CronologiaMillenovecento

Correva l’anno 1961

A cura della Società Geografica Italiana viene pubblicato il libro Ricerche sull’arcipelago de La Maddalena, che raccoglie i lavori scientifici di docenti delle Università di Cagliari e Sassari coordinati dal professor Osvaldo Baldacci: si tratta del lavoro di indagine più completo realizzato sulle isole maddalenine.

L’isola di Santo Stefano, in epoca antica (neolitico), è stata abitata dall’uomo; alcuni studiosi, tra i quali il Prof. Giovanni Lilliu, pubblicano un lavoro riguardante alcuni scavi effettuati in un piccolo tafone a circa cento metri dalla costa della cala di Villamarina, con la descrizione del rinvenimento di materiale ceramico e litico corrispondente a quel periodo preistorico. Alcuni utensili sono ricavati dal granito (17), dal porfido (13) e dal quarzo (28); la presenza dell’ossidiana scheggiata e lavorata in numero di 142 pezzi, fa pensare che il riparo fosse utilizzato come “officina di lavoro” considerata anche la sua superficie e l’altezza non utilizzabile per viverci per tanto tempo. La presenza di forme tafonate nell’intero arcipelago e il rinvenimento anche in altre isole di materiali come l’ossidiana, indica una certa frequentazione di questi luoghi da parte dell’uomo preistorico.

