U cucciuleddu cu l’ou
L’uovo di Pasqua maddalenino
Da qualche decennio l’uovo di Pasqua al cioccolato ha soppiantato quasi definitivamente il dolce tradizionale dei piccoli, u cucciuleddu cu l’ou. Facile da realizzare, infornato con il pane, era un dono personalizzato per tutti i bambini della famiglia, e, spesso, anche per gli adulti. Le dosi, per chi volesse provare a farlo con una vecchia ricetta, sono queste: per 1 Kg di farina, 2 uova, 150 g di strutto, 200 di zucchero, semi di anice, lievito di birra (per la quantità del lievito è meglio farsi consigliare dal panettiere perché chi dà queste ricette è abituato a fare “a occhio”!). Più recentemente si è usato l’impasto della comune ciambella.
La pasta, preparata come quella del pane, viene sagomata come un cordone più spesso al centro e più sottile ai lembi che vengono saldati insieme dalla pressione delle mani; nella parte più larga si pone un uovo crudo, coprendolo solo parzialmente con la pasta.
U cucciuleddu poteva però assumere altre forme: per esempio in molte famiglie lo si faceva per tutti i maschi e, in tal caso, quello del capofamiglia conteneva fino a quattro uova, quello dei figli più grandi da due a tre, mentre quello dei bambini ne aveva uno solo.
Ma anche le bambine potevano ricevere cucciuleddi particolari: secondo l’inventiva delle mamme essi erano decorati con trecce intorno all’uovo o sul bordo, oppure assumevano la forma di borsette quadrate, in cui l’uovo fungeva da decoro centrale e i lembi sottili da manico, o quella di dame con le braccia poggiate ai fianchi realizzata con due trapezi di diversa grandezza uniti a formare il busto (la parte più piccola) e la “gonna” (la parte più larga): in tal caso la “gonna” veniva sfrangiata al bordo inferiore con le forbici in modo da formare, con la cottura, saporiti becchi che si staccavano per primi dal dolce.
Il giorno di Pasqua i bambini uscivano spesso da casa portandosi dietro il loro cucciuleddu, magari infilato nel braccio, per assaggiare quello degli amici o fare assaggiare il proprio anche se, a volte, un movimento incauto bastava a spezzare la pasta e a mandare rovinosamente a terra il capolavoro.
L’uso del cuciuleddu per Pasqua è testimoniato da un viaggiatore inglese del primo Ottocento, il capitano Daniel Roberts che abitava a La Maddalena; per l’occasione egli aveva ricevuto da una famiglia maddalenina i dolci tradizionali della festa: u cucciuleddu che Roberts descriveva come “una corona di spine fatta di pasta decorata con uova”, le formaggelle (che in mancanza di traduzione inglese, egli chiamava cheesecake) e un “pan di zenzero” che sembrerebbe proprio il pan’e saba.
Parzialmente tratto dal libro “Cucina isolana. Un arcipelago di sapori mediterranei” a cura di Giovanna Sotgiu e Antonio Frau – Paolo Sorba Editore – La Maddalena