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Il quadro di San Filippo Neri di Antonio Cano

Già il Canonico Spano nelle note del 1868 all’Itinerario dell’Isola di Sardegna” di A. Ferrerò della Marmora, affermava che il dipinto raffigurante “San Filippo Neri in adorazione della Madonna col bambino”, custodito nella Chiesa Parrocchiale di la Maddalena, era di Fra Antonio Cano.

Nato a Sassari nel 1775 o 78 (la data è ancora controversa) e deceduto a Nuoro il 23 sett. 1840, frate francescano conventuale, allievo a Roma del Canova all’Accademia di San Luca, fu architetto, scultore, decoratore, pittore e persino archeologo, insomma un giovane dotato di ingegno multiforme. Si ricordano di lui: la cupola della Chiesa di Santa Maria in Betlem e il Palazzo del Marchese di San Sebastiano a Sassari, la Chiesa di San Pantaleo a Sorso, la Chiesa di San Francesco e il convento degli Scolopi ad Oristano, la Chiesa di Santa Maria della Neve a Nuoro, il sepolcro del principino Carlo Emanuele a Cagliari, oltre alle innumerevoli sculture in stucco della Chiesa di Betlem a Sassari.

Il dipinto, che nel maggio del 2007 ha subito una accurata ripulitura, fu donato nel 1820 dal Console di Sua Maestà Britannica, avvocato e notaio di Bonifacio, Don Giovanni Brandi. Il Brandi, aveva sposato in seconde nozze una delle figlie del Comandante di La Maddalena Agostino Millelire, Maria Ignazia. È un olio su tela delle dimensioni di cm. 275,5 x cm.150, raffigura “San Filippo Neri in adorazione della Madonna col Bambino” e, come era consuetudine del Cano, non è firmato. Da una prima analisi si notano alcuni elementi che gliene attribuiscono la paternità: anzitutto lo stile derivato dal tardo barocco con disposizione a piramide delle figure, gli accordi cromatici, la scarsa profondità. Un altro elemento consente un accostamento stringente tra la tela raffigurante San Filippo e un’altra opera del Cano: l’angioletto che regge sospeso sulla propria testa un cappello cardinalizio, in ricordo di quella porpora che fu offerta al Santo dal Papa Gregorio XIV. Lo stesso cappello cardinalizio calcato sulla testa di un angioletto, in uno stucco che rappresenta il Beato Bonaventura da Potenza, stucco che si trova nella Chiesa di Santa Maria in Betlem a Sassari, è fatto allo stesso modo.

Ci sono però altri elementi importanti che confermano la paternità del dipinto al Cano: la grafia della dedicatoria in latino posta in basso a sinistra del dipinto, che confrontata con quella del brogliaccio di appunti scritti di pugno dallo stesso Cano, custodito nell’archivio della chiesa di Santa Maria in Betlem di Sassari, coincide perfettamente. La dedicatoria recita così:

DEI. MATRI. MARIAE. EVANGELISTAE. JVANNIS. PHILIPPO. NERIO.
PATRONO. PRO CONSUL. ANGL. DOCTOR D. JVANNES BRANDI. EX.
BONIFACIO. HUMILLIME. DICAVIT. AN. 1820

“Alla Madre di Dio Maria, a Giovanni l’Evangelista e a Filippo Neri suo Patrono, il Viceconsole Inglese Dottor Don Giovanni Brandi da Bonifacio, umilissimamente dedica, anno 1820”.

Da ultimo, la cornice in muratura che riquadra il dipinto, è uguale o comunque molto simile a quelle delle nicchie di Santa Maria in Betlem a Sassari. La tela che rappresenta il San Filippo Neri in adorazione della Madonna col bambino è artisticamente valida ed apprezzabile, ma il soggetto trattato, probabilmente, non è pura invenzione del Cano. Quel gesto teatralizzante del Santo, la stessa posizione alla sinistra della Madonna, la mano sul petto (che sta ad indicare un totale abbandono alla Madonna), i due angeli, sia quello col volume tra le mani che l’altro col cappello e, il fondale scenografico, sono di matrice tardo barocca e attribuibili, dopo i dovuti confronti, al “grande” Sebastiano Conca.

Nato a Gaeta intorno al 1680, fu allievo di Francesco Solimena, passò a Roma nel 1706, si affiancò a Carlo Maratta e svolse una proficua attività di affrescatore fin oltre il 1750. Nel 1710 aprì a Roma L’Accademia del Nudo” che attrasse molti allievi da tutta Europa, tra cui Pompeo Ba-toni i siciliani Olivio Sozzi e Giuseppe Tresca. Entrò a far parte dell’Accademia di San Luca e ne divenne direttore in due diversi periodi, dal 1729 al ’31 e dal 1739 al ‘4L In seguito fu al servizio della corte sabauda, e lavorò all’oratorio di San Filippo e alla chiesa di Santa Teresa a Torino. Al suo ritorno a Napoli nel 1752 dove operò, con una breve interruzione, fino quasi alla morte, Conca passò da esperienze di ispirazione classicheggiante, a canoni più grandiosi del tardo barocco e del rococò, e si ispirò soprattutto alle opere di Luca Giordano. Si spense a Napoli il 1 settembre del 1764. Del soggetto del S. Filippo Neri in adorazione della Madonna col bambino, a lui molto caro, ne esistono varie copie, custodite oggi nelle sedi in cui il pittore ha vissuto e operato. Probabilmente il Cano ebbe modo di apprezzare da vicino le opere del Conca, una delle quali, custodita nel Seminario Vescovile Barbarigo della chiesa di Montefiascone (VT), potrebbe essere stata quella che lo ha ispirato.

Lino Sorba