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Nicolò Susini Millelire

Articolo della ricercatrice e  scrittrice maddalenina Giovanna Sotgiu.

Il maggiore Nicolò Susini Millelire, fratello di Pietro e di Antonio Susini Millelire al cui ultimo Garibaldi lasciò il comando della Legione Italiana in Montevideo al momento del suo rientro in Italia nel 1848. Nicolò Susini Millelire, volontario nelle campagne garibaldine del 1848/1849, inizialmente presente nel corpo della Cavalleria garibaldina, fu promosso Sottotenente per i fatti d’armi di Luino del 15 agosto 1848 contro l’esercito austriaco, al Comando della formazione degli studenti di Pavia (Luino fu la prima battaglia vinta da Garibaldi in Italia dopo il suo rientro dal sud america); conclusasi la prima Guerra d’indipendenza sceglie di continuare il suo impegno per la causa italiana accorrendo alla difesa della Repubblica Romana nel 1849, con il grado di Capitano, ammalandosi di febbri e venendo fatto prigioniero dalle truppe francesi occorse in aiuto dello Stato Pontificio; dopo un periodo passato in servizio presso le Strade Ferrate a Genova ove ottiene per il suo comportamento la promozione a Capostazione, dà le dimissioni dall’impiego stesso arruolandosi, conservando il grado di capitano, nel Corpo dei Cacciatori delle Alpi, per la Seconda Guerra d’Indipendenza nel 1859, distinguendosi e ricevendo la medaglia d’argento al valor militare per il valore dimostrato nel combattimento di Varese del 26 maggio 1859, nonché il giorno successivo, valoroso nel combattimento di San Fermo, nelle file del 2° Reggimento, guidando la 1a compagnia del 2° battaglione, sotto il comando del tenente colonnello Giacomo Medici (Il Corpo dei Cacciatori delle Alpi venne strutturato su tre reggimenti), sopraggiunto l’armistizio di Villafranca (8 luglio 1859) decide, sempre nel grado di Capitano, di rimanere nell’esercito regolare nelle file del 51° Reggimento fanteria -Brigata Alpi. Dopo aver cercato invano di partecipare fra i volontari al seguito di Garibaldi nella Spedizione dei Mille , a partire dal 1861 svolse servizio nell’Italia meridionale, adempiendo ai voleri della politica del nuovo stato monarchico, nello scontro civile legato alla repressione del brigantaggio nelle province meridionali, una pagina questa dell’unificazione che lacerò molte coscienze del movimento patriottico e repubblicano, ricevendo per tale incarico l’alta onorificenza della Croce e del titolo di Cavaliere dell’Ordine dei Santi Maurizio e Lazzaro. Raggiunto l’ambito grado di Maggiore, con Regio Decreto 23 marzo 1862 sempre nelle file del 51° Reggimento fanteria di linea, fu presente quindi alla 3a Guerra d’indipendenza nel 1866, ritornato infine all’isola, essendo in aspettativa per “infermità temporanea non proveniente dal servizio” , vi muore il 27 dicembre 1868 alla giovane età di 41 anni.

Nicolò Susini Millelire, tre Guerre d’Indipendenza

Con Regio Decreto del 23 marzo 1862 il maddalenino Nicolò Susini Millelire fu promosso al grado di maggiore di Fanteria, raggiungendo l’apice di una carriera che nel 1866 lo vide partecipare alla Terza Guerra d’Indipendenza. Terminata la quale rientrò a La Maddalena, dove morì di malattia due anni dopo, appena 41 enne. Fu un maddalenino che combatté le tre Guerre d’Indipendenza. Partecipò infatti alla Prima, nel corpo della Cavalleria Garibaldina, nel corso della quale fu promosso sottotenente; da capitano nel 1849 accorse alla difesa della Repubblica Romana. Partecipò poi alla Seconda Guerra d’Indipendenza nel corpo garibaldino dei Cacciatori delle Alpi, nel corso della quale ricevette la medaglia d’argento al valor militare. Successivamente entrò nell’esercito regolare. Era nato all’Isola nel 1827. Nicolò Susini Millelire era fratello di Antonio Susini Millelire al quale Garibaldi, nel 1848, lasciò il comando della Legione Italiana in Montevideo prima del suo rientro in Italia.

La grazia per Nicolò Susini

Le diverse epidemie che nell’ottocento interessarono i paesi del bacino Mediterraneo resero necessaria l’adozione di cautele sanitarie dettate da rigide disposizioni che regolamentavano le quarantene, il movimento delle persone e delle merci, e l’istituzione dei lazzaretti e delle ronde sanitarie lungo i litorali. La Maddalena, grazie alla sua insularità ed al fatto di essere, unitamente a Cagliari, Alghero e Carloforte, uno dei quattro lazzaretti sardi abilitati alla quarantena, rimase sempre immune dai contagi e solo durante il colera, del 1860 subì la terribile epidemia che fece registrare numerose vittime tra la popolazione. Le norme sanitarie emanate sin dal 27 gennaio 1721 col Regolamento del Viceré Barone di di San Remy, furono ribadite col decreto viceregio del 28 novembre 1804 promulgato dal Duca del Genovese durante l’esilio dei Reali piemontesi in Sardegna e ripreso successivamente col regolamento sanitario del 21 gennaio 1835 emesso da Carlo Alberto e promulgato nell’Isola con pregone del Viceré Giuseppe Maria Montiglio il 2 luglio successivo.

