Il mondo della pesca – III parte
Malgrado le condizioni di vita che i pescatori trovavano a La Maddalena fossero generalmente migliori di quelle lasciate al paese d’origine, il lavoro svolto era ben più di altri dipendente da fattori aleatori e imprevedibili, come le condizioni atmosferiche, piuttosto che dalla volontà dell’individuo. Non esisteva un sistema pensionistico o assistenziale generalizzato, come l’IPSEMA, perché l’esiguità dei guadagni non spingeva certo a privarsi di denaro prezioso per la lontana Cassa Marittima, che pure avrebbe garantito una pensione di vecchiaia: all’inizio del secolo solo tre famiglie pagavano regolarmente i contributi per l’equipaggio (quattro adulti e un ragazzo) della barca che veniva “messa a ruolo” registrandola in Capitaneria.
Essendo per lo più impossibile crearsi dei risparmi per dei periodi grami, spesso una cattiva stagione o una malattia mettevano in seria difficoltà le famiglie. Nel tentativo di trovare un correttivo a questa situazione, nacque, nel 1919, “La società fra i pescatori” di La Maddalena, con lo scopo di “assicurare un sussidio ai soci ammalati e cooperare alla loro educazione ed istruzione civile, venire in aiuto alle famiglie dei soci defunti, accordare al socio che ne farà richiesta mutuo in danaro”. Primo presidente fu Birardi Luigi di Alghero; soci fondatori: Giammetta Francesco di Palermo, Di Fraia Giuseppe di La Maddalena, Del Giudice Vincenzo di Pozzuoli, D’Agostino Procolo di Pozzuoli, Faiella Vincenzo di Crotone, Orlando Pietro di La Maddalena, Vitiello Gaetano di Ponza, Giudice Giuseppe di Ponza, Grieco Gennaro di La Maddalena, De Roberto Gaetano di Torre Del Greco, Panzani Vittorio di Santa Teresa, Batti Luigi di Ponza, Aversano Pasqualino di Terranova Pausania, Doriano Vincenzo di Pozzuoli, Di Fraia Leonardo di Pozzuoli.
Probabilmente il sorgere della Società corrispose ad un felice momento di partecipazione, più viva che in altri tempi, dei pescatori alla vita sociale ed amministrativa di La Maddalena; assistiamo infatti negli stessi anni all’ingresso di un rappresentante della categoria in Consiglio Comunale; alle elezioni del 1920 venne eletto infatti, non a caso, Gennaro Grieco, già segretario della Società dei Pescatori. Negli anni seguenti (1925-1926) troviamo ancora nell’Assemblea cittadina Emilio Grieco, con circa 700 voti.
L’associazione era evidentemente il punto di aggregazione che mancava per far nascere un certo spirito comunitario, un riferimento per dirimere controversie e stabilire comuni strategie: infatti, poiché lo Statuto (art. 56) prevedeva la possibilità di deliberare su “tutte le questioni che possono interessare l’Associazione, i reclami dei soci…” ecc., per un lungo periodo essa divenne l’interlocutore unico della Capitaneria per i problemi inerenti le licenze, i ricorsi, la regolamentazione del lavoro ecc. Fu la Società a chiedere, ad esempio, la concessione dei fucili contro i delfini o ad accordarsi per stabilire dei criteri per le precedenze nella zona di pesca.
La Bandiera azzurra, “simboleggiante il Mare cui la più grande Italia deve volgere se stessa per maggiori destini della propria idealità” aveva ricamata al centro un’ancora e faceva bella mostra di se, insieme a quelle delle altre associazioni, quali la Montenegro e la XX Settembre, in occasione di tutti i festeggiamenti ufficiali dell’isola: visite di personalità, parate militari, feste religiose o civili; il momento glorioso era però il 15 agosto, festa dell’Assunta, patrona dei pescatori.
