Passeggiate nelle isole della Corsica e della Sardegna di Thomas Forester
L’isola più grande dell’arcipelago sardo è La Maddalena. Al contrario di Porto Longone, zona povera, la città di La Maddalena e l’omonimo porto sono molto frequentati, sia come collegamento sia per gli scambi commerciali tra Corsica e Sardegna.
La nostra rotta quindi si diresse verso quest’ultimo approdo, benché la distanza da spiaggia a spiaggia sia doppia. La Maddalena, o Insula Ilva o Phintonis dei Romani, ha una circonferenza di circa undici miglia. All’incirca sino ad un secolo fa era abitata e frequentata unicamente da pastori corsi che conducevano vita nomade. Dai loro costanti traffici fra Corsica e Sardegna e in merito ai matrimoni avvenuti fra i nativi di entrambe le isole, si formò una razza mista che si è distinta come ilvese, e tale è ancora considerata.
La città è stata fondata solo a partire dal 1767: fra i primi residenti vi furono alcuni rifugiati corsi; poi per il suo ottimo porto, per la sua salubrità e la convenienza degli scambi commerciali con l’Italia, divenne rapidamente un luogo di considerevole popolazione e commercio.
Baie e canali frequentati dalle navi si trovano anche nelle isolette sparse vicino a La Maddalena. La nostra rotta, partendo da nord-ovest, ci condusse attraverso uno stretto fra la principale isola di Sardegna e le isole di Sparagi (Spargi, n.d.c.), La Maddalena e Caprera, che offrono un panorama di tutti i punti di interesse del rinomatissimo porto, quasi chiuso dall’isoletta rocciosa di Santo Stefano, famosa per essere stata teatro della violenta sconfitta subita da Napoleone all’esordio della sua carriera densa di successi: ora quest’isola è difesa da una fortezza.
Più a sud, nella Sardegna, entrando dal golfo di Arzachena, si erge un picco chiamato Capo d’Orso poiché il masso di granito presenta le fattezze di un orso sdraiato sulle zampe posteriori: 1.400 anni fa attirò l’attenzione anche di Tolomeo.
L’isola di Caprera ‒ che probabilmente ha preso il nome dalle capre selvatiche che sino a poco tempo fa erano le sole ad abitarla ‒ presenta una catena di ripide montagne che si innalzano al centro in una punta di circa 750 piedi di altitudine chiamata Tagiolona (Tejalone, n.d.c.); vi sono inoltre alcune piccole radure e, a ovest, qualche campo coltivato.
Riparato da Caprera, La Maddalena e Santo Stefano troviamo lo scalo di Mezzo Schifo; la città di La Maddalena, verso la quale ci stavamo dirigendo, è situata a circa mezzo miglio a sud-ovest dell’ancoraggio. Questo porto, ribattezzato da Lord Nelson “Agincourt Sound”,” fu il suo quartier generale durante l’assedio a Tolone, dal 1803 al 1805.
L’ammiraglio gli assegnava il più alto valore come stazione navale, perché offre un rifugio sicuro e riparato e vi si può entrare e uscire con qualsiasi vento. Sia la sua corrispondenza pubblica che quella privata relativa a quel periodo, testimonia l’importanza che egli attribuiva al suo possesso, e l’ansietà con cui voleva assicurarlo in modo permanente alla Corona inglese.
«Se noi potessimo entrare in possesso dell’isola di Sardegna ‒ scrisse in una lettera a Lord Hobart ‒ non avremmo bisogno né di Malta né di qualsiasi altra isola del Mediterraneo. Questa è migliore di tutte, possiede porti adatti all’arsenale con la possibilità di tenere le nostre navi a meno di ventiquattr’ore di navigazione da Tolone, ha insenature per ancorare la nostra flotta, e controlla sia l’Italia che Tolone».
In un’altra lettera dice: «Che magnifico rifugio offrono queste isole! il mondo non può fornirne uno migliore. Per la sua posizione vale cinquanta Malte». Trovai questa sua opinione ribadita in diversi modi, ma sempre con l’energica espressione che lo caratterizzava […].
