Un Istituto Agrario a Caprera
Il 2 giugno del 1882, alle ore 18,20, moriva a Caprera Giuseppe Garibaldi al culmine di un’esistenza straordinaria caratterizzata da innumerevoli esperienze tra le quali, non ultima per importanza, quella che si consumò nell’arco di quasi trent’anni nella stessa isola di Caprera, bonificata e ricondotta a coltura dalle stesse mani del Generale, anche se a causa dell’artrite reumatoide negli ultimi anni fu costretto su una sedia a rotelle e non poté dedicarsi in prima persona alla sua rigogliosa tenuta. I sintomi dell’artrite, che avevano afflitto per gran parte della sua vita Giuseppe Garibaldi, avevano indotto il Generale ad abbandonare il mare e la navigazione e a cercare un sicuro e stabile rifugio presso un’abitazione tutta sua. Sull’isola di Caprera Garibaldi aveva stabilito la sua dimora, creando una moderna azienda agricola e dando vita ad una vivace comunità che rappresentò un armonico modello di ritorno alla natura e al lavoro dei campi.
Garibaldi aveva di fatto intrapreso la coltivazione dei terreni di Caprera con rigore scientifico e si era dotato di una biblioteca ricca di volumi di agronomia; col sussidio dei testi, attraverso i consigli dei più illustri agronomi e con l’aiuto del proprio ingegno si era formato una notevole cultura agraria, invidiabile anche per i più grandi agricoltori italiani. Garibaldi incarnò in ambito agricolo la figura del proprietario illuminato, un savant dedito all’esercizio del cosiddetto “mestiere proprietario” che univa nella stessa persona i due aspetti del sapere e del fare; figura che anticiperà di poco l’avvento del moderno agronomo come specialista differenziato professionalmente da un bagaglio di specifiche competenze scientifiche. L’acquisto di una prima metà dell’isola, avvenuta il 29 dicembre del 1855, si completò definitivamente nel 1865, grazie a una donazione di suoi ammiratori inglesi.
Successivamente alla morte di Garibaldi era stato presentato in Parlamento un progetto di legge perché a Caprera venisse realizzato un monumento alla memoria del leggendario eroe. Durante il suo soggiorno nell’isola il Generale aveva dedicato maggiormente il suo tempo all’agricoltura; per questo occorreva che venisse eretto, oltre al monumento, anche un istituto per l’educazione e l’istruzione agricola e di arti affini intitolato a Garibaldi. La Sardegna era allora l’unica regione italiana priva di una Scuola pratica di Agricoltura e l’isola di Caprera offriva tutte le condizioni perché si potesse impiantare un tale istituto. L’azienda che Garibaldi aveva costruito a Caprera a partire dagli anni sessanta dell’Ottocento rappresentava, nel contesto dell’agricoltura della Sardegna alla vigilia dell’Unità d’Italia, uno tra i maggiori patrimoni terrieri dell’isola. La proprietà si estendeva per 1200 ettari, gran parte della superficie era occupata da campi arati, prati stabili e pascoli, vi erano due vigne, diversi orti e un agrumeto; il resto era composto da boschi e montagne. Oltre alla casa, destinata ad accogliere le memorie del generale, esistevano circa quindici edifici rustici adibiti a magazzini, ad abitazione del pastore e a dimora per gli agricoltori. Per finanziare l’opera veniva proposta la raccolta di tutti quei fondi destinati in varie località d’Italia per l’erezione di piccoli monumenti o lapidi in onore di Garibaldi che non avrebbero potuto degnamente onorare la memoria di un personaggio così importante. Tutte queste somme avrebbero inoltre consentito all’Istituto Agrario Garibaldi di offrire un’opportunità di lavoro e di educazione per i figli poveri dei volontari e reduci di guerra, avendo riguardo di distribuire i posti alle persone provenienti dalle località che offrivano le somme maggiori; i contributi sarebbero stati accresciuti, in seguito, tramite donazioni o lasciti.
Questa idea era immediatamente scaturita dalla vivida intelligenza del Prof. Antonio Gaccianiga (1823-1909), gentiluomo di campagna, politico, letterato ed esperto di economia rurale, corrispondente di numerosi giornali di agricoltura, sui quali interveniva spesso con gustose noterelle, ma anche con relazioni tecnicamente concrete. In occasione della morte di Garibaldi, Caccianiga aveva immaginato che fosse indispensabile un intervento di conservazione e tutela del patrimonio agricolo e di esperienze agrarie che Garibaldi aveva maturato a Caprera durante il suo soggiorno nell’isola. Il 15 dicembre del 1882 questa ipotesi veniva propugnata e sostenuta ufficialmente dal Prof. Ing. Giovanni Battista Gerletti (1846-1906) con la pubblicazione di uno specifico progetto. In virtù delle sue esperienze, maturate in Germania e in Austria, dove si era dedicato agli studi delle scienze applicate all’agricoltura e specialmente in ambito enologico alla fermentazione ed alla distillazione, aveva istituito a Conegliano, nel 1876, la prima Scuola Speciale di Viticultura ed Enologia. Nel 1873 Cerletti aveva già avviato a Gattinara, in provincia di Novara, la prima Stazione Enologica Sperimentale italiana della quale era divenuto anche direttore, e a Milano la Agenzia Enologica Italiana; alla propaganda tecnica locale associava l’attività teorica, attraverso la pubblicazione degli “Annali di Viticultura ed enologia da lui ideati e diretti tra il 1873 ed il 1876″ a Milano. Inoltre Cerletti vantava trascorsi gloriosi al seguito del Generale Garibaldi.
