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Nomi di guerra e soprannomi

La storia del soprannome, come del nome in generale, è dedalea, labirintica. L’intreccio semantico e etimologico, che essa sottende, preclude o rende difficoltosa anche l’esplorazione più puntigliosa se non supportata da adeguati mezzi linguistici. E’ una storia – dice Edoardo Sanguineti – di incarnazioni tra persone e figure, poiché, diciamolo in epigramma, il romanzo dell’antroponimia culturale è un interminabile favola di metempsicosi onomastiche, e la storia dell’uomo è una storia di sterminate omonimie.

La difficoltà di interpretare i nomi vale, naturalmente, anche per i soprannomi, in particolare per quelli che riflettono una collocazione meramente espressiva o un “simbolismo fonologico”: si vedano, ad esempio, nel dialetto maddalenino, i vari Pallallà, Pincicò, Todde Piffe, Trionfodda ecc.. L’espressività onomastica ha una forza di rappresentazione che tende alla suggestione fonica e all’effetto emozionale.

Nomi di Guerra

I nomi di guerra o di battaglia sono soprannomi usati nel tempo, ed anche recentemente, tra i soldati di ventura, mercenari, guerriglieri, cospiratori, partigiani, ma soprattutto tra i marinai della Marina Sarda, nella quale era consuetudine per tutti gli imbarcati. Spesso sostituivano il nome vero per impedire l’identificazione in caso di cattura, ma più in generale per evitare l’eventuale omonimia non infrequente nelle piccole comunità, piuttosto chiuse e autarchiche. Con la fusione della Marina napoletana, pontificia, toscana con la Marina Sarda, il nome di guerra fu sostituito dal numero di matricola.

La denotazione di questi nomi è talvolta ideologizzante, eroica e sociologica: ad esempio Cleòmbroto, com’era designato Garibaldi sulla nave Euridice, ricorda due Re dell’antica Sparta e significa “di fama immortale o sublime” (dal gr. kléos, fama, e àmbrotos, divino, immortale, sublime).

Molto rari gli uomini che non “somigliano” al loro nome e cognome. Molto rari gli uomini il cui destino non è scritto nel loro nome e prescritto nel loro cognome. Ma più spesso l’alienazione espressiva o mitologica produce, ad effetto, la trasposizione di senso o la deformazione di suono in modo canzonatorio o negativamente allusivo (Zampiano: da Zampa’? – Venere! – Mambrì, mambrino o, più recentemente, Mamberti).

Poiché il personale della Regia Marina sarda proveniva dalla Liguria e dalla Maddalena, i nomi di guerra di quel periodo sono tutti originari di queste località.

Era ligure, ad esempio, precisamente di Genova, il marinaio Giacinto Roliro, soprannominato Roja, morto l’8 maggio 1840 sulla fregata La Regina, comandata dal maddalenino G. B. Albini nel suo viaggio di circumnavigazione; era ligure Revinto, nome di guerra del marinaio Stefano Raggio, di Chiavari, che – come riferisce l’Albini, allora comandante della corvetta Aquila nella crociera del 1853 – disertò a Montevideo assieme agli isolani Leggero e Moscardino, e altri liguri (Macabeo, Periandro ecc.). Questo Leggero è il leggendario Maggiore, protagonista di tante azioni eroiche al seguito di Garibaldi, cosiddetto – sembra – per la sua agilità e sveltezza.

Moltissimi, oltre a quelli succitati, i maddalenini, dei quali diamo un elenco per altro incompleto:

Battiloru: Agostino Bargone.

Bazzò (?): Gli Olivieri sin dal 1800 hanno portato questo soprannome (forse di guerra), che si è conservato per tutti i discendenti. Il soprannome compare negli atti processuali della lite tra i Berretta e i Webber.

Brasile: Michele Tosto, imbarcato nel 1830 sulla nave Euridice con Garibaldi.

Cissia: Giuseppe Cuneo. (il Comune gli ha dedicato una piccola via).

Cloro: Antonio Cuneo, marinaio dotato di forza straordinaria (Si racconta che, una volta, con un pugno abbatté un toro).

Costante: Giuseppe Tosto.

Debonnefois: Domenico Millelire, nome augurale e appropriato.

Fodriyant: Tommaso Tosto.