L’amministrazione comunale commissionò ad un’agenzia tedesca, la Karl Heinz Shapo and Associates, uno studio preliminare per l’elaborazione di un piano di sviluppo turistico della Maddalena. Alla fine dell’anno fu prodotta una sorta di dossier, che conteneva tutte le considerazioni possibili sulla società isolana, sul secolare rapporto della Maddalena con la Marina Militare, in virtù del quale la comunità era riuscita a stabilizzare un livello economico elevato, omogeneo, e nettamente superiore a quello d’altre aree depresse, e questa situazione di privilegio poteva costituire una buona base di valore, e di partenza, per le imprese “ di valorizzazione”, quali erano le iniziative turistiche.[44] “ Va detto inoltre che la comunità non presenta quegli aspetti scostanti che si hanno in altri comprensori, ma incoraggia l’intervento esterno sia nella propria presentazione di facciata (belle costruzioni, strade pulite, buon abbigliamento, pulizia nelle abitazioni etc.) sia nei suoi lavori intrinseci (cultura generale piuttosto elevata, apertura mentale, disponibilità di tecnici a livello direttivo ed esecutivo)- si leggeva nella relazione. Si pensava di creare anche un organismo apposito, attraverso cui istituzionalizzare, la promozione del territorio, e questo ente avrebbe dovuto chiamarsi “Compagnia di valorizzazione turistica dell’arcipelago”, e il cui primo intervento avrebbe dovuto essere rivolto a un complesso di opere che avrebbero dovuto permettere l’aumento della ricettività e dei comforts residenziali. In linea prettamente orientativa, e su basi teoriche, gli esperti teutonici a cui si era rivolta l’amministrazione individuarono una successione di siti nell’isola madre dell’arcipelago, nelle quali sarebbero dovuti sorgere degli alberghi, e dei servizi, a beneficio delle diverse tipologie di clientela: quelle che definivano “unità denuclearizzate” (un albergo con quaranta letti, un ristorante con quaranta coperti, uno stabilimento balneare con spogliatoio e un centro acquisti) sarebbero dovute sorgere in regione Peticchia, alla Ricciolina, in regione Puntiglione, a Nido d’Aquila, in regione Petragliaccio, nel golfo di Spalmatore; un villaggio con duecento posti letto, con ristorante da cinquanta coperti, uno stabilimento con sessanta cabile e con spogliatoi a Stagno Torto, ai bordi della strada panoramica in via di completamento; un’unità residenziale per famiglie con duecento posti letto, dotati di cucina autonoma, con un ristorante da quaranta coperti, uno stabilimento balneare con capanni, cabine e spogliatoi, un bar , un locale notturno e uno yachting club, sarebbe dovuto sorgere alla Maddalena, in una zona non troppo distante dal centro cittadino. “Tutte le opere dovevano essere costruite per essere alienate, e l’investitore, la Compagnia di valorizzazione turistica che traeva il proprio capitale dagli imprenditori privati, ma anche dalle istituzioni pubbliche, doveva trarne un utile: l’acquirente o il gestore del bene avrebbe potuto essere anche una società d’esercizio costituita appositamente tra i soci della Compagnia. Ripetiamo: si trattava di uno studio compiuto su basi concettuali, tra la teoria e la pratica realizzazione delle opere vi era di mezzo la struttura della società e dell’economia isolana. La Maddalena e il suo arcipelago erano riusciti a conquistare uno spazio importante nell’ambito turistico, ma si aveva l’impressione che, in Sardegna, nessuno avesse ancora compreso l’importanza di questo, inaspettato, sviluppo legato al movimento vacanziero, che recava beneficio all’intera costa nord- orientale. “A La Maddalena, per il solo Club Mediterranée possono essere accreditate un numero di giornate di presenza non inferiore alle 55.000- scriveva su La Nuova Sardegna Mario D’Oriano- Ove si aggiungano alla predetta cifra le giornate di presenza stabilite e accertate dagli enti competenti presso gli alberghi, le pensioni e le camere d’affitto, ed ancora la popolazione dei ‘102’ panfili che hanno soggiornato ed approdato a Cala Gavetta e degli attendamenti a Caprera, a Santa Maria, a Spalmatore, è facile e conseguente stabilire, alla base delle cifre, che La Maddalena aspira al titolo di comprimaria fra le località turistiche dell’intera Sardegna e, se ciò non bastasse, in considerazione del movimento di valuta pregiata che il Club Mediterranée assicura all’arcipelago con i suoi turni quindicinali, non possiamo esimerci dal dire che La Maddalena rappresenta in campo turistico uno dei cespiti d’entrata che assumono per l’Isola intera valore preminente”. Era aumentato, quadruplicato, in quegli anni, anche il traffico passeggeri da e per La Maddalena. Ma queste terre erano in grado ormai di potere ricevere e di fornire adeguata ospitalità a un flusso di turisti che, nel lungo termine? Ad eccezione dei due alberghi che operavano a regime, nessuna struttura ricettiva era preparata a ricevere la pacifica invasione primaverile ed estiva e, se erano stati raggiunti dei risultati positivi, questi erano dovuti allo spirito d’adattamento e al senso d’ospitalità dei maddalenini, e non certamente all’efficienza dei servizi. Si chiedeva in maniera retorica D’Oriano: “Quante pensioni esistono alla Maddalena in grado di assicurare un effettivo, adeguato, ristoro al villeggiante che rifugge dalla sistemazione alberghiera? Quali posti di ristoro, trattorie, locali cinematografici o consimili esistono a La Maddalena che possano accogliere le clientele più disparate? In quali condizioni e a quali condizioni si è provveduto ai trasporti terrestri e marittimi da mettere a disposizione dei turisti calati nell’isola? Fino ad entro quali limiti sono stati contenuti i prezzi di tutti i generi di consumo? In quale disastroso, pietoso, stato versa la rete stradale dell’Isola?” Gli interrogativi esprimevano tutti gli inconvenienti, gravi, che erano dei veri e propri impedimenti alla crescita di un’economia che puntava sul turismo, e che avrebbero prodotto, entro poco tempo, degli effetti controproducenti. La Regione, così come aveva sostenuto con adeguati programmi di finanziamenti e d’intervento diretto in altre località meno attraenti, lo avrebbe dovuto fare anche per La Maddalena. Si sarebbe dovuta accorgere, finalmente, che esisteva come destinazione turistica di grande interesse. “Oltre a quelli che l’iniziativa privata locale può e deve prendere nella dovuta considerazione, quali problemi possono e debbono interessare gli organi regionali e centrali per la loro sollecita attenzione?- continuava Mario D’Oriano – Da troppo tempo ormai nell’isolano è radicata la convinzione che La Maddalena sia un’isola non solo geografica, ma anche etnica, economica; da troppo tempo, ormai, da più parti, l’isola, la città di La Maddalena, sono tenute nella considerazione di un’appendice della Sardegna. L’ultima probante considerazione ci è dettata dalle condizioni in cui, nonostante tutto, La Maddalena si è affermata in campo turistico”. Milioni e milioni erano stati spesi dalla Regione per creare i presupposti del “lancio” di alcune località, balneari o montane, mentre l’arcipelago era stato puntualmente trascurato, quasi ritenuto fuori del sistema turistico sardo. Per la Maddalena erano state nominate commissioni di studio e “comitati rinascita”, che avevano studiato piani di opere pubbliche e grandi interventi strutturali, che avevano avuto il merito/demerito di fare insorgere negli isolani solide speranze nel futuro, sostituite presto dalla disillusione, ed era una dinamica ricorrente nella storia di queste genti. Nessuno, però, aveva mai ponderato un’opportunità di crescita da mettere in relazione a un impianto produttivo diverso da quelli valutati comunemente, la marineria, la pesca, la cantieristica, il terziario. A che punto era il turismo nella scala dei valori accreditata dai politici e dai tecnici della Regione? Semplicemente, non si trovava. E se solo uno dei problemi esaminati avesse ottenuto pratica risoluzione, il territorio non si sarebbe trovato nelle condizioni in cui versava, con i trasporti insufficienti, con la mancanza d’acqua, con un complesso viario ridicolo. “Alla luce dei risultati acquisiti nella presente stagione turistica, La Maddalena pone ora la sua candidatura a località turistica di prima grandezza fra le città sarde, pone questa sua candidatura in virtù di un modo naturale, logico, non prefabbricato, non acquisito a forza di propaganda o di manifestini, non sollecitato a colpi di milioni. La rinascita di La Maddalena può prendere dal movimento turistico, diciamo anzi che è già in atto. Occorrono però opere, strade, traghetti. Questo, tutto questo, non può e non deve essere ignorato. Comprendiamo perfettamente che nuoce molto alla nostra città non avere una voce amica in seno al Consiglio Regionale, comprendiamo perfettamente che l’inserimento prepotente dell’arcipelago maddalenino nel movimento turistico sardo viene a ‘rompere le uova nel paniere‘ a molteplici catene di interessi e simpatie, ma è bene che si comprenda che anche La Maddalena ha diritto ai suoi motivi di vita, ha diritto, dopo anni di deprimente agonia, alla sua rinascita”- concludeva Mario D’Oriano. (Giancarlo Tusceri)

