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Aiacciu

Aiacciu (nome scientifico Juniperus phoenicea L. subsp. turbinata (Guss) Nyman, nome comune Ginepro fenicio, nome locale Aiacciu). Articolo della ricercatrice e  scrittrice maddalenina Giovanna Sotgiu.

In prossimità delle feste natalizie, prima che a qualcuno venga la voglia di fare l’albero di Natale tagliando giovani piante di aiacciu, prendiamo la parola in difesa di questo ospite illustre del nostro arcipelago.

Presente ovunque, tranne negli isolotti più piccoli, non ha esigenze: cresce su qualsiasi tipo di terreno, a volte nelle spaccature dei graniti inospitali che difficilmente gli consentiranno una crescita rigogliosa; arriva vicinissimo al mare sulla sabbia o sulle rocce più esposte al vento e agli spruzzi, dove, come unica difesa, assume un aspetto strisciante senza rinunciare al suo verde intenso e profumato.

Non essendo soggetto a variazioni di colore autunnali o a perdita evidente di foglie, corredato sempre da bacche che, maturando in due anni, si alternano sui suoi rami, con la sua crescita lentissima, l’aiacciu non è adatto alle persone impazienti: forse per questo difficilmente viene piantato nei giardini dove si preferiscono altre essenze dallo sviluppo più rapido, che danno “maggiore soddisfazione”.

Eppure, se si ha la pazienza di seguirne i ritmi e di osservarlo senza fretta, l’aiacciu si mostrerà in abiti diversi, sempre eleganti: il fiero portamento chiuso che lo rende resistente anche ai venti più impetuosi; l’ondeggiare mai scomposto nemmeno sotto le sferzate del ponente o del maestrale; il corteggio di uccelli, soprattutto i merli, che banchettano con le sue bacche; l’inusuale aspetto giallognolo, quasi polveroso, quando si riempie dei suoi fiori minuscoli e poco appariscenti che, mossi dal vento, gli creano intorno nuvole di polline; i fiori femminili fecondati, piccole sculture azzurrine e poi coccole verdi che maturando assumono colore marrone sempre più marcato; il profumo che sembra più intenso in inverno.

Questo è l’aiacciu che orna le nostre isole, che ci accompagna ovunque, che ingentilisce con la sua presenza il paesaggio roccioso. Perchè tagliarlo per l’effimera e inutile soddisfazione di dargli artificiali ornamenti per pochi giorni?

Giovanna Sotgiu – Co.Ri.S.Ma