Quel peccaminoso Club Med
La Maddalena, le prime turiste in bikini e l’assedio dei corteggiatori locali che credevano di vivere in un film. Sessant’anni fa nei tukul assieme al turismo internazionale arrivò anche la liberazione sessuale. Articolo dello scrittore Gian Carlo Tusceri
A memoria d’uomo è impossibile trovare alla Maddalena, e pure in nessun’altra parte della Sardegna, un cambiamento tanto radicale dei costumi, come quello provocato, nel 1955, dall’insediamento a Caprera del Village Magique, con le sue prime francesine in bikini, e, dopo il bagno, nude sotto un variopinto pareo annodato sul seno, propense a socializzare con gli indigenti più disinibiti.
Come ai tropici. Era un clima hawaiano, con tanto di coroncine di fiori, con collanine di palline di plastica colorata il cui valore variava a seconda del loro colore e che come banconote potevano essere utilizzate sia per versare nella banca del villaggio, sia per acquistare qualunque cosa, al bar o al bureau.
L’isola, assonnata ancora dopo i bombardamenti, la battaglia per le strade, lo sbarco degli Alleati, con problemi all’Arsenale militare per i licenziamenti sempre più consistenti degli operai social-comunisti, non aveva mai avuto modo di pensare al turismo come fonte di reddito alternativo o sussidiario a quello militare o comunque statale. I vantaggi economici, che pure c’erano, visto che si doveva garantire all’inizio la sopravvivenza quotidiana di un paio di migliaia di persone, presto si ridussero, per la scarsa propensione al commercio degli indigeni, sorpresi e travolti dagli eventi. Nonostante ciò, se in fase di distribuzione di deleghe amministrative si doveva scegliere tra urbanistica, turismo e commercio, c’era chi si tuffava a capofitto sul turismo: possibilità di accesso continuo al villaggio di Caprera, dove un assessore poteva socializzare con i manager parigini o industriali con splendide compagne tette al vento e bacio facile.
Non sconvolse più di tanto i costumi locali neppure l’insediamento della base americana per sottomarini nucleari, e ben prima di loro neppure le famose case di tolleranza di Piticchia, che per generazioni e generazioni svezzarono interi contingenti di giovani.
Lo choc del Village Magique, per contro, fu talmente forte, e l’evoluzione (ma sarebbe meglio dire rivoluzione) talmente dilagante, repentina e totale, da provocare riflessi sulla gioventù locale. Quel mondo estivo appena conosciuto era estremamente piacevole. Era l’anno di film come “Gioventù bruciata”, “Quando la moglie è in vacanza”, “Racconti romani” e il Village Magique per la gioventù maddalenina era un po’ come vivere il cinema e il progresso. I giovani locali, studenti in testa, ma pure operai, aspettavano da quel luglio radioso del ’55 la nuova stagione, pronti in fila allo sportello dell’Ufficio di Collocamento, per essere assunti come manutentori, aiutocuochi, camerieri, bagnini, lavapiatti e persino addetti all’economato.
Terminato il lavoro, visto che i dipendenti avevano la possibilità di dormire al Club, questi fortunati sgattaiolavano dai tukul e, mimetizzati, cercavano di accalappiare qualche preda compiacente. Perché gli incontri si concludessero piacevolmente e con soddisfazione, era necessario saper essere contenuti e romantici fino a raggiungere una delle più belle spiagge in prossimità del Club: Cala Serena.
Se la prima uscita risultava di gradimento per entrambi i partner, allora si provava la replica, in particolari giorni, all’interno di un tukul temporaneamente disabitato o comunque lasciato libero per una soddisfacente turnazione.
Mentre i fortunati “lavoravano” al Club, gli altri giovani maddalenini effettuavano spedizioni notturne dalla piazza Umberto I al villaggio. Ma spesso i raid naufragavano presso i cancelli o dietro i muri a secco di recinzione, dove effettuavano una rigida sorveglianza i guardiani, pure isolani, e quindi, però, corruttibili. Verso il mezzogiorno successivo, tutti in via Dandolo, attigua a Piazza Umberto I, dove si potevano ammirare gli scatti fotografici del mitico Pensiero Bini, nella bacheca, aggiornata notte dopo notte.
Monsignor Salvatore Capula, parroco dell’isola, tuonava dal pulpito contro i costumi lascivi degli isolani, ma soprattutto delle isolane e di chi scendeva quaggiù dalle Gallie, già asservite all’antica Roma. Ma nulla diceva il parroco sulle tangenti che la Capitale stava intascando, probabilmente, per questa marchetta del Club a Caprera.
Gli anni passavano per i maddalenini e, quando la Costa Smeralda e Porto Cervo non significavano ancora granché per nessuno, successe che nella locale Pretura di mandamento, competente fino a Olbia e a Santa Teresa di Gallura, una certa Ilona Staller, già famosa come Cicciolina, venisse denunciata per essere stata vista nuda, al sole, in una spiaggia della Maddalena. Il pretore dell’epoca, esempio di rara saggezza gallurese, dopo lunga riflessione, mandò assolta la diva perché a motivo della repentina evoluzione dei costumi isolani, alla Maddalena, il nudo integrale, a meno che non volutamente provocatorio, non poteva essere inteso come offesa al pudore. Egli fece un esempio in particolare, dichiarando press’a poco che se lo stesso comportamento fosse stato tenuto in altro paese dell’interno della Sardegna, indubbiamente il reato si sarebbe configurato, ma alla Maddalena, che aveva conosciuto il Club Mediterranée e il suo turismo evoluto da alcuni anni e comunque ancora prima della Costa Smeralda, riusciva difficile non riconoscere che i motivi dell’offesa al pudore parevano peregrini.
Da tempo, ormai, gli ospiti del Club Med venivano accompagnati almeno una volta alla settimana in una trattoria della centralissima Via Ilva. E gli isolani si ammassavano alle finestre, sia per vedere quelle “libere donne” sia per vedere le monete che cercavano di appiccicare al soffitto del locale, dopo averle insaponate. Né si capiva se fossero più interessati ai soldi (delle più disparate nazionalità, perché nel il Club richiamava turisti/e da tutta Europa) che poi venivano recuperati, o alle dolci movenze delle ragazze che, per lanciarle al soffitto, sollevavano gli svolazzanti gonnellini, tra gli oooohhhh entusiastici, conditi dagli applausi, dei locali…
Né furono rari i matrimoni misti indigeni-turiste straniere, sia bianche sia di colore, né furono rari i giovani locali che girarono l’Europa al seguito dei più importanti Club Mediterranée, sia estivi sia invernali. In breve tempo il Club Med era entrato nel sangue, nella testa e nelle viscere di tutti gli isolani. E il Club Med ripagava La Maddalena costituendo il suo più valido sponsor internazionale, forse secondo al solo Garibaldi.
Una delle polemiche che in Parlamento si erano innescate, alle origini del fenomeno, l’aveva sostenuta il parlamentare Ezio Garibaldi, figlio di Ricciotti, per la tutela e la salvaguardia delle tombe del Compendio garibaldino. Ma a Roma, qualcuno della Dc indubbiamente negli Anni ’50 era stato foraggiato, per cui la concessione era parsa doverosa e inevitabile. Lo stesso parroco locale, alla fine, aveva dovuto chinare il capo e lasciar fare: Santa Maria Maddalena, patrona dell’isola, d’altra parte – si diceva – non aveva niente da insegnare a nessuno in materia. E per il pentimento, ci sarebbe stato sempre tempo.