Il nostro marinaio ci indicò il canale nel quale Nelson teneva la sua flotta, quando per due anni guardava l’oggetto delle sue speranze e giurava che le avrebbe realizzate, se la flotta francese avesse preso il mare. Questo canale orientale, di cui la piccola isola di Bisce ne è il punto estremo, è il più pericoloso a causa delle rocce sommerse e del passaggio troppo stretto. Eppure Nelson lo perlustrò all’imbrunire, nel mezzo di una tempesta, scampando miracolosamente tutti i pericoli. Il nostro barcaiolo ci indicò tutto ciò con vivo interesse, sia per la fama di Nelson che per le sue gesta eroiche, ancora oggetto di comune conversazione fra la gente di mare di La Maddalena.
Il 19 gennaio 1805 la fregata di controllo segnalò all’ammiraglio che la flotta francese aveva preso il mare. In quel periodo a bordo delle numerose navi ancorate c’era molta vivacità: balli, rappresentazioni teatrali, altri divertimenti. Quel giorno erano in corso i preparativi per gli intrattenimenti serali, quando furono ravvisati segni di agitazione nel porto nemico. Non appena questi segnali vennero confermati, la reazione a bordo della “Victory” si manifestò nell’ordine di «salpare immediatamente».
È facile immaginare le scene di eccitazione e di confusione suscitate dall’immediata partenza e dalla conseguente interruzione dei festeggiamenti. Nonostante la sera fosse fosca e scura, l’ordine improvviso fu eguagliato dalla destrezza e dal coraggio con cui venne eseguito.
Nello stretto canale poteva passare una sola nave per volta, ognuna guidata unicamente dalle luci posteriori del vascello che la precedeva: alle sette precise l’intera flotta era completamente fuori, e rivolgendo un lungo addio a La Maddalena si diresse verso sud, alla caccia della flotta francese.
Lo spirito intrepido e determinato dimostrato da Nelson in questa occasione fu oggetto di particolare elogio alla Camera dei Lords per bocca del duca di Clarence. Egli definì l’operato di Nelson la più grande dimostrazione del suo risoluto coraggio e costante impegno.
Così, come prima avevamo avvistato la Corsica, adesso scorgevamo la Sardegna: ricordando alcune delle audaci imprese del nostro eroe navale.
La Maddalena suscita ancora grande interesse per aver respinto l’attacco di Napoleone, e averlo indotto ad una precipitosa ritirata dal suo primo campo di battaglia.
Il giovane soldato, dopo aver presidiato per alcuni mesi la guarnigione di Bonifacio, fu aggregato, per ordine di Pasquale Paoli, alla spedizione che salpò dalla città nel febbraio del 1793 per recarsi a La Maddalena. Egli agiva come comandante in seconda delle forze di artiglieria, essendo l’intero esercito sotto il comando del generale Colonna-Cesari. Nel corso della notte un corpo armato fu collocato nell’isola di Santo Stefano; questo all’ordine di Bonaparte sferrò un pesante attacco, con intensi bombardamenti sulla città e le sue fortezze difese da una guarnigione di 500 uomini che risposero al fuoco con identico furore.
Di fronte, sulla spiaggia della Gallura, erano allineati i prodi montanari che, dopo aver disalberato e condotto dal golfo di Arzachena una fregata francese, si imbarcarono a Palau e attaccarono Santo Stefano. Il loro assalto fu così vigoroso da indurre Napoleone ad una precipitosa ritirata dall’isola, portandosi dietro pochi uomini e lasciandovi 200 prigionieri con tutta l’artiglieria e le munizioni. Nel passare fra le altre isole i fuggiaschi furono attaccati da alcuni galluresi nascosti nei pressi del Capo della Caprera, che fecero grande strage fra le file nemiche grazie alla precisione dei loro colpi.
Mister Tyndale afferma che molti corsi e ilvesi testimoni dell’attacco erano ancora vivi quando egli visitò La Maddalena, e gli raccontarono alcuni fatti. La storia seguente gli venne raccontata da un vecchio veterano che ne era stato testimone: «Bonaparte sorvegliava l’attacco e ne guardava gli effetti col suo telescopio quando, osservando la popolazione di La Maddalena che andava a messa, gridò: Voglio tirare alla chiesa, per far fuggire le donne.
Quando presiedeva Bonifacio come luogotenente d’artiglieria si esercitava ogni mattina con mortai e fucili, dimostrando grande precisione.
