Papa Ponziano
Ci sono buoni motivi per ritenere che nell’isola di Santo Stefano o in quella di Maddalena (oggi Comune di La Maddalena e Parco Nazionale di La Maddalena), tra il 232 e il 235, l’esiliato Papa Ponziano, abbia ordinato 5 vescovi, 2 preti e 6 diaconi. Alcuni di loro andarono a reggere anche alcune antiche diocesi sarde. Delle ordinazioni vescovili e presbiterali effettuate in Sardegna quasi 1700 anni fa da Papa Ponziano, riportate dal Liber Pontificalis, parla padre Danilo Scomparin, missionario della Consolata, studioso di storia delle istituzioni ecclesiastiche medievali, in un articolo pubblicato su Gallura e Anglona il 5/03/2011. Del fatto della deportazione parla il Martirologio Romano dove – ricorda Scomparin – si legge di Ponziano Papa e Ippolito presbitero i quali, “furono deportati insieme in Sardegna, dove entrambi scontarono la loro condanna e vennero coronati della corona del martirio; ambedue furono seppelliti a Roma. Ippolito nel cimitero della via Tiburtina, Ponziano invece nel cimitero di San Callisto”. Del fatto che fu deportato in Sardegna, precisamente nelle isole Bucinarie, scrive Scomparin, lo ricorda anche il Cardinale Cesare Baronio, insigne storico, il quale – riferisce sempre Scomparin – riteneva che “Papa Ponziano fu mandato in esilio, insieme al presbitero Filippo (non parla di Ippolito) da Alessandro Severo, in Sardegna, nel luogo detto Buccinaria (“urbe eiectus, in insula Sardiniam, Bucinariam cognomento relegatus); mentre si trovava il Sardegna scrisse due lettere, la prima sulla venerazione dovuta ai sacerdoti, la seconda sull’amore vicendevole. Mentre si trovava in esilio continuò il suo ministero provvedendo di vescovi, sacerdoti e diaconi le chiese locali. Soltanto un giorno dopo il ‘martirio’ di Ponziano fu eletto Antero, di origine greca, nato in Calabria, ma che si trovava in Sardegna e conduceva vita monastica o eremitica”. Del fatto che Papa Ponziano in quegli anni fosse esiliato a Maddalena (nell’isola Bucina, denominata Bucinaria dal cardinale Cesare Baronio), lo sostiene il prof. Francesco Artizzu, insegnante di Storia delle Istituzioni Giuridiche ed Economiche della Sardegna nella facoltà di Magistero dell’Università di Cagliari e vice-presidente della Deputazione di Storia Patria della Sardegna, che cita (riferendosi al Liber Pontificalis, che attinse sull’argomento dal Catalogo Liberiano), un antico manoscritto che parla di esilio “In Sardiniae insula Bucina”. Padre Danilo Scomparin nel citato articolo riferisce che “Francesco Artizzu (e altri autori dopo di lui)” identificano quale luogo della prigionia di Papa Ponziano “le isole Bucinarie che fin dal XIII secolo indicavano l’arcipelago della Maddalena”. Precisando che l’arcipelago della ‘Bucinaria’ viene anzi menzionato nel tariffario pisano dei porti fin dal 1161. A questo si aggiungono le dichiarazioni dall’archeologo di Olbia Marco Agostino Amucano (pubblicate da La Nuova Sardegna il 22 agosto 2016, a firma di Dario Budroni,) che conferma la tesi maddalenina della prigionia e martirio del Papa. Se dunque Papa Ponziano fu esiliato nell’Arcipelago di La Maddalena, in quale delle sue isole patì gli stenti dell’esilio, ordinò vescovi, preti e diaconi, in quale delle sue isole morì e poi fu sepolto per oltre 15 anni, prima che le sue ossa venissero traslate a Roma? Si è spesso detto e scritto che potesse trattarsi dell’isola di Santo Stefano. E probabilmente è così. Anche se lo studioso maddalenino Renzo de Martino, in un suo intervento di qualche tempo sul settimanale di La Maddalena Il Vento, sostenne che “Santo Stefano era anticamente chiamata Bèrtula (Tabula Peuntigeriana) e, poi, Sancto Stefano (Compasso de Navigare), mentre la Bucina dei documenti verosimilmente dovrebbe riferirsi soltanto alla Maddalena”. Sono dunque molti gli studiosi che ritengono che fu a La Maddalena, più precisamente a Santo Stefano (o nell’isola di Maddalena), che Papa Ponziano venne imprigionato e lì morì di stenti nell’anno 235. Un’ulteriore conferma è giunta dall’archeologo Marco Agostino Amucano che in una intervista pubblicata dalla Nuova Sardegna del 22 agosto 2016, a firma di Dario Budroni, ha confermato ciò che era da molti sostenuto, sebbene recentemente una parrocchia di Olbia sia stata intitolata proprio a San Ponziano, in virtù di un ritenuto suo imprigionamento e martirio