17 gennaio

Il Consiglio dei ministri approva il Piano di Rinascita della Sardegna, che prevede una spesa di 400 miliardi in 15 anni.

28 gennaio

Inizia in Senato la discussione sul disegno di legge «Programma straordinario per favorire la rinascita della Sardegna in attuazione dell’art. 13 della legge 26 febbraio 1948, n. 3».

15 marzo

Il Consiglio regionale emenda e approva un nuovo testo del Piano di Rinascita che propone alle Camere.

27 marzo

Visita ufficiale del Ministro Taviani nel salone comunale di La Maddalena.

21 aprile

Il “Plastico Italia” di Stagnali a Caprera. Nel primo Raduno Nazionale del 1961 in Sardegna dei “Bersaglieri di Caprera”, è stato redatto un numero unico che ne traccia la storia della Bersaglieresca Sarda e di Caprera.

21 aprile

Per il centenario dell’Unità d’Italia sbarca sull’isola il ministro Taviani.

29 aprile

Il giovane principe Karim Aga Khan, bello, allegro, entusiasta, viene ricevuto ad Arzachena dall’Onorevole Giovanni Filigheddu, profondamente arzachenese e gallurese, capace di parlare di due lingue, inglese e francese, e da Nicola Azara, di Abbiadori. I tre, insieme ad altri abitanti della zona che allora si chiamava Monti di Mola, percorrono a piedi le campagne tra la spiaggia di Rena Bianca e di Cala di Volpe. Sotto una pioggia intermittente, camminano tra la fittissima macchia mediterranea, nelle stradine strette che i galluresi chiamavano delle capre; tutt’intorno, il vuoto, il silenzio; solo qualche stazzo sulle colline. È la seconda visita dell’Aga Khan in Sardegna, fatta nel giorni in cui la Regina Elisabetta, amica del Principe, arrivava a Cagliari. La prima fu nel dicembre 1960 e non fu positiva. Vista Monti di Mola, l’Aga Khan pensò che lì non si potesse fare nulla.

18 giugno

Elezioni regionali: incremento dei voti democristiani e sardisti.

