloro che avevano la forza per camminare si spostarono verso Guanacaste dove c’era un centro di cura, perché in territorio nicaraguense mancavano le strutture sanitarie adeguate alla cura della malattia.
I malati gravi e i feriti furono lasciati lì in Nicaragua, mentre tutti marciavano per scappare dalla pericolosa malattia. Leggero decise di andarsene e non volle restare, sebbene gli avessero amputato un braccio, temeva una violenta vendetta da parte del nemico dopo aver assistito alla strage della battaglia. Nemmeno l’idea di darsi prigioniero gli piaceva, dato che non era mai stato nel suo sangue quello di sottomettersi a qualcuno, non l’avrebbe mai fatto sia per una questione di dignità che per lo spirito di fierezza sarda.
Il popolo costarricense, così come Giovanni Battista Culiolo, vide la salvezza nel rientro al paese, ma non fu esattamente così. Al rientro, alcuni soldati malati contagiarono parte della popolazione, non si poteva assolutamente bere acqua che non fosse sicura perché c’era stato un contagio tramite le urine e le feci di tutta l’acqua. Bisogna anche calcolare che la medicina all’epoca non era avanzata, bensì era ancora allo stato pre-batteriologico, e perciò non esistevano cure efficaci per la maggior parte delle malattie. Si stima che morirono circa 407 soldati costarricensi, senza contare poi quella parte della popolazione di cui facevano parte i più disagiati come i poveri, che vivevano in condizioni igieniche pessime, e soprattutto le donne che avevano un sistema immunitario più debole rispetto a quello degli uomini. In totale morirono circa tra l’8 e il 10% della popolazione dell’epoca. Una vera e propria catastrofe senza precedenti. La pestilenza di estinse solamente a fine luglio del 1856.
Leggero arrivò a Liberia, sopportando il disagio della febbre e il peso del corpo ormai lacerato ma pieno di sentimento e forza d’animo, dove ottenne le cure adeguate per il braccio e le altre ferite. Inoltre poté riposarsi dopo le enormi fatiche che aveva sopportato in guerra. I danni recati dal colera e dalle diverse battaglie furono gravissimi.
Per il garibaldino non era ancora tempo di andarsene da quel mondo, la sua grande forza di volontà non lo avrebbe abbandonato, e dopo essere guarito ed essersi recuperato dalle fatiche, si rese conto di trovarsi senza un soldo e con grande umiltà, dovette chiedere alla repubblica, alla quale non solo aveva donato un braccio, ma per la quale aveva anche combattuto in nome della sua libertà, un pezzo di pane. Quest’ultima, riconoscendo il grande sacrificio che aveva fatto Leggero gli diede un posto di lavoro nel posto di guardia della dogana di Puntarenas. (Dice il documento: “INTENDENZA GENERALE DELLA REPUBBLICA DI COSTA RICA – N° 421 – CONTABILE SUPERIORE – Il sig. Giov. Batt. Culiolo, dopo esser stato utile all’Esercito della Repubblica nell’ultima campagna, ha sofferto la disgrazia di perdere un braccio al servizio della stessa, e S.E. ha disposto, in attenzione a ciò che è stato esposto, lo si nomini guardia della dogana di Puntarenas con stipendio segnato dalla legge”.
Nonostante si trovasse in uno dei due porti più importanti del Costa Rica, (il secondo porto era quella di Limòn, nella zona caraibica, dal quale partivano le navi cariche di caffè, banane e ananas) questo lavoro assegnatogli dal governo non deve essergli andato molto a genio dato che allo scoppio della seconda guerra contro William Walker , riprese il suo posto, come ufficiale di artiglieria. Con questo memorabile gesto, egli volle provare non solo agli altri ma a se stesso, che sarebbe stato in grado di cavarsela combattendo anche senza il braccio destro e senza numerose dita delle mani. Come avrebbe potuto rimanere a lavorare in un porto guardando le barche che si allontanavano sapendo che c’era una guerra in corso?
Nel porto di Puntarenas Culiolo era al sicuro, con un buon lavoro, e con ciò di cui aveva bisogno, ma un grande uomo come lui, che spogliato dalle vesti di generale, rimaneva un uomo umile com’era arrivato e buono di cuore, di quella sicurezza non se ne faceva proprio nulla. Egli infatti non era venuto al mondo per starsene lì in un porto, bensì per salpare, andare in alto mare, combattere e affrontare le numerose tempeste della vita con la testa alta e un grande senso di fierezza.
Sta proprio qui la vera forza dell’eroe romantico quale era Leggero. La sua forza, non era una forza fisica mossa dal corpo, bensì una straordinaria passione, un cuore che non sapeva resistere al richiamo di una battaglia da combattere in nome della libertà, un potere intangibile che lo rese così capace di amare quella profonda libertà, tanto da sacrificare tutto ciò che era materia per essa. Sacrificò quel lavoro, la sicurezza, un pasto caldo al porto, un buon letto dove dormire per continuare il suo cammino, determinato a portarlo fino in fondo, pronto a morire per amore al suo ideale se fosse stato necessario. Qui si nota la grandezza del suo amore per un ideale, perché egli non solo si sacrificò per la patria, ma lo fece per una patria che non era nemmeno la sua, ma era quella di uomini che spogliati di tutto, nudi, senza niente addosso a caratterizzarli, erano individui come lui, con gli stessi diritti, che si ponevano le stesse domande e che combattevano per le stesse cose. E’ un concetto molto profondo, Leggero non fu mai considerato un eroe titanico, e nemmeno un superuomo, fu molto diverso da un possibile Achille, il cui scopo era la sola gloria, visto che troviamo poche fonti su di lui, e quasi nessuna opera che lo rappresenti in veste d’eroe. Nonostante questo, il suo modo di essere eroe è molto più nobile e puro, pronto a compiere il suo dovere di uomo fino in fondo. Leggero non fu mai mosso dal desiderio di onore o di denaro e tanto meno di fama, semplicemente fu mosso da un sentimento incondizionato che lo portò ad essere protagonista di grandi imprese che pochi conoscono, ma che fecero una grande differenza. Egli stesso scelse di andare a combattere in Costa Rica, non fu obbligato da nessun governo, e si sa che un’azione spontanea vale più di mille azioni obbligate.