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Ulteriori riflessioni su un metodo in divenire

Carla Gravina e Mario Melis al Premio Solinas

Vale la pena a questo punto di soffermarsi sulla prassi attraverso la quale Solinas elaborava le sue sceneggiature, a partire dalla collaborazione tra lo scrittore sardo e Pontecorvo, che certamente è in questo senso la più significativa. Infatti se da una parte, il regista ricercava «la sintesi a priori contenuto-forma che si basa sul contrappunto tra le immagini sonore e le immagini visive, dove, non sempre in questo contrappunto è dominante, è più importante l’immagine visiva, bensì quella sonora, nella componente che dà il risultato del contrappunto finale», Solinas si sforza di rispondere a questa esigenza, trasferendo sulla pagina ogni indicazione possibile e creando a sua volta il contrappunto tra connotazione e denotazione: ovvero, alla costruzione meticolosa della sceneggiatura si accompagna la ricerca della suggestione da imporre, prima che al pubblico, al regista stesso. Lo stesso Solinas spiega brevemente le dinamiche di lavoro che si innescarono durante l.elaborazione del copione di La battaglia di Algeri, dinamiche che si reiterano, come vedremo non sempre con il benestare dei registi, nella vasta filmografia dell’autore sardo: Io impiego molto tempo, dedico molta parte della mia vita alla stesura della sceneggiatura, e faccio in modo che sia tale che i registi non possano modificarla, anche perché sono disposto a discutere fino all.ultimo momento prima della lavorazione. La sceneggiatura di La Battaglia (La battaglia di Algeri n.d.r.) era costruita al millesimo, e fu la grande qualità della realizzazione di Gillo a far sembrare il film quasi un documentario con quel senso di verità che lui è riuscito a dare. La stessa sceneggiatura poteva dar luogo, in altre mani, a un risultato molto più meccanico
E, più in generale: Scrivo in un modo che compensi la mia frustrazione di ex-scrittore, e che offra un certo numero di suggerimenti e di spunti al regista. Nelle mie sceneggiature scrivo esattamente quel che si deve vedere. Uso delle descrizioni, esprimo stati d.animo, forse trasmetto il senso del paesaggio, o aggiungo un dettaglio che magari fa sorridere perché è fuori posto in una sceneggiatura. ma lo faccio perché mi piace pensare che queste indicazioni diano una ricchezza che non c.è in una presentazione schematica.
Il risultato di questo tipo di lavoro è facilmente verificabile direttamente dalle pagine delle sceneggiature. Per esempio si può apprezzare la costruzione del paesaggio sonoro e la pulizia formale del suggestivo stile di Solinas in un breve passo dalla prima scena di La battaglia di Algeri, che descrive la caserma nel quale i parà praticano la tortura: Un viavai concitato, un ritmo di efficienza. Parà che salgono, che scendono le scale, percorrono i corridoio, entrano ed escono dalla stanze, dalle cucine.
L’intrico sonoro è indecifrabile.

ORDINI URLATI, PIANTI, GRIDA, QUALCHE BATTUTA A METÀ, QUALCHE RISATA. DA QUALCHE PARTE UN GRAMMOFONO SUONATO A TUTTO VOLUME.

Un aria di tensione, niente pause. L.apparato è tutto in movimento.
La scelta del tema è il punto di partenza, segue, per Solinas, un lungo lavoro di architettura del copione.
Quando lavoro alla lavagna, butto giù frammenti di idee: “polizia, città, polizia che presidia la città”. Questo mi consente di visualizzare la successione dei fatti, la plausibilità e il ritmo della storia, l.interesse del pubblico e così via. Non scrivo a proposito di personaggi, ma di fatti; usando una lavagna posso esercitare un controllo visivo. Ciò è possibile anche perché i film che scrivo hanno una struttura estremamente razionale; sono molto più precisi di quanto non sembrino nella loro stesura definitiva, che è in qualche modo “tirata a lucido”. Dopo aver scritto questa prima sintesi, riparto da zero, sviluppando il tema centrale. Sempre in forma concisa, non definitiva, con punti da risolvere e da chiarire. Poi lascio la lavagna e scrivo la sceneggiatura.
Solinas ha lavorato con registi di varia estrazione politica (seppur tendenzialmente di sinistra) e di numerose nazionalità, e, anche se alcuni progetti non sono andati a buon fine e altri, ancora in embrione, sono stati stroncati dalla sua morte (si pensi alla collaborazione in atto con Scorsese, proprio nel 1982, anno della prematura scomparsa dello scrittore maddalenino) allo sceneggiatore è giusto riconoscere una enorme capacità di immedesimarsi in realtà diverse, di raccogliere il realismo sotto una sintesi funzionale sostenuta dalla rigorosa ricerca, e di confrontare la sua analisi, che partiva dalla politica, con quella dei suoi collaboratori e del regista. Occorreva a Solinas molto tempo per confrontarsi su temi non sempre ben conosciuti, un lavoro che partiva, ancor prima che dal processo creativo, dall.analisi dell.argomento, per isolare poi il tema. Immedesimazione e distacco stavano alla base del punto di vista definitivo che, per quanto fosse preciso e dichiarato, era lasciato alla storia che ne esplicava il senso senza apparire eccessivamente pilotato e perciò di parte: in definitiva, in Solinas i fatti esprimono il senso, ancor più che i personaggi.

Gianni Tetti