25 giugno

Fu nell’anniversario del Centenario dell’Unità d’Italia, che Giovanni Battista Culiolo venne giustamente ricordato nel suo paese natio, con una statua bronzea che lo raffigura a mezza vita. Lo scoprimento avvenne il 25 giugno 1961 al termine del Pellegrinaggio nazionale dell’Associazione Nazionale Veterani e Reduci Garibaldini, inserito nel Programma del Centenario “Italia ’61”, con la partecipazione di seicento Camicie Rosse, giunte la mattina da Civitavecchia sulla Motonave “Arborea” della Tirrenia ed accolte sulla banchina del porto maddalenino dal picchetto d’onore della Marina Militare insieme a varie autorità fra cui Francesco Cossiga in rappresentanza della Camera, il vice Prefetto di Sassari dr. Cossu Rocca, il Comandante della Base della Marina, Capitano di Vascello Francesco Ferrari e per il Comune di La Maddalena il vice Sindaco Giuseppe Sforazzini. Il corteo dei garibaldini, accompagnati dai parlamentari Giulio Zannini, in rappresentanza del Senato, Achille Marazza vice Presidente di “Italia ’61”, Randolfo Pacciardi oratore ufficiale della Cerimonia, Aldo Spallicci e Giorgio Bardanzellu di “Italia ’61” infine in rappresentanza della capitale l’assessore del comune di Roma Umberto De Leoni. Dopo la consueta visita a Caprera per rendere gli onori alla tomba dell’eroe del Risorgimento Giuseppe Garibaldi, i partecipanti si spostavano a La Maddalena, ove nel pomeriggio, nella centrale Piazza Umberto I, alla presenza della popolazione e delle rappresentanze, veniva quindi scoperto il monumento dell’eroico Maggior Leggero, al secolo Giovanni Battista Culiolo di La Maddalena, “l’indivisibile mio compagno” … “da quell’ardito ch’egli era stato sempre”, come raccontava nelle sue “Memorie” Giuseppe Garibaldi, parlando di lui. Allo scoprimento della statua, opera dello scultore Ugo Marinangeli, donata dall’Associazione Nazionale Veterani e Reduci Garibaldini al Comune di La Maddalena, intervenivano per l’amministrazione comunale l’assessore Giuseppe Deligia ed il senatore Aldo Spallicci, allora Presidente nazionale dell’Associazione garibaldina, che pronunciò la commemorazione ufficiale sulle gesta del Maggior Leggero.- Ugo Marinangeli (Rocca di Cambio 1917 – Roma 1990) Trasferitosi a Roma nel 1944. aveva insegnato dal 1945 al 1959 all’Istituto d’Arte. Nel 1959 gli era stata affidata la direzione dell’ Istituto d’Arte di Anagni. Nel periodo bellico e in quello successivo aveva frequentato numerosi artisti impegnati nel campo della scultura e della pittura. Fra questi fu ottimo amico di Gutttuso, Mazzacurati, Brunori, Greco e La Regina. Le sue opere più importanti, frutto di studio e di progetti, erano forme piene e compatte nei nudi femminili in piperino e ceramica. I suoi disegni ritraevano soggetti semplici ma molto significativi di un’Italia ingenua e contadina, per la maggior parte frutto del ricordo della giovinezza trascorsa a Rocca di Cambio. Una delle sue ultime personali era stata intitolata “Marinangeli satirico” per i ritratti grotteschi e satirici di famosi uomini politici: da Nixon ad Hitler ad Andreotti. Le sue opere figurano in collezioni private e nelle più note gallerie d’arte in Italia e in Europa. Aveva anche realizzato tre pale d’altare in ceramica per il Getsemani di Paestum ed un complesso di opere per l’Arcidiocesi di Portland nell’Oregon (Usa). Morì a Roma nel 1990. Vedi anche: Il monumento all’eroico “Maggior Leggero” inaugurato a La Maddalena 

27 luglio

Muore nella sua casa di Via Vittorio Emanuele, Filippo Marini, grande marinaio, mitico comandante del Nord America, barca che effettuava il collegamento La Maddalena-Palau. Era nato il 7 febbraio del 1875. Nel libro “Ricordi palaesi del 900”, l’autore Rino Cudoni, ricorda le traversate che lui faceva, da studente, negli anni Cinquanta del Novecento, col Nord America, per venire a La Maddalena. “Gli studenti non viaggiano quasi mai col piroscafo ella Tirrenia i cui orari non coincidono con quelli scolastici e ogni giorno scelgono, fra i mezzi alternativi, quello che consente di risparmiare qualcosa sul prezzo del biglietto; potranno così spendere la differenza per il gelato o qualche pasticca di liquirizia. Fra i più convenienti c’è il Nord America di Zì Filippo Marini, vecchio lupo di mare, che viaggia con qualsiasi tempo anche se il Gallura rimane fermo in porto a La Maddalena. Quando soffia il vento da maestrale e schiume bianche cavalcano le onde, i ragazzi non rinunciano a andare a scuola, anzi, pregustano il fascino della traversata in compagnia di Zì Filippo col suo barcone a vela latina munito di motore a testa calda, sul quale potranno partecipare direttamente alle manovre. La rotta è sempre la solita: partenza da Palau in direzione del faro di Punta Sardegna con vela ridotta e motore per facilitare la risalta del vento; al traverso di Stroppello, con una magistrale accostata a dritta, spento il motore, la barca vola in gran lasco verso la scogliera di Cala Gavetta; doppiata quest’ultima, virando sulla sinistra, Zì Filippo ordina: “Ammaineti tuttu!” e, con il solito abbrivio, scarroccia lentamente fino ad appoggiare dolcemente la fiancata in banchina sul lato opposto. La breve avventura è finita”.