nell’isoletta di Molara. Amucano, che è uno stimato archeologo di Olbia, e grande studioso dell’isola di Molara, dopo aver sostenuto su che “la scienza è scienza e per quanto io sia un cattolico convinto, il mio approccio mi obbliga a ragionare sulle fonti”, ha ricordato che l’individuazione dell’isola di deportazione, data dal Liber Pontificalis, è la Sardegna e in particolare la “insula Bucina”. Come Buxinariis, nel Medioevo veniva indicata la zona dell’arcipelago maddalenino. “E considerato che La Maddalena e Caprera dimostrano la presenza di insediamenti e cimiteri di epoca romana”, ha affermato Amucano, “anche io come altri vedrei in questa zona l’esilio drammatico di Ponziano”. Una certa tradizione che lo vorrebbe invece martire a Molara, ha spiegato Amucano, è legata alla presenza, lì, di un rudere di chiesetta che faceva parte di un piccolo monastero duecentesco femminile. Le religiose avrebbero intitolato la chiesetta a San Ponziano solo per la loro condizione e scelta di isolamento. Di lì l’equivoco storico. Se dunque Papa Ponziano subì il martirio e morì alla Maddalena negli anni attorno al 235 (più probabilmente a Santo Stefano piuttosto che nell’isola madre dell’Arcipelago) perché dunque si è formata un’errata tradizione che lo vorrebbe martirizzato vicino Olbia, nell’isoletta di Molara? Scrive nel già citato articolo di Gallura e Anglona (dal titolo: Papa Ponziano deportato in Sardegna, del 5-03-2011), padre Danilo Scomparin, che tutti gli autori fino alla fine dell’Ottocento identificavano l’isola di Bucina (sebbene l’arcipelago della Bucina venisse menzionato distinto rispetto a Civita-Olbia nel Tariffario Pisano dei Porti nel 1161, 1283 e 1281, come risulta dal libro di C. Zedda, Le città della Gallura Medievale, Cagliari 2003, pagina 74), con l’isola di Tavolara o con l’isola di Molara e soltanto nel Novecento si cominciò a identificarla con un’isola dell’arcipelago della Maddalena? La risposta, crediamo, sia, oltre che nei toponimi, anche nella logica storica. Quando si cominciò a studiare e a scrivere in maniera non sporadica della storia dell’arcipelago della Maddalena? A parte pochi riferimenti, episodici e spesso indiretti, fu solo nel 1907 che venne pubblicato, per la prima volta, un libro organico sulla storia della Maddalena, a cura di Aristide Garelli. E fu allora che, dal punto di vista della “storia scritta”, La Maddalena cominciò a entrare “nella storia”. Fino ad allora, in un arco temporale lunghissimo, queste isole furono solo di tanto in tanto menzionate e quindi ebbero una “storia” così frammentata che specialmente coloro che per primi cominciarono a scriverla organicamente andarono incontro a molte difficoltà. Secoli e secoli bui, rischiarati solo raramente da piccoli fari sparpagliati qua e là nella lunga sequenza di avvenimenti di questo angolo di Mediterraneo, comportò inevitabilmente il non formarsi di alcuna tradizione orale né tanto meno scritta, a tramandare cioè che in queste isole maggiori maddalenine abbia vissuto da prigioniero, per qualche anno, un Papa di Roma. E ciò avvenne per il semplice motivo che queste isole fossero sostanzialmente disabitate, desolatamente disabitate. Sono le pietre avrebbero potuto conservare qualche memoria come ad esempio la tomba – provvisoria – del Papa, magari con una scritta in latino, cosa che se anche qualcuno avesse realizzato, certamente non con caratteri monumentali, dopo oltre una decina di secoli sarebbe facilmente scomparsa. Cosa invece diversa fu per Olbia. Scrisse nel 1975 lo studioso Antonio Frau che “l’importanza della vicina città, oggi Olbia, divenuta nel Medioevo sede vescovile e centro fervido di apostolato religioso, sottrasse all’isola della Maddalena il nome romano di Bucina, che fu identificata con l’isola di Tavolara o Molara, e sottrasse anche, contemporaneamente, il culto del martirio dei due santi”. Frau si riferisce infatti al fatto che oltre a Papa Ponziano fu deportato anche il sacerdote Ippolito. “Gli assertori della tesi di Tavolara”, sostenne ancora nel 1975 lo studioso Antonio Frau, “la giustificano derivandola dalla tradizione orale diffusa tra i sardi della costa; ma quest’ultima è sorta in epoca relativamente recente, in seno alla comunità cristiana dell’antica Civita. In realtà, l’unico elemento a nostra disposizione per poter indicare l’antico luogo di deportazione