Il riscatto dei Carolini
Già il 25 settembre 1798 era sbarcata a Cagliari una deputazione tunisina inviata dal bey a trattare il riscatto dei carolini. Il 29 ottobre Pio VII autorizzò la vendita dei benefici ecclesiastici senza cura d’anime per pagare il riscatto, mentre un conte Tizzoni assicurò di poter procurare 4 milioni di lire piemontesi da capitalisti di Verona. Inviato a Tunisi, il conte di Sant’Antioco (Giovanni Porcile) concordò un riscatto di 24.000 zecchini veneziani, più la solita tangente del 10 per cento ai ministri del bey, ma il prestito veronese si rivelò una millanteria, e senza esito rimasero le missioni di Nicola Guiso a Venezia per cercare 6 milioni e una successiva del capitano de Landini (aprile 1800). Una mediazione fu tentata, su richiesta del viceré, dal capitano di vascello russo Mihail Macedonovski, il quale ottenne, se non altro di far sospendere la vendita degli ostaggi come schiavi. Il re, da Roma, si limitò a suggerire al fratello di chiedere la rateizzazione, offrendo 15.000 scudi annui fino ad estinzione del riscatto. Appena salito al trono, nel giugno 1802, il nuovo re Vittorio Emanuele I scrisse da Roma allo zar, pregandolo di continuare il suo patrocinio dei carolini e spedì a Tunisi il cavaliere de Barthes. Irremovibile, il bey ignorò tuttavia pure un firmano del 1° agosto 1802 con cui il sultano, suo nominale signore, gli ordinava di liberare gli schiavi sardi. De Barthes si rivolse allora al console generale francese a Tunisi, Devoize, che fu autorizzato dallo stesso Bonaparte.
Ottenuta la liberazione senza riscatto di un centinaio di carolini che erano stati catturati in casa del viceconsole francese a Carloforte, Devoize proseguì i negoziato a nome del suddito sardo Gaetano Pollini, che, per ragioni diplomatiche, figurava come privato, ottenendo dal bey di liberarne altri per scambio con schiavi tunisini e, per i restanti, di dimezzare a 500 piastre pro capite il prezzo del riscatto, per un totale di 340.970 lire sarde. Tornarono così, fra il 4 giugno e il 4 luglio 1803, 755 ex-schiavi, tra cui alcuni soldati ai quali il re fece pagare gli arretrati, e 95 nati in cattività. Altri 117 erano morti, 23 erano già stati liberati nel 1801 ad istanza del contrammiraglio Leissigne, 13 erano stati venduti ad Algeri e 6 si erano fatti musulmani.