30 luglio

Finale di Coppa Italia Dilettanti al Flaminio di Roma tra Ilvarsenal e il Borgomanero (0-1). L’Ilva viene sconfitta ma è comunque un successo straordinario con giocatori fatti a casa e pagati poco, con l’attaccamento alla maglia biancoceleste che su pochi campi abbiamo visto. I nomi sono ormai nella leggenda, D’Oriano, (Fumi), Vitiello, Scanu, Serra, Comiti, Pisano, Iuliucci, Paoli, Fabiani, Casciani (Collini), Petri. Allenatore il toscano Cenci e presidente Pietro Secci. Siamo nell’era del Dott. Secci e allenata dall’indimenticato Zichina. Arrivano Fabiani e Casciani a rinforzare la squadra che dovrà affrontare il campionato di serie D. L´Ilva dovrà vedersela con la Ternana, l´Empoli e altre squadre blasonate del continente. Dopo una partenza a handicap sarà solo 18^, la retrocessione fu inevitabile. La squadra fu rivoluzionata, si attinse a piene mani dal prolifico settore giovanile guidato magistralmente da Zichina e per diverse stagioni, ben figurarono nel campionato di Eccellenza.

19 settembre

Data molto importante per il nascente Consorzio Costa Smeralda, infatti il 19 settembre  venne venduto il terreno dell’Isula di lu Monti e il venditore è entrato nella leggenda: l’arzachenese Salvatore Ghilardi (nella foto), classe 1886. Molti hanno ironizzato sul fatto che non conoscesse il valore dei soldi, e che per le sue terre chiedesse milioni invece che miliardi. Non era vero. È una fake news che i documenti spazzano via. Ghilardi, che viveva nello stazzo di Cicculedda, nella collina che domina tutta Cala di Volpe, ha sempre preteso miliardi proprio per quell’appezzamento di terra, esteso per 300 ettari. E lo ha venduto nel 1966 solo dopo una lunga trattativa (durata cinque anni) e dopo aver venduto, a rate, altre due aree di sua proprietà, tra cui quella di l’Isula di lu Monti. L’atto di passaggio di quest’ultima avvenne 58 anni fa, a San Pantaleo. L’Isula di lu Monti è la penisola, come si vede nelle foto, tra le spiagge di Liscia Ruja e Cala Petra Ruja: un promontorio ricco di vegetazione, con una piccola casetta costruita da Ghilardi per passarci la notte e alcune spiaggette isolate, molto amate da Dolores Guinness (da qui il nome, inappropriato, di Punta Guinness). Questo terreno in comune di Arzachena, di 40 ettari, interamente recintato, era il più lontano dallo stazzo di Ghilardi. La trattativa fu veloce e il contadino se ne liberò senza troppi problemi: a comprare fu Etablissement Romazzino, rappresentata da Patrick Guinness, uno dei Soci Fondatori del Consorzio. Poco prima, a giugno, Ghilardi aveva venduto un altro terreno alla Romazzino: una striscia dietro la spiaggia di Li ‘Itriceddi. Poi, per i restanti 300 ettari, aveva da subito preteso miliardi. Miliardi non milioni. Lo documentano gli atti notarili, lo scrissero da subito i grandi giornali nazionali: Ghilardi vuole 2 miliardi, prendere o lasciare. Quella cifra fu pagata, perché senza quei terreni non sarebbe potuta nascere la Costa Smeralda.

1 ottobre

Si apre una sezione staccata dell’Istituto Tecnico Nautico di Porto Torres.

15 ottobre

La Maddalena conta 11.169 abitanti con un +7,7% rispetto al 1951. Il questionario viene diviso in sezioni. Per la raccolta dei dati si utilizzano elaboratori di seconda generazione con l’applicazione del transistor e l’introduzione dei nastri magnetici.

15 ottobre

Grazie ai lavori effettuati nel porto che consentono l’attracco, si chiede il ripristino della linea di navigazione n° 6 da Livorno a Palau. Tutti i parlamentari sardi sono coinvolti per appoggiare la richiesta.

