Problemi economici
Il comune di La Maddalena è stato, in certi periodi, fra quelli più riottosi all’apertura delle scuole per reali problemi di bilancio difficilmente sanabili. Per il primo anno di applicazione del regolamento, il 1824, riuscì ad ottenere dal governo viceregio il permesso di introdurre una tassa ad uso comunale su grano e vino importati; ma con questi proventi non riusciva a sopperire a tutte le spese e quindi provò ancora a richiedere, inutilmente, il permesso di istituire piccole gabelle. In effetti il comune avrebbe dovuto provcurarsi i fondi attraverso esazioni dirette sui cittadini abbienti, non con dazi sulle importazioni che, a parere della Giunta Patrimoniale, sarebbero ricaduti sui consumatori più poveri.
Diversi sacerdoti si alternarono come precettori alla Maddalena, raramente portando a termine pacificamente il loro periodo di contratto: l’unica eccezione è rappresentata dal sacerdote Mamia Addis (precettore dal 1832 al 1841) che, essendo viceparroco, poteva accumulare le rendite dei due incarichi per vivere dignitosamente. Ma prima di lui le polemiche furono a volte accanite.
Nel 1828, in occasione di una assenza del precettore padre Psidali, il Consiglio aveva contattato il frate Eugenio Cascioni, dei Minori Osservanti di Tempio; in un primo momento, ci fu l’opposizione del padre superiore che vedeva nella disponibilità dei frati ad accettare l’incarico da precettore, il desiderio di sfuggire alle regole conventuali “gli indisciplinati e quei tutti che malamente soffrono il rigore della professata regola vanno in traccia di appoggi che li facciano vivere lontano dal chiostro“; ma l’opposizione più violenta venne proprio dal designato precettore che, saputo che il consiglio comunitativo voleva che adempisse anche alle funzioni di vicepparroco, chiese prima un supplemento di 25 scudi, accusando poi presso l’intendente provinciale il parroco di La Maddalena, Biancareddu, di connivenza col consiglio per proteggere un suo parente, fra Bonaventura Maxoni. Dalla corrispondenza intercorsa in questo proposito veniamo a sapere che questo personaggio non pareva all’intendente meritevole di benché minimo interessamento, visti i precedenti dei quali il funzionario era a conoscenza: gli risultava infatti che nella portineria del convento di Sorso del quale Maxoni era guardiano, si era trovata una grande quantità di tabacco di contrabbando. Così, concludeva l’intendente, a La Maddalena “invece di diminuire gli sfrosi si aumenterebbero dal padre Maxoni“.
In tale situazione di polemica la scuola restava chiusa con “beneficio” economico (non certo culturale) del comune, finché l’intendente non intervenne con forza decidendo la riapertura delle lezioni e dando l’incarico di precettore ad un giovane suddiacono maddalenino, Silvestro Zicavo. La visita ufficiale, attuata dopo qualche giorno, lo soddisfaceva della scelta: c’erano 90 alunni che apparivano ben preparati; 8 o 9 erano addirittura meritevoli di premi (poveri per la verità), consistenti in fazzoletti e libretti. Grande e entusiastica era stata la partecipazione popolare della gente che gridava “viva il re”.
Toni ancora più soddisfatti appaiono nella relazione di fine anno dello stesso intendente, che metteva in evidenza il miglioramento degli allievi, la premiazione per alcuni di loro dinanzi ai genitori felici in un aula in cui troneggiava un quadro ordinato da lui, a spese del comune e realizzato dall’inglese Craig con le parole “Viva l’adorato nostro monarca Carlo Felice, benefico istitutore delle scuole normali” Merito certamente del suddiacono precettore, ma sembrerebbe anche dei genitori degli allievi. Meno entusiastica la relazione di Antonio Biancareddu, vicario capitolare di Tempio, incaricato di verificare lo stato delle cose in tutta la diocesi di Ampurias e Civita.
