Sebastiano Balistreri
Articolo della ricercatrice e scrittrice maddalenina Giovanna Sotgiu.
Dopo un breve periodo di presenza di Clemente Pischedda come viceparroco, arrivava Michele Pischedda al quale, con lo stesso incarico, veniva assegnato anche quello di precettore.
In quel momento la scuola andava male, il numero degli studenti era notevolmente diminuito, il precettore, frate Eugenio Cascioni, aveva abbandonato l’insegnamento, senza averne ottenuto il permesso, per andare a predicare la quaresima ad Ottana, sostituito, con buona volontà e qualche positivo risultato, dal suddiacono Silvestro Zicavo, che, pur non avendo i titoli per insegnare, si era dedicato generosamente a questo compito. A La Maddalena si sperò di mantenerlo nell’incarico, anche perché egli si accontentava di una minima retribuzione con grande sollievo del bilancio comunale, per cui quando l’Intendente Provinciale nominò, dopo appena un mese, Michele Pischedda, successe un finimondo. Il Consiglio rifiutò persino di consegnare le chiavi dell’aula al precettore e cedette solo dopo la minaccia di denuncia per insubordinazione da parte dell’Intendente. Intanto, in febbraio era arrivato il nuovo parroco, Sebastiano Balistreri che si mostrò subito ostile a Pischedda, contrastandolo in tutti i modi possibili.
Neanche due mesi dopo l’insediamento di Balistreri, Pischedda doveva celebrare una messa alla Trinità; mentre saliva alla chiesa con i fedeli “se li presenta[ro]no il suddiacono Zicavo e il sacrista Gian Agostino” dicendogli, per ordine del Parroco, di tornare indietro. Pischedda denunciava la cosa al Consiglio Comunitativo cercando, da un lato, di far leva sui sentimenti religiosi di una parte della popolazione che aveva chiesto la messa nella vecchia chiesa e, dall’altro, sull’orgoglio dei consiglieri ai quali subdolamente chiedeva se la chiesa e gli oggetti che conteneva appartenevano al Parroco o al Comune, che quindi poteva disporne anche per far celebrare una messa. Non ebbe soddisfazione, anzi il suo atteggiamento acuì le ostilità.
Il 2 luglio 1830 Pischedda lamentava di aver mandato gli statini degli alunni al parroco Balistreri perché li firmasse e questi aveva chiuso la porta in faccia agli studenti che glieli consegnavano.
Il malcontento montava e quando Pischedda, col suo atteggiamento intransigente e poco diplomatico, volle denunciare lo strano caso di William Sanderson Craig, provocò un tale vespaio che fu cacciato definitivamente da La Maddalena. L’inglese, infatti, era ormai da lunghi anni residente all’isola dove aveva messo su una famiglia illegale, allietata da molti figli. Nessuno trovava da ridire sulla conduzione della sua vita, anzi tutti gli erano grati, sacerdoti compresi, per il suo atteggiamento di collaborazione verso la comunità. Perciò quando Pischedda aveva sobillato contro di lui i suoi alunni, che avevano lanciato delle pietre contro le finestre dell’inglese, si era tirato addosso le ire di tutti. Il Consiglio ne aveva chiesto l’allontanamento facendo ricorso al Viceré e, malgrado Pischedda cercasse di difendersi denunciando una vera e propria congiura contro di lui e accusando la comunità maddalenina, il comandante della piazza e il Parroco di proteggere il concubino Craig, fu cacciato ignominiosamente dall’isola “con espressa ingiunzione di mai più ritornarvi”, accompagnato dalla poco lusinghiera definizione di elemento “perturbatore. .. di scandalosa condotta”.
Intanto, con l’arrivo dell’altare maggiore nel 1831, la chiesa poteva dirsi terminata e Balistreri doverosamente e pomposamente ne ringraziava Desgeneys: “Vorrei sciogliermi in tante lingue quante sono le vie del cuore, che pieno di somma contentezza vorrebbe tributarle omaggi di gratitudine a si importante favore”.
Abbiamo trovato, per la prima volta in queste pagine, il suddiacono Silvestro Zicavo, impegnato per qualche mese a sostituire un precettore e a eseguire gli ordini del suo parroco. Zicavo è una figura un po’ misteriosa nella storia della chiesa maddalenina. Le poche informazioni reperibili ci consegnano un dato inquietante: almeno in alcuni periodi della sua vita era affetto da infermità mentale che spiega la sua posizione defilata e il fatto che mai abbia avuto un incarico ufficiale, tanto meno quello di viceparroco, malgrado sia rimasto sempre a La Maddalena.
Era nato nel 1804 da Giovanni di Marco Maria e Maria Zonza di Silvestro: suoi padrini erano Pietro Azara Bucheri e la moglie Maddalena Millelire. Già la sua ordinazione sacerdotale fu quanto meno problematica: il Vescovo, nel 1855, ricordava che questa era avvenuta solo “per puro desiderio di tutta questa popolazione, dietro tanti attestati di tutte le autorità” e che aveva accettato di mantenergli la congrua pur non avendogli mai dato l’incarico di viceparroco, ma solo di facente funzioni, di collaboratore, cioè, del parroco Mamia al quale egli dedicava completa ubbidienza. Questa situazione durò fino al 1857, quando di fronte all’ennesima richiesta del Consiglio Comunale di avere un viceparroco effettivo pur mantenendo la congrua a Zicavo, il Vicario generale capitolare rispose richiamando i termini della questione: al “povero Zicavo” era garantito (“assegnamento” per pura carità; se il Consiglio insisteva per dargli ufficialmente il titolo di viceparroco, doveva assumersi la responsabilità con una deliberazione, “convalidata da un discreto numero di notabili cittadini compresovi il parroco” con la quale dovevano esprimere la piena fiducia nel sacerdote “anche per la confessione”. Questa dichiarazione era, evidentemente, impossibile e il Consiglio certificò la reale situazione di Zicavo, affetto da alienazione mentale. Cercò di mitigare questa affermazione sostenendo che, però, dal 1853 non aveva più dato “motivi di molestie”. Ma ormai non si poteva tornare indietro e a La Maddalena arrivò un viceparroco: era il prete di San Pasquale Paolo Demuro. Non durò molto e ci si chiede se questo non sia legato alla situazione descritta e al desiderio di non lasciare il povero sacerdote isolano senza sostentamento. Comunque, nel 1861, il parroco Mamia certificava che egli svolgeva la funzioni di viceparroco “in via provvisoria” (ancora!) e perciò percepiva l’assegno di 250 lire.
Nel 1862, Zicavo firmava con Mamia la famosa lettera del Vicario capitolare Muzzetto che chiedeva al Papa di rinunciare al potere temporale: difficile dire quanto fosse spontanea e consapevole l’adesione a questo documento e quanto derivasse dall’affetto e dalla dipendenza dal suo parroco.
Nel 1880, in considerazione dell’età avanzata dei due sacerdoti che si erano fatti buona compagnia per 50 anni, fu inviato a la Maddalena come coadiutore il neo sacerdote Antonio Vico; il problema della congrua fu risolto in modo che si potrebbe definire salomonico: sarebbe stata pagata in parte dal Vescovo e in parte dal Comune. In realtà, data l’eccezionalità della situazione, per quell’anno fu l’Economato Generale di Torino a pagare, riservandosi di rivedere la cosa l’anno successivo. Non ce ne fu bisogno perché il 3 novembre Zicavo morì.
Ritorniamo sui nostri passi, all’anno 1831.
Tratto dal libro “Santa Maria Maddalena faro di fede tra Corsica e Sardegna” – Paolo Sorba Editore – La Maddalena