 18 settembre

Il Consiglio comunale di Santa Teresa chiede l’istituzione di una sezione staccata della scuola media di Palau. L’undici ottobre, il provveditorato agli Studi comunica l’autorizzazione alla apertura della prima classe di scuola media, ma dispone di aggregarla amministrativamente alla Scuola di La Maddalena piuttosto che a quella di Palau.

28 ottobre

Consegnata a Cagliari la targa 50 000. Secondo dati ACI le auto circolanti nell’isola sono 26.969.

12 novembre

Elezioni comunali a La Maddalena; confermarono la supremazia della Democrazia Cristiana, con una percentuale leggermente inferiore a quella raggiunta quattro anni addietro, ma si trattava pur sempre di una maggioranza assoluta (50,74%). Risicata, se si vuole, ma sempre una maggioranza. E ciò, ovviamente, faceva da contrappunto al logoramento di un partito tenuto insieme da una sola volontà, quella di avere in mano le redini del potere qualunque cosa fosse accaduta, e per questo attraversato da una crescente difficoltà a fare accogliere dalla gente il proprio messaggio politico. Durante la campagna elettorale i partiti e i gruppi di interesse (l’Unione dei Commercianti) che avevano presentato le loro liste tennero un basso profilo, non si registrarono manifestazioni esteriori, e questo, forse, fu dovuto al fatto che gli elettori attribuivano poca importanza alla propaganda elettorale, condotta a suon di megafoni e di slogan replicati e privi d’effetto, di comizi in cui si divulgavano i massimi sistemi della politica e si dimenticava di annunciare le soluzioni ai principali problemi della città: le parole, i manifesti e gli striscioni avevano lasciato il tempo che avevano trovato, e avevano raccolto scarsa considerazione in seno agli elettori isolani. Il maltempo non favorì certo le aggregazioni di piazza e le manifestazioni pubbliche, se si faceva eccezione per il comizio che aveva tenuto il 3 novembre il deputato socialista sassarese Mario Berlinguer, amico del leader locale Salvatore Vincentelli, il quale era stato eletto consigliere provinciale, nel 1960, si dice con i voti determinanti dei cattolici che volevano sferrare un tiro mancino a Pasqualino Serra, il candidato imposto dalla segreteria provinciale e non gradito al parroco e all’Azione cattolica.
Il P.S.I., per contro, aveva elaborato un programma per le amministrative del novembre del 1961 in funzione antidemocristiana: il partito che fino ad allora aveva ottenuto la maggioranza assoluta dei consensi era criticato perché aveva svolto in Comune soltanto, e non sempre, l’ordinaria amministrazione, senza puntare alla crescita civile e senza affrontare con decisone i reali problemi sul tappeto che erano quelli dell’approvvigionamento idrico, del miglioramento del servizio di nettezza urbana, della costruzione di alloggi di edilizia popolare, della sistemazione delle strade interne, degli edifici scolastici, delle iniziative volte a promuovere il turismo, del porto commerciale, dei collegamenti marittimi, dell’energia elettrica dopo la vendita dell’azienda comunale ai privati.
I socialisti si ponevano “in alternativa politica e di potere” ai democristiani, e annunciavano una lotta accanita “al fascismo e al clericalismo sotto qualsiasi forma essi si presentino – dicevano – facendo appello a tutte le forze democratiche perché rafforzino il PSI contro lo strapotere DC e contro i socialdemocratici che sempre hanno sostenuto e coperto le responsabilità del partito clericale”. La Democrazia Cristiana, mediante la propria segreteria di sezione, rese pubblico il programma elettorale che riprendeva i temi consueti: rifornimento idrico, sistema viario, ospedale civile, ampliamento della rete fognaria, sistemazione del porto turistico a Cala Gavetta, ingrandimento della banchina commerciale a beneficio delle navi traghetto, costruzione del villaggio del pescatore, istituzione dell’Istituto tecnico nautico e costruzione dell’edificio che l’avrebbe ospitato, incremento dell’edilizia scolastica rurale, potenziamento dei collegamenti marittimi, apertura al traffico dell’aeroporto di Vena Fiorita ad Olbia, sistemazione dei canali di raccolta delle acque piovane per prevenire i danni alluvionali, incremento delle attrezzature turistiche e sportive, realizzazione della diga ponte La Maddalena-Santo Stefano, esonero dal pagamento della tassa famiglia agli operai, impiegati e pensionati con un reddito non superiore alle 600 mila lire annue, sviluppo dell’edilizia economica e popolare, facilitazioni per le iniziative turistiche e industriali; istituzione di un assessorato comunale per risolvere i problemi dei giovani.
Per contro, la ‘caccia al voto’ e la ricerca spasmodica del singolo elettore erano state accanite, assillanti e avevano assunto forme e metodi ‘scientifici’: erano elezioni importanti, quelle del 1961, soprattutto alla luce di quanto era accaduto fino a quel momento, politicamente parlando. Il partito dello scudo crociato aveva perso consensi. Bastava fare un confronto con i risultati delle elezioni civiche dal 1952 in avanti.
In quel frangente, quando la D.C. fu posta in minoranza, il partito aveva raccolto solo il 38,47% dei suffragi, poi erano venuti il temporale delle epurazioni in Arsenale, la rinuncia del sindaco Renzo Larco, l’esperienza del commissario prefettizio.
Alle successive elezioni, del marzo 1953, lo ‘scudocrociato’ aveva raggiunto il suo massimo storico: 59,4% 316.
Nell’ottobre del 1957 si passò al 52,8%, ora si era a 50,74%. In otto anni l’emorragia aveva causato una perdita di 8,66 punti percentuali, oltre un punto per anno. Considerato che l’amministrazione era sempre stata nella mani democristiane, che il partito controllava tutte le organizzazioni cattoliche cittadine ed estendeva il controllo sugli istituti paracomunali quali l’E.C.A., ad esempio, sulle commissioni comunali, era palese che la città viveva in un malcontento politico tutt’altro che recondito.
Facevano un passo avanti le sinistre, recuperando in totale un consigliere (cinque per i comunisti uniti con i socialisti d’Unità Proletaria, quattro per i socialisti) e si affacciava per la prima volta alla ribalta cittadina l’Unione Commercianti che raggranellava due seggi.
I 200 voti raccolti quattro anni prima dalla Lista Tricolore, che aveva riunito i monarchici, i liberali, i missini e, diciamo, anche la Massoneria, e che appartenevano a una massa fluttuante di elettori di destra che avevano più di una volta deciso le sorti delle consultazioni elettorali, pare che fossero stati distribuiti fra quattro delle liste in campo nel 1961: democristiana, socialdemocratica, missina e dei commercianti. O almeno, questa era la l’opinione comune.
I due rappresentanti dei negozianti (il giovane Pino Conte e il navigato zi’ Bià Migliaccio) mostrarono immediatamente la loro duttilità amministrativa associandosi alla lista democristiana, facendo raggiungere al designato sindaco Tramoni la quota di 18 preferenze, e conquistare la carica. I comunisti e i missini si astennero, i socialisti votarono scheda bianca 319. Il rappresentante del P.S.D.I., il medico Lino Grondona, non era in aula. (Il consigliere socialdemocratico Grondona rassegnò le dimissioni nelle mani del sindaco dieci giorni dopo essere stato eletto, a causa di impegni professionali. Il Consiglio Comunale prese atto della sua decisone e votò la surroga di Lino Grondona con il primo dei non eletti nella lista del P.S.D.I., che era Lorenzo Barago, meglio conosciuto con il nome di Amerigo. (T. Abate)