Per l’occasione ogni barca offriva il ricavato dell’ultima settimana di pesca, periodo nel quale un uomo di ogni equipaggio restava a terra per preparare gli addobbi; normalmente i primi ad offrirsi per questa incombenza erano quelli che avevano meno voglia di lavorare o i più allegri e fantasiosi, e fra questi, Vincenzo Del Giudice, “Spacca e pesa”, ancora ricordato con un sorriso. Il giorno della festa Bassamarina, illuminata ed addobbata di rami, diventava il cuore dell’isola. L’orchestra Mandalari suonava per i giovani che si cimentavano nelle gare di nuoto o con la bicicletta, in prove di abilità, come l’albero della cuccagna, e nelle classiche regate a vela, che per anni ebbero lo stesso percorso (dalla banchina commerciale verso la Bocca di Stagnali e ritorno), e a remi; fra queste rimase famosa quella vinta (con la complicità dei più giovani) da un equipaggio di anziani pescatori che seri e composti si fecero fotografare, dopo la vittoria, da Francesco Bini. (vedi foto)
Momento culminante della festa era la processione che si svolse, negli anni, con percorsi diversi, a terra prima, e poi a mare con la statua della Madonna che precedeva un lungo corteo di barche di ogni genere e dimensione. La festa era espressione di divertimento e di gioia di vivere per grandi e piccoli, ma rappresentava anche il momento più importante della profonda, diffusa religiosità dei pescatori. Gli uomini che vivevano spesso a contatto con le forze scatenate della natura, conci della debolezza loro e dei loro mezzi di fronte al mare, le donne, impotenti, nelle lunghe dolorose attese, concretizzavano la necessità di un qualche diretto contatto con un mondo superiore, capace di venire in aiuto nei momenti di pericolo, nelle statuette e nei lumini di casa, nei nomi delle barche ispirate ai Santi la cui effige ornava la prua di molti gozzi puteolani, nei numerosi ex voto della chiesetta della trinità, nelle formule propiziatorie con le quali si avviava la pesca, nella benedizione delle barche effettuata assieme a quella delle case, nelle numerose forme di devozione particolari fra le quali spicca quella della Madonnetta. Fu uno dei più vecchi pescatori maddalenini, Michele Scotto, l’iniziatore inconsapevole di quel culto che interessa ancora oggi la nostra comunità; nato qui nel 1817 da padre puteolano e da madre procidana, entrambe appartenenti a famiglie di pescatori, egli ne aveva seguito le orme, diventando aragostaro. Tanto religioso da essere soprannominato “Zi Christu”, era devoto in particolare alla vergine, alla quale aveva affidato tutti i figli che portavano al collo lo scapolare della Madonna del Carmine. Tornando un giorno a casa, colto da una forte mareggiata di Maestrale, non riusciva più a governare la barca ormai in balia delle onde. Pregò con fervore la Madonna e, poiché riuscì a salvarsi, riportando in salvo la barca e l’equipaggio, riconoscente per la grazia ricevuta, mise in una nicchia riparata dal vento e dalla pioggia un piccolo quadro di carta rappresentante la Vergine e ogni mercoledì lui stesso o qualcuno della famiglia andava ad accendere un lumino presso il quadretto. Poco a poco, col tempo, questo si deteriorò e la famiglia di Michele lo sostituì con una statuetta che, conosciuta da molti, divenne un oggetto di culto.
Tutti i pescatori conoscevano la Madonnetta e il luogo dove la statua e i lumini ricordavano la grazia che uno di loro aveva chiesto nel momento del pericolo e, passando presso la costa nord di Cala Francese, facevano un segno di croce verso l’invisibile effige della Vergine.
Nel 1919, subito dopo la fine della Grande Guerra i militari delle batterie di Carlotto edificarono, sullo sperone roccioso, in modo che fosse visibile anche da lontano, con pietra grezza e fango, una piccola chiesetta, rimaneggiata in seguito per riparare i danni che il vento salmastro apportava.
Parzialmente tratto da “Il mondo della pesca” – Co.Ri.S.Ma – Giovanna Sotgiu
- Il mondo della pesca – I parte
- Il mondo della pesca – II parte
- Il mondo della pesca – III parte
- Il mondo della pesca – IV parte
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