In quel frangente non ebbe meno successo poiché il proiettile entrò nella chiesa dalla finestra e cadde ai piedi della statua di N.S. della Maddalena; ma, al suo cospetto, evitò di esplodere. Questo miracoloso esempio di religioso rispetto ebbe il suo peso fra i fedeli dell’isola, che raccolsero il proiettile e lo conservarono a lungo fra le sacre reliquie della città.
Il vero motivo dell’innocuità dei proiettili fu però presto individuato: Napoleone continuò a bombardare ma, rendendosi conto che i colpi benché cadessero dove li indirizzava non sortivano alcun effetto, ne esaminò alcuni e scoprì che erano stati riempiti di sabbia. Amici ‒ esclamò fremendo d’indignazione ‒ eccolo il tradimento.
Le truppe, che avevano patito troppo i bombardamenti da La Maddalena, immaginando che il tradimento fosse opera del generale Cesari, lo avrebbero messo alla lanterna se non avesse trovato scampo a bordo di una fregata».
In realtà si dice che Paoli, riluttante ad obbedire agli ordini della convenzione francese di sovrintendere alla spedizione contro la Sardegna, consegnò il comando a Colonna-Cesari, suo intimo amico, con istruzioni per assicurarne il fallimento, poiché considerava la Sardegna naturale alleata della sua isola. Comunque sia, la faccenda finì con la ritirata del generale e quel che restava delle sue forze, dopo aver scagliato da Santo Stefano contro La Maddalena cinquecento palle di cannone e cinquemila pallottole senza ottenere grandi risultati.
Arrivati al porto trovammo ancorato un piroscafo da guerra sardo e dieci o dodici piccolissimi vascelli impiegati nel commercio con la Corsica, Livorno e Marsiglia. Appartengono al porto circa venti vascelli di questa classe, mentre altri duecento o trecento, in particolare genovesi, lo frequentano, per una stazza complessiva di circa cinquemila “tons”. Oltre questo commercio legale, gli ilvesi praticano un prospero commercio di contrabbando, avvantaggiato dalle innumerevoli insenature e baie dislocate lungo le coste rocciose. Sono per natura un popolo marinaro, al contrario dei sardi che disdegnano le occupazioni marine.
La banchina che circonda il porto di La Maddalena è spaziosa, e la città, che si estende sul fianco di una collina, appare ordinata. Si dice che sia anche salubre, ed è la più pulita fra le città sarde che abbiamo visto.
All’hotel “Della Santa” l’alloggio è discreto. Immagino comunque che la ricezione di un ospite straniero sia un’occorrenza abbastanza rara poiché il cibo, fornito dalle risorse dell’isola, appariva insufficiente: avremmo mangiato male se un ufficiale inglese, da tempo stabilitosi a La Maddalena, non avesse contribuito sostanziosamente al nostro ristoro in aggiunta alla sua ospitalità.
Il nome del capitano Roberts R.N. è di dominio pubblico, ben noto a tutti i visitatori come fra i sardi. Posso testimoniare dell’alta stima che riscuoteva per la sua gentilezza e il suo genio di vecchio marinaio. A La Maddalena la sua perdita provocherebbe un vuoto difficilmente colmabile. Fui felice di apprendere, durante il mio ultimo viaggio in Sardegna, che la sua salute era migliorata. Credo che nei dintorni di La Maddalena risiedano parecchi inglesi, così come nell’intera isola della Sardegna, ma se realmente ci fosse qualcuno a cui far visita, noi non lo venimmo a sapere. I visitatori inglesi sono principalmente ufficiali e cacciatori in escursione da Malta.
Facemmo una piacevolissima passeggiata lungo i confini di una villa di un colono australiano, che dopo aver vagabondato attraverso il mondo sembrava apparentemente soddisfatto di vivere in una piccola fattoria sul pendio di una vallata, a un miglio o due dalla città. Doveva essere molto felice qui un uomo appassionato di agricoltura, con un simile clima e la possibilità di coltivare numerosissimi vegetali, frutti e fiori. L’irrigazione era fornita da un pozzo provvisto di una rudimentale attrezzatura per attingere l’acqua, come in ogni paese. Con questa opportunità i campi erano già stati lavorati per il raccolto primaverile, o meglio invernale, poiché appariva molto precoce e più verde e rigoglioso di qualsiasi altro avessi visto. Cavolfiori e piselli erano delle primizie; questi ultimi in realtà crescevano anche spontaneamente nei dintorni.