Pene Severissime

Severissime erano le pene per chi violava le norme sanitarie, esse arrivavano persino a comminare la pena di morte per chi fosse clandestinamente sbarcato da una nave sospetta di contagio, per chi ne avesse consentito l’approdo e per coloro che fossero stati colti a terra nell’atto di fare segnalazioni per favorire l’avvicinamento delle navi. Chiunque poi, sbarcato da una nave senza essersi sottoposto alla visita sanitaria non si fermasse all’intimazione poteva essere “Impunemente ucciso”. E uno di questi episodi si verifico a Porto Pozzo ove un tale Mannoni fu mandato assolto dall’accusa di omicidio per aver ucciso un marinaio di una barca toscana che, sottraendosi alle pratiche sanitarie, era sceso a terra per far legna.

Sette mesi di latitanza

La vigilanza dei maddalenini fu particolarmente attenta poiché era risaputo che molti isolani si recavano clandestinamente nella vicina Corsica con la quale non erano mai cessate le sotterranee pratiche di contrabbando che a suo tempo avevano dato luogo all’occupazione militare delle isole da parte dei Sardo-Piemontesi.

A causa della rigida applicazione delle norme sanitarie, una brutta disavventura corse nell’autunno del 1828 a Nicolò Susini, vicenda che si concluse nell’estate successiva grazie all’intervento del Viceré.

L’esposizione dei fatti che procurarono al Susini ben 7 mesi di latitanza e di forzato esilio, è contenuta in una lettera supplica diretta al Viceré di Sardegna Conte Tornielli di Vergano: ” Eccellenza, Nicolò Susini dell’isola di La Maddalena col più profondo ossequio espone all’E.V. che verso la metà del settembre del 1828 prese imbarco con un legno di sua proprietà dall’Isola di Capraia per restituirsi a La Maddalena sua patria. Colto pendente in viaggio da un forte temporale, quel legno fu costretto per la violenza dei venti a prendere la direzione dell’Isola dei Cavalli altro degli isolotti che cingono il litorale di Corsica. Nel timore che quel barco avesse sofferto qualche danno si vide il rassegnante obbligato a gittar l’ancora onde passare la visita al medesimo, e fu difatti ossrvato che passava dell’acqua all’interno. Tanto da praticare la suddetta visita, quanto per farvi le precise riparazioni, dovette trattenersi qualche giorno in quell’isolotto disabitato, oltreché il tempo si mantenne non gli permise di partire. Restituitosi poi in patria da alcuni suoi emuli si fece il rapporto al Governo che il rassegnante aveva toccato l’Isolotto predetto avesse pure comunicato con la Corsica ed avesse quindi violato le leggi di Sanità“.

Il Susini, che evidentemente al suo rientro a La Maddalena non aveva denunciato il fatto di essersi trattenuto in un porto straniero e non si era quindi sottoposto alla quarantena, avrebbe rischiato nella migliore delle ipotesi cinque anni di duro carcere, oltre alla perdita della licenza di commercio e della patente di padrone marittimo.

La fuga e l’esilio

Egli, infatti, subodorato il pericolo, si affrettò a lasciare l’Isola per non incorrere nei rigori della legge. L’esposizione dei fatti così prosegue: “Non fece sul principio conto su questa voce che successivamente ebbe a spargersi e quindi ripartì per i suoi affari verso Genova, dove ebbe dei riscontri che si stavano facendo delle inquisizioni a tal oggetto, anzi, gli fu riferito che non s’attendeva che il suo ritorno per praticarne l’arresto. Questi incontri eccitarono dei timori nel rassegnante per causa dei quali si vide obbligato a trattenersi per lo spazio di 7 mesi a Genova, lontano dalla sua casa, e dai suoi affari, per cui ha dovuto subire perdite considerevoli”.

Dopo ben sette mesi di forzato esilio il Susini decise infine di affrontare la situazione recandosi a Cagliari per essere ammesso al cospetto del Viceré e da lui ottenere la grazia visto che, oltretutto, dalla sua manchevolezza non è derivato alcun danno.

A Cagliari dal Viceré

Così prosegue infatti la sua lettera: “Prese finalmente la risoluzione di presentarsi in questa Capitale dove si trova da alcuni giorni attendendo le disposizioni dell’E.V. affinché possa restituirsi i patria senza pericolo di poter all’arrivo soffrire qualche sfreggio che sarebbe l’ultimo scoppio alle brame dei suoi emoli”. Dopo questa frecciata ai suoi delatori che gli avevano procurato questa triste disavventura, il Susini così conclude: “Supplica pertanto egli l’E.V. presoin benigna considerazione quanto ci vien da esporre, lasciare quelle provvidenze che stimerà opportune perché possa l’esponente restituirsi liberamente a La Maddalena“.

Il provvedimento

In calce alla lettera troviamo il provvedimento datato dal Regio Palazzo di Cagliari il 14 luglio 1829 e sottoscritto dal Viceré Tornielli con il quale si disponeva: “Presentandosi il ricorrente in questa segreteria di stato e di guerra, onde sentire le nostre determinazioni, si prenderà in considerazione la domanda“. L’istanza del Susini trovo pieno accoglimento: fu infatti riconosciuto che l’isola da lui toccata era disabitata e che le avverse condizioni del tempo come non avevano consentito a lui di ripartire non avevano consentito ad altri di approdarvi e di avere contatti con la sua imbarcazione e col suo equipaggio. Il Susini, munito di salvacondotto, fece dunque ritorno nell’isola in barba ai suoi concorrenti delatori e fu in seguito uno dei cittadini più illustri di La Maddalena, amico di Garibaldi e per molti anni sindaco della comunità.

Giocanna Sotgiu – Co.Ri.S.Ma