Grillo: Domenico Tosto (timoniere), la moglie era nota come Mammona Grilla.

Mambrì, Mambrinu: Battista Millelire (lo stesso soprannome aveva un suo discendente, un prete che fu poi trasferito e divenne parroco di Baunei).

Parrucchià: Domenico Polverini.

Siminati: Domenico Susini.

Summara: Battista Solari.

Tagai: Giovanni Battista Zicavo.

Tanetti: Giacomo Serra.

Venere: Giuseppe Volpe.

Zambiccara: Battista Zonza, cosi detto perché attendente dell’ufficiale Zambeccari.

Zampianu: Giovanni Zicavo (il Comune gli ha dedicato una piccola via).

Zebù: Lorenzo Zicavo (anche lui, come per Cloro, si dice che fosse forzuto e dal pugno potente). Una piazzetta nei pressi della chiesa parrocchiale porta il suo nome).

Soprannomi isolani

In una società chiusa e ristretta come quella maddalenina, soprattutto agli inizi della sua singolare storia, anche tra la gente comune il soprannome (stràu), pur col suo peso burlesco o caricaturalmente allusivo, era a suo modo un segno di distinzione per superare la ripetizione omologante determinata dalla rete delle parentele, soprattutto per gli intrecci conseguenti ai matrimoni tra membri delle stese famiglie, e dalla trasmissione onomastica legata alla tradizione. Si pensi a tutti i Millelire, gli Ornano, Fienga, Polverino, Avigià, Zonza, Susini e Coliolo ecc. che incontriamo nella nostra storia o nelle aride pagine dei registri anagrafici. Straordinario è il caso del villaggio di Chera nel territorio del Sartenese (Corsica). Qui l’artistica lapide affissa come “pieux hommage” ai caduti della guerra 1914-1918 riporta, in tutto, 14 nominativi di “morts glorieux”: tutti hanno il cognome Culioli; più sotto, per la guerra 1870-1871 e stato aggiunto in nome di un solo caduto: Culioli Jean Baptiste. Accanto a questa lapide n’è stata collocata, alla fine dell’ultimo conflitto, per la guerra0 1939.1945, una più nuda, semplicemente squadrata, con incisi due nomi: entrambi naturalmente, Culioli. L’origine di questo cognome come anche dal maddalenino Coliolo è dal toponimo Cugliolu.

Per altro lo (stràu) (gallur. idem, dal logudorese stragu, ingiuria) epiteto di per sé molto spesso offensivo e denigratorio, perde con l’uso la sua carica negativa per assumere una connotazione giocosa, affettiva, bonariamente caratterizzante, o semplicemente neutra.

Un tempo anche in Gallura si usava comunemente il soprannome che si estendeva quasi sempre a tutti i componenti della famiglia (come da noi Rachela, Bazzò, Tarantarà, Sette Otto ecc.), e spesso, se capitava di sentire il cognome vero, non si sapeva di chi propriamente si trattasse, anche se persona vicina.

L’uso continuo del soprannome e la trasmissione generazionale ha determinato il fenomeno frequentissimo della cognominizzazione; soprannome ch’è spesso è diventato anche toponimo. Un esempio: Barabò, la zona lungo la Via Indipendenza tra Villa Bianca e Moneta. L’area ora adibita a maneggio, prima di passare ai Grondona, attuali proprietari, era posseduta da Giovanni Barnaba Ghiaddoni (forma dialettale di Galloni; cfr. gall. Ghjaddhu, Ghjaddhina < ‘gallo’, ‘gallina’), documentato nel registro battesimale della Parrocchia il 10 giugno 1799, quando questi fa battezzare il figlioletto: più avanti l’indicazione tout court passa a Giovanni Barrabò, che evidentemente deriva da Barnaba, variante Barnabò e Bàrnabo. Questo cognome apparirà in seguito stabilizzato, dato che un Vincenzo Galloni, (Ghiadoni?) Barabò, come Riferisce Giovanna Sotgiu, morì annegato nel gennaio del 1791.

Tra gli innumerevoli soprannomi maddalenini elenchiamo, qui di seguito, i più caratteristici e significativi, ma ne tralasciamo tanti altri notevoli per espressività ma di difficile interpretazione.
E’ il destino dei nomi, non solo dei soprannomi.

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