Dopo aver compiuto gli studi secondari a Como ed essersi iscritto alla facoltà di matematica dell’Università di Pavia, nella primavera del 1866 si era arruolato nel 1 battaglione del corpo dei volontari garibaldini e aveva combattuto nel Trentino, rimanendo ferito alla mano e al braccio destro nello scontro di Monte Suello, il 3 luglio di quell’anno. Per questi meriti era stato insignito di una medaglia d’argento ed era diventato successivamente il presidente della Società dei reduci garibaldini di Chiavenna, sua città natale.
All’indomani dell’unificazione nazionale e della fine degli stati preunitari, in conseguenza delle condizioni di precarietà in cui si trovava l’agricoltura italiana e per le ripetute sollecitazioni che provenivano dalla borghesia più illuminata e dai proprietari terrieri più sensibili, vennero creati numerosi istituti di istruzione ad indirizzo agrario per la formazione degli agricoltori e dei tecnici del settore. In questo periodo, infatti, nel campo dell’istruzione generale e di quella agraria in particolare, grazie all’intervento dello Stato, ma anche alle iniziative pubbliche locali, verranno gettate le basi di un solido sviluppo agricolo. Dopo il 1870 l’insegnamento agrario venne progressivamente sviluppandosi attraverso la creazione delle Stazioni Agrarie Sperimentali, istituite tra il 1870 e il 1875, delle Scuole Pratiche di Agricoltura, fondate a partire dal 1885, delle Cattedre Ambulanti di Agricoltura, dal 1886, e con le Regie Stazioni Enologiche Sperimentali, istituite nel biennio 1870-71. Già nel 1869 era stato fondato l’istituto forestale di Vallombrosa, nel 1870 era sorta la Scuola Superiore di Agricoltura di Milano e nel 1872 quella di Portici; quindi nel 1876 si istituì a Conegliano la prima Scuola Speciale di Viticultura ed Enologia, sotto la direzione del Prof. Cerletti.
Tuttavia, nonostante l’impegno e la passione del Prof. Gerletti, l’amministrazione Provinciale di Sassari, in accordo con i Comuni di Sassari e di Nulvi, scelse di fondare la Scuola Pratica di Agricoltura a Nulvi, istituita con R.D. 1446, del 19 aprile 1883, ma di Fatto operante a partire dal 1884.
Alle spese di istituzione contribuivano il Governo con diecimila lire; la Provincia di Sassari con trentamila lire; il comune di Nulvi con seimila lire e con la cessione gratuita del fabbricato dell’ex convento dei cappuccini e delle adiacenze. Per il mantenimento annuo contribuiva il Governo per due quinti fino alla quota di settemila lire; il comune di Sassari per quattrocento lire; la Provincia di Sassari per il resto. La scuola agraria di Nulvi fu il primo istituto di questo genere creato in Sardegna, al quale fece seguito nel 1885 la Regia Scuola di Viticoltura ed Enologia di Cagliari, fondata dal Prof. Cerletti, e nel 1894 la Scuola Pratica di Agricoltura di Sassari, nata in seguito alla soppressione della scuola di Nulvi.
All’interno del Consiglio Provinciale di Sassari, dal quale dipendeva la scuola, si scatenò un serrato confronto sulla opportunità o meno dell’istituzione della scuola a Nulvi. Il sindaco del paese, dottor Quirico Talu, che era anche Consigliere Provinciale, si impegnò strenuamente a sostegno di tale proposta, con lui in questa impresa il Consigliere Dettori, relatore della proposta, e il deputato locale Francesco Pais Serra.
Il sindaco, pur di raggiungere il suo scopo, si spinse fino ad offrire concessioni private dal suo patrimonio personale e da quello di altri cittadini di Nulvi.
Il centro abitato di Nulvi, situato a 478 metri sul livello del mare, era costituito da un piccolo borgo che si sviluppava con una pianta lineare lungo le pendici del Monte San Lorenzo, un modesto altipiano calcareo tra i rilievi più elevati dell’Anglona, dal quale si poteva ammirare una parte cospicua di questa regione; il suo territorio, un tempo parzialmente occupato da laghi costieri, era di origine vulcanica e tra i più fertili di tutta la Sardegna settentrionale.