12 novembre

In una domenica fredda e piovosa, al Comunale si gioca la sfida di alta classifica tra Ilvarsenal e Quartu che mette di fronte anche i due migliori portieri del torneo: Italo Sulliottti, titolare della Rappresentativa Sarda, e il nostro Nino D’Oriano, rientrato all’Isola per concludere una brillante carriera in categorie superiori. Le cose per i maddalenini si mettono male quando al 14’ della ripresa Manca porta in vantaggio gli ospiti, ma la reazione è veemente e alla fine gli arsenalotti riescono a prevalere. Pasqualino Nieddu su La Gazzetta Sarda così commenta i momenti decisivi: “Dopo che al 20’ Juliucci aveva colpito lo spigolo interno della traversa, giunge al 25’ il pareggio per i locali. Punizione di Serra dalla destra: pallone sulla mischia dove Paoli, con una improvvisa rovesciata, insacca sulla destra di Sulliotti. La rete della vittoria per gli uomini di Cenci giunge al 42’. Ne è autore Scanu I, dopo che Juliucci aveva operato una bella finta, il quale indirizza verso la porta di Sulliotti un pallone innocuo, che anzi è già preda del portiere. Inspiegabilmente però gli sfugge dalle mani e finisce in rete. Facile immaginarsi lo spettacolo in campo e sulle tribune». Per gli appassionati di statistiche annoto la formazione arsenalotta, schierata con una formula che ripensata secondo le teorie correnti si tradurrebbe in un offensivo 3-2-5: D’Oriano, Vitiello, Comiti; Serra, Scanu II, Pisano; Juliucci, Paoli, Capitoni, Filinesi, Scanu I.