è quello linguistico. Infatti nella toponomastica delle coste sarde i soli termini che abbiano una correlazione fonetica con Bucina sono: il canale della Bucinara e l’arcipelago delle Buccinare. Queste denominazioni sono riportate nelle carte nautiche e nei portolani medievali, e sono riferite al canale della Maddalena, la seconda all’arcipelago maddalenino”. A questa considerazioni di Antonio Frau ne aggiungiamo della altre. Quando i Romani occuparono la Sardegna nell’anno 238, Olbia divenne centro commerciale e base navale militare. Lo fu anche l’isola di Maddalena e probabilmente anche una delle tre isole che oggi s’affacciano sul Porto della Madonna, forse Budelli, come alcuni ritrovamenti archeologici confermerebbero. Del resto, una potenza navale come Roma come non poteva non controllare le strategiche Bocche di Bonifacio dalle isole ad esse più vicine? E certamente un presidio dovette esserci anche a Santo Stefano, anche consistente se lì c’erano dei prigionieri anche importanti. Nell’anno 304, sotto il regno di Diocleziano ci fu a Olbia il martirio di San Simplicio. In quei secoli e in quelli successivi certamente la memoria storica dimenticò che nelle non lontanissime isole vicine alle Bocche di Bonifacio un Papa subì il martirio, anzi è da ritenere che le stesse autorità romane ne cancellarono memoria e tracce, essendo stata proprio Roma a imprigionare Papa Ponziano e ridurlo alla morte. Passati i romani e caduto nell’oblio, l’Arcipelago riprese un po’ di vita con i piccoli monasteri benedettini dei primi secoli dell’anno mille, dei quali si ha pochissima memoria e documentazione. Olbia invece, sebbene ridotta, ebbe una vita nel periodo bizantino fino agli attacchi dei vandali. Olbia-Civita la ritroviamo rifiorente nel periodo giudicale quando divenne centro del potere religioso e civile del giudicato gallurese. E fu sede di Diocesi… fatto non marginale anche per la “nostra” storia. La basilica di San Simpliciofu edificata agli inizi del XII secolo. Poi per Olbia ci fu di nuovo il declino che portò nel 1568 all’accorpamento della sede vescovile prima a Castelsardo, con denominazione “Civita e Ampurias” e poi alla soppressione del 1839, con la nascita della Diocesi di Tempio e Ampurias. Agli inizi dell’Ottocento Olbia-Terranova contava circa 2000 abitanti, più o meno come La Maddalena, che era nata ufficialmente, dopo secoli bui, nel 1767. L’excursus l’abbiamo fatto per mettere in evidenza che la memoria della prigionia di Papa Ponziano non poteva essersi mantenuta in quei lunghi e bui secoli in un arcipelago sostanzialmente disabitato, mentre lo poteva essere certamente in una località che, bene o male, aveva mantenuto una certa importanza e soprattutto era stata sede di Diocesi. Non si poteva in quella Diocesi non ricordare che in quello stesso territorio (le isole dell’Arcipelago ne facevano parte) fosse stato martirizzato un Papa, in isole un po’ lontane da Olbia, che nell’approssimativo senso della geografia di quei secoli potevano facilmente scambiarsi: quelle più lontane di Santo Stefano e Maddalena con quelle più vicine di Tavolara e Molara. E ancor di più poteva ingenerare confusione il fatto che Santo Stefano sia isola vicina e più piccola rispetto a Maddalena, così come Molara è vicina e più piccola rispetto a Tavolara. A questo aggiungiamo, come riferisce l’archeologo Marco Agostino Amucano (articolo della Nuova Sardegna del 22 agosto 2016 a firma di Dario Budroni), che una certa tradizione olbiese del martirio di Ponziano a Molara risalirebbe alla presenza in quell’isoletta di un rudere di chiesetta, che faceva parte piccolo monastero duecentesco femminile, e che le religiose avrebbero intitolato la loro chiesetta a San Ponziano, non perché ritenessero che lì fosse stato martirizzato ma solo per analogia tra la sua e la loro condizione di isolamento. D’altra parte, se Ponziano fosse stato martirizzato a Molare, possibile che lì, essendo stata Olbia sede di Diocesi, nessuno nei secoli lontani abbia posto un “segno”, mai, ci risulta, ritrovato?
C. Ronchi
Ponziano si ritiene che fosse nato a Roma verso la fine del II secolo. Fu papa dal 21 luglio 230 (o 231) al 28 settembre 235. Morì il 30 ottobre dello stesso anno nell’isola dove era stato esiliato. La traslazione a Roma avvenne probabilmente tra il 244 e il 249 sotto l’imperatore romano Filippo l’Arabo.