La Scuola pratica di Agricoltura, nel volgere di pochi anni, era costata alla Provincia circa centomila lire senza tuttavia dare i frutti sperati, probabilmente per la realtà nella quale si trovava ad operare ed anche per i troppo frequenti cambiamenti del personale. Di fatto l’istituto, soppresso dopo circa un decennio di attività, era scarsamente frequentato, probabilmente anche a causa dell’assenza di esercitazioni pratiche che traducessero in concreto le lezioni teoriche, ma di certo non risultava facilmente raggiungibile dagli studenti che provenivano da tutta la Sardegna.
In realtà era soprattutto la mancanza di vie di comunicazione e di sistemi infrastrutturali ad impedire di fatto il decollo e lo sviluppo socio-economico. Questo isolamento fisico spinse il paese a chiudersi sempre più in sé stesso e a perdere progressivamente il suo tradizionale ruolo centrale di capoluogo dell’Anglona. Il repentino tracollo della scuola di Nulvi era imputabile a una serie di problemi che investivano non solo l’economia e la società locale, ma la regione sarda in generale. I problemi ricorrenti e mai risolti erano determinati dall’eccessivo frazionamento della proprietà agraria, dalla diffusa frammentazione fondiaria, dalle precarie condizioni igienico-sanitarie, dalla scarsità dei rifornimenti idrici, dalla necessità di interventi di bonifica, dal dilagare del banditismo e dalla mancanza di infrastrutture, di collegamenti portuali, viari e ferroviari. Il primo collegamento ferroviario nel nord della Sardegna era stato realizzato con la costruzione nel 1893 della ferrovia Tempio Pausania-Luras-Monti di km 51. Solo più tardi questa linea venne prolungata con la Sassari-Tempio Pausania di km 91, costruita nel 1931, e con la Luras-Palau di km 48, realizzata nel 1932.
La borghesia agraria più avanzata, titolare della media e grande proprietà rurale si era resa conto, con apertura culturale e puntuale concretezza, dei problemi strutturali del settore e della necessità, nello stesso tempo, dell’intervento pubblico per sanare i ritardi cronici. Tra i gruppi sociali più aperti e progressisti, legati alla media e grande proprietà rurale, era ormai maturata la coscienza delle necessità di un grande rivolgimento, tecnico e produttivo, ma la scarsità di mezzi e di capitali per attuare gli interventi e le opere necessarie, costringevano alla dipendenza nei confronti degli interventi pubblici. Nonostante fosse largamente diffusa la consapevolezza dei problemi che gravavano sul settore agricolo, non si riusciva mai ad approdare alla elaborazione di un programma organico di interventi per la razionalizzazione dell’attività agricola e dell’assetto del territorio probabilmente a causa del carattere composito della classe dirigente sassarese, sia dal punto di vista culturale che da quello ideologico, ma anche per l’esigua disponibilità di mezzi e di capitali per rendere concreti gli interventi necessari e realizzare le opere più urgenti. Questo conduceva inevitabilmente a invocare l’intervento del Governo centrale e a stabilire di conseguenza un rapporto di dipendenza nei confronti dell’Amministrazione dello Stato. Con una nota del 21 dicembre del 1879, il Ministero dell’Agricoltura, Industria e Commercio aveva invitato la depurazione provinciale di Sassari a creare una scuola di agricoltura, come risposta strategica di lungo periodo ai problemi strutturali del settore agricolo. La proposta non era nata dall’iniziativa dell’amministrazione locale, secondo un progetto integrato con la realtà economica e culturale del territorio, per cui la necessità di intervenire sul processo di formazione scolastica, propugnata dai promotori dell’iniziativa, venne recepita, pur se con qualche resistenza a livello locale, con un atteggiamento di rassegnata passività.
A causa di questo stentato e infelice esordio venne deciso di trasferire la scuola da Nulvi a Sassari, nonostante l’opposizione del Consiglio Comunale di Nulvi, che nella seduta del 28 luglio 1890 aveva espresso un deciso dissenso verso il provvedimento. In seguito alla delibera del Consiglio provinciale del 2 giugno 1891 la scuola di Nulvi venne soppressa e con la delibera del 3 settembre 1892 l’Amministrazione Provinciale decise il trasferimento della scuola a Sassari; anche se non tutti i consiglieri provinciali che parteciparono alla seduta erano pienamente convinti dell’opportunità di questa decisione. Nonostante richieste e sollecitazioni provenienti anche da Alghero la scuola venne trasferita a Sassari e a nulla valsero neanche le diverse iniziative intraprese dal Prof. Cerletti per il trasferimento della scuola a Caprera.
Giovanni Mulas