Solo le scuole di Tempio e Nughes erano attrezzate delle suppellettili necessarie, nelle altre (e La Maddalena era fra queste) non c’erano né lavagna né libri e tanto meno premi per i più bravi. Tali differenze di giudizio vanno forse spiegate con la mancata collaborazione nella conduzione delle scuole normali, che il Regio Regolamento prevedeva, fra l’istituzione governativa e quella religiosa. Diversi erano i motivi di attrito che, per quanto si tentasse di nascondere, venivano ogni tanto a galla: il più comune era quello economico cioè il compenso del maestro, che quindi coinvolgeva direttamente il consiglio comunitativo, come sempre in cerca di motivi di risparmio.
Ciò irritava il vescovo che periodicamente ricordava ai “signori maddalenini” il privilegio di non pagare le decime per la mensa vescovile; ma anche fra precettore e sacerdoti non sempre esisteva accordo: Qualche volta per motivi inerenti l’impostazione dell’insegnamento, a volte per questioni personali di carriera.
E proprio questa ultima situazione creò grande irrequietezza, derivante dal disaccordo fra due ex frati, operanti a La Maddalena nel 1830: l’ex capuccino Sebastiano Balistreri, provicario e l’ex francescano Michele Pischedda, precettore. Alla base c’era il dissidio causato, come diceva il vicario episcopale Giorgio Scano, “da antipatia che gareggia fra i due sfrattati nata dall’ardente prurito al vicariato“.
Pischedda, arrivato come predicatore quaresimale, aveva avuto modo di osservare gli “animi irrequieti” degli isolani, le “dissezioni” e le ostilità che opponevano individui e gruppi, e certi comportamenti disinvolti di famiglie di fatto prive del sacro vincolo del matrimonio. Relativa all’anno 1831 troviamo una scheda riassuntiva della situazione delle scuole normali in tutta la provincia di Ozieri, corredata dalle osservazioni dell’intendente Francesco Luigi Simon; 22 paesi avevano scuole funzionanti; 19 precettori erano sacerdoti o frati; solo 3 erano “scriventi” giovani cioè, che avevano terminato la prima fase degli studi, ma non ancora conseguito il titolo.
Su 658 abitanti, La Maddalena aveva solo 23 studenti, una media molto bassa se si considera che all’inizio dell’anno gli iscritti sfioravano il centinaio: in effetti la maggior parte dei ragazzi era attratta dal mare e abbandonava le lezioni per imbarcarsi sui legni mercantili o su quelli militari. Interessante il giudizio complessivo ricavabile dalla scheda: per assenze da scuola e dalle funzioni religiose gli alunni maddalenini battevano tutti i primati, uguagliati soltanto da quella di Longosardo, Terranova, Calangianus e Berchidda: risultavano “mediocri” in quanto a “ingegno” e a “indole“. Complessivamente erano i peggiori di tutta la provincia. Un quadro abbastanza sconfortante, soprattutto se paragonato alle precedenti relalzioni dell’intendente Valle che dava lusinghieri giudizi sulla preparazione degli alunni.
La relazione del Consiglio del seguente anno fornisce altre informazioni interessanti: l’impegno scolastico comprendeva tre ore al mattino e due alla sera, tutti i giorni tranne le domeniche, le festività e i giovedì; nei giorni feriali solo i più grandi partecipavano alla messa celebrata dal precettore “senza formalità” mentre la domenica erano presenti tutti gli alunni; le ore del mattino erano impegnate per la lettura, la scrittura e, per i più grandetti, l’aritmetica; il pomeriggio si ripetevano le lezioni del mattino con in più mezz’ora di dottrina cristiana e “catechismo agrario“, cioè i rudimenti per avviare i giovani all’agricoltura (“ma poco, pero… per esser li studenti tutti inclinati alla marina”).
Durante la quaresima le classi al completo seguivano le prediche e il catechismo tre volte alla settimana. In quell’anno gli alunni iscritti erano 80; 25 avevano terminato il corso “e trovasi imbarcati al Regio servizio della marina”. Il consiglio riconosceva anche che da alcuni anni non vi era stata “distribuzione di premi alli scolari essendo la più parte piccoli cioè nelle prime lezioni“.
Giovanna Sotgiu