Mentre tutto ciò portò la nostra immaginazione agli ultimi giorni della primavera inglese, le siepi di ficodindia testimoniavano l’aridità del suolo e l’ardore del clima. Eravamo molto sensibili a questo aspetto climatico, benché novembre fosse già iniziato.
Ci venne indicato un cottage occupato ‒ dissero ‒ da un botanico inglese; un’altra famiglia inglese aveva dimorato per qualche tempo nella solitudine dell’isola di Caprera, apportandovi grandi migliorie fondiarie. Tutti parlavano in particolare del bellissimo giardino di una certa signora C.(Collins) e su di lei raccontavano un aneddoto che penso rispecchi una caratteristica sia del sentimento inglese che di quello sardo. In alcune occasioni in cui il re aveva visitato La Maddalena, alla signora C. furono richiesti dei fiori per la cerimonia che si doveva apprestare in onore dei regali visitatori. Dicono che lei abbia risposto: «Io coltivo i fiori per mio piacere personale ‒ pour m’amuser ‒ non per ingraziarmi la corte. Se Sua Maestà desidera vederli dovrà venire a Caprera». Non posso garantire la veridicità dell’episodio, benché fosse in ogni bocca. Ciò che trovavo più divertente era che gli isolani lo consideravano una sincera manifestazione dello spirito d’indipendenza inglese, che condividevano pienamente.
La chiesa principale di La Maddalena, dedicata a Santa Maria Maddalena, ha una nitida struttura in granito e marmo. Le decorazioni sono meno appariscenti di quelle che si notano solitamente.
Gli ornamenti di maggior pregio sono due massicci candelabri e un crocefisso, il tutto in argento, doni di Nelson come ringraziamento per la gentilezza e l’ospitalità ricevuta dagli isolani quando era ancorato nel porto con la sua flotta.
Sul piedistallo dei candelabri sono incise le armi di Nelson di Bronte, con la seguente iscrizione: VICE COMES NELSON NILI DUX BRONTIS ECCE. STE MAGDALE INSE ST MAGDALE D.D.D.
Dicono che quando la città ringraziò pubblicamente l’ammiraglio per la donazione egli rispose: «Questi piccoli doni sono niente, aspettate che colga i francesi fuori dal loro porto. Se proveranno ad uscire sono certo di catturarli, e vi prometto di darvi il valore di una delle loro fregate per costruirvi una chiesa. Vi chiedo solo di pregare la Santissima Madonna che la flotta francese lasci Tolone, pregatela per questo e io mi impegnerò a fare il resto».
Sbarcammo a La Maddalena per l’anniversario del primo approdo di Nelson nel porto, avvenuto esattamente cinquant’anni addietro. Nel mentre ricostruivamo la sua carriera fra le isole del Mediterraneo, i ricordi di quegli avvenimenti affollavano la nostra mente. In mezzo secolo che cambiamento, come mutano gli eventi!
Era la vigilia della festa di Ognissanti (1 novembre) osservata devotamente, come quella dei morti del giorno seguente, in tutti i paesi cattolici. Dall’alba sino alle dieci di notte le campane di Santa Maddalena suonarono incessantemente e la chiesa era continuamente affollata di gente assorta in pia e affettuosa devozione in memoria dei propri cari, secondo i riti della Chiesa Romana. Quanto era penetrante il tono cupo del De Profundis, eseguito da buoni suonatori! e quale circostanza poteva essere più toccante di questa periodica commemorazione dei defunti? Non c’era niente che potesse meglio armonizzare con i migliori sentimenti della natura umana. E di tutti i dogmi delle autorevoli Scritture rigettati dalla Riforma ecclesiastica, non ne conosco nessuno che abbia meno pretese ‒ o che sia meno dannoso e coinvolga sia il clero che i laici ‒ di questo, che rende l’occasionale commemorazione dei defunti propizia per i peccati commessi in vita.
La solenne cerimonia attirava fuori dalle case tutte le donne di La Maddalena, forse mai viste in miglior luce, con un costume di seta nera indossato per l’occasione, e il manto genovese di Bianca Mussola trasparente appuntato sulla testa, che cadeva con grazia sulle spalle.
Londra 1858 – 1861