24 novembre

Il Senato approva il Piano di Rinascita coni soli voti contrari di socialisti e comunisti.

27 novembre

Viene eletto sindaco il trentasettenne democristiano Josto Tramoni, dentista, ufficiale medico della Marina Militare per dieci anni. Fu eletto dal Consiglio comunale rinnovato nei due terzi dei suoi componenti. Gran parte dei consiglieri non superava i quaranta anni di età: era passata la cosiddetta ‘linea giovane. La società isolana aveva invocato un cambio generazionale perché non sempre e non tutti i curatori della ‘cosa pubblica’, negli anni passati, avevano fornito esempi edificanti. Arrivava il momento di affidare alle nuove leve il timone della nave. Il rimedio per i mali che affliggevano la città era alla portata di tutti ed era uno solo: l’invito “aperto, franco deciso, ai giovani alla partecipazione alla vita pubblica da parte delle organizzazioni politiche; un taglio netto, deciso, altrettanto franco dall’anzianità bruciata che nulla a La Maddalena può più dire”- lo suggeriva un rappresentante della stampa che si diceva stanco di stendere cronache tediose sulle solite beghe di palazzo. In pratica doveva essere posta una grossa pietra, “un macigno che potremo andare a trovare in uno degli angoli più belli dell’arcipelago” sulla vita politica, amministrativa, dal 1944 ad allora. A patto che i vecchi avessero avuto davvero l’intenzione di farsi da parte.
Tramoni era un professionista brillante e stimato, ben inserito nella società (era presidente della sezione dei Lyons Club) e, soprattutto, era giovane. Nella medesima seduta furono designate le cariche assessoriali. Ebbero i voti necessari: Natale Berretta (18 voti), Alessandro Conti (18), Giovannino Campus (18) e Pietro Vasino (17), che divennero assessori effettivi, e Lino Ornano e Lino Tirotto, che divennero invece assessori supplenti. L’equilibrio fra i ‘Dieci’ e i ‘Laici’ era perfetto: tre alla sacrestia e tre ai futuri ‘morotei ’. Il giorno 28 novembre, alla prima riunione della nuova Giunta, i giornalisti isolani, Aldo Chirico, Mario D’Oriano e Pietro Favale offrirono al neo eletto un dono … scaramantico: un artistico cofanetto con dentro una buccia di banana, accompagnato da un biglietto con le parole ‘Quod Deus advertat Joste’ . ”Ci auguriamo davvero, non solo a titolo personale, che il sindaco non abbia a scivolare su bucce di sorta” – si leggeva nel servizio giornalistico di D’Oriano. E l’augurio non poteva essere più adatto al momento! Fu un buon augurio, perché Dio protesse Josto Tramoni, e i concittadini lo aiutarono davvero. La sua amministrazione durò a lungo, dal novembre del 1961 al giugno 1965. (T. Abate)

6 dicembre

Prima manovra militare di vaste proporzioni nelle basi militari dell’isola: in un’azione di guerra simulata 2.000 marines sbarcano a Capo Teulada.

20 dicembre

Nell’ufficio di stato civile di San Pantaleo, comune di Olbia, avanti al notaio Mario Altea di Tempio Pausania, testimone il geometra Bastiano Sotgiu, è presente l’avvocato Augusto Garibaldi di Roma, procuratore di Sua Altezza il Principe Karim Aga Khan. L’avvocato Garibaldi, per conto del Principe, compra un centinaio di ettari tra la spiaggia di Rena Bianca e quelle di Razza di Juncu. A vendere quei terreni – e due stazzi, Fucareddu e Antuneddu, ancora in piedi – sono due vedove, Caterina Ragnedda di San Pantaleo e Lorenza Malu di Cannigione. Sono i primi e unici terreni comprati direttamente dal Principe Karim Aga Khan, quelli che gli diedero il diritto di essere il presidente del Consorzio Costa Smeralda, lo strumento con cui ha costruito la Costa Smeralda.

31 dicembre

Dalle indicazioni del censimento del 1961, le abitazioni sono 2.757 e le stanze 9.056.