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Posidonia

Posidonia (nome scientifico Posidonia oceanica, nome locale aliga o alga)

Molti turisti che si recano per la prima volta a La Maddalena rimangono delusi dal fatto che in molte spiagge, anche quelle più belle, si trovino piccole e grandi concentrazioni di alghe. La sensazione che ne ricavano è quella di un mare sporco o almeno poco curato perchè ritengono -in buona fede, certo- che le alghe vadano ritirate per lasciare modo ai bagnanti di godere delle acque cristalline dell’isola.

Il turista medio che viene qui in vacanza non è tenuto a conoscere tutti i meccanismi ecologici dell’isola perchè viene principalmente per rilassarsi e godere del mare, ma il vero amante di Maddalena – quello che non solo è interessato a scoprire la sua storia, ma anche ama e rispetta la sua natura – sì che dovrebbe sapere cosa sono queste “alghe” e perchè non vengono eliminate.

Innanzitutto quelle che fino ad ora abbiamo definito “alghe” in realtà sono delle piante marine chiamate “posidonia oceanica” molto diffuse in tutto il Mediterraneo: vivono nei fondi sabbiosi tra gli 0 ed i 40 metri di profondità e formano tra di loro delle vere e proprie praterie sottomarine. La principale differenza tra alghe e posidonia risiede nel fatto che queste piante possiedono degli organi specializzati (radici, gambi, fiori…) per realizzare delle funzioni specifiche, mentre le alghe – anche le più complesse- formano solo diversi tipi di tessuti, non assorbono nutrienti essenziali nè possiedono vasi interni atti a trasportare la linfa.

Le estese concentrazioni di posidonia che vediamo nelle acque delle calette dell’arcipelago hanno una grande rilevanza dal punto di vista ecologico tanto da essere considerate un ecosistema protetto dalla Unione Europea come “habitat prioritario”.

La posidonia infatti è un elemento fondamentale nella protezione delle coste visto che con le sue foglie crea delle barriere naturali che riducono la velocità delle correnti e proteggono la costa dall’erosione del mare soprattutto durante i grandi temporali della stagione fredda. Al suo interno vivono molti organismi animali e vegetali che nella prateria trovano nutrimento e protezione. La posidonia inoltre aumenta la trasparenza delle acque marine intrappolando i sedimenti presenti nel mare ed infine, e forse è l’aspetto più importante, produce grandi quantità di ossigeno. Molto sensibile agli agenti inquinanti, la posidonia quindi non è un’alga ma piuttosto un indicatore della buona qualità delle acque marine.

Le concentrazioni di colore marrone scuro presenti sulla battigia che vengono quasi a formare delle dune sono in realtà masse di posidonia in decomposizione chiamate banquette e rappresentano il ciclo di cambio delle foglie che la pianta realizza annualmente: proprio grazie a questi terrapieni naturali che compattano naturalmente la sabbia e vi apportano materiale organico, le spiagge riescono ad evitare l’erosione derivante dalle maree e dal vento.

Quindi, cari amici, riflettiamo anche noi e chiediamoci perchè amiamo tanto Minorca: se vogliamo ancora godere delle sue spiagge vergini e della sua natura incontaminata e desideriamo che anche i nostri figli vedano tutte queste bellezze, dovremo imparare a rispettare la Natura ed a convivere con la posidonia senza storcere troppo il naso.

Nell’arcipelago maddalenino, i toponimi Cala d’Aliga (a Spargi) e il meno noto l’Aliga Puzzosa, col quale si identificava un tempo Cala Serena di Caprera, ci dicono che i Maddalenini conoscono bene la posidonia e le sue foglie secche, usate come riempimento per i sacconi (i materassi dei più poveri), o come concime facilmente reperibile. Tutti abbiamo imparato a conoscerla fin da bambini quando, allontanandoci dalla riva per scoprire il nuovo mondo del mare, siamo arretrati un pò impauriti dinanzi alla barriera scura e mobile che improvvisamente sostituiva la familiare sabbia.

Poi abbiamo appreso a notare le lunghe foglie nastriformi verde brillante in primavera, scure in autunno, quando si staccano dal fusto e arrivano sulla costa formando grandi ammassi grigiastri. Eppure molte cose che riguardano questa pianta sono sconosciute: prima fra tutte il fatto che si tratti proprio di una pianta e non di un’alga, quindi sottoposta allo stesso ciclo delle sue parenti terrestri; la posidonia ha radici, fusto foglie, ma anche fiori e frutti, difficili da vedere i primi perché poco frequenti, visibili i secondi a riva o presso i nidi degli uccelli marini, ma scambiati per piccoli semi di oliva a causa della loro rassomiglianza con questi.

E forse ci sfugge anche che la posidonia è la componente più importante del nostro mare che essa colonizza da una profondità di pochi centimetri fino a 40 metri, fin dove, cioè, può arrivare la luce, elemento indispensabile per la sua vita. Nell’ecosistema costiero essa costituisce rifugio e “asilo nido” per neonati di diversi tipi di pesci e ospita sulle foglie microrganismi che sono nutrimento per le specie di base della catena alimentare. Svolge una azione benefica anche sulla terraferma: infatti, la sua massa ondeggiante e le sue foglie morte a mezz’acqua smorzano la violenza delle onde contribuendo così ad evitare l’asportazione della sabbia dai litorali.

Prova di questo lavorio sono quegli agglomerati di fibre miste a sabbia a forma di palla schiacciata, rinvenibili sulle spiagge dopo le mareggiate, e che i vecchi maddalenini identificavano come escrementi della foca monaca (“cacati di boiu marinu”).

Le praterie di posidonia hanno il loro peggiore nemico nell’uomo: quando le reti a strascico o le ancore, arando sul fondo, ne staccano dei rizomi, lo spazio lasciato libero dalle radici strappate è percorso dalle correnti marine che continuano ad allargare il varco creatosi ed impediscono la germinazione di nuove piante; l’inquinamento portato da corsi d’acqua, alterando l’equilibrio e la purezza del mare, la fanno arretrare inesorabilmente; l’immissione casuale nelle coste francesi di un’alga dannosa (Caulerpa taxifolia) ha provocato la scomparsa della posidonia da vaste aree. E noi ce la faremo a mantenerla nei nostri mari?

Non si conoscono particolari utilizzi legati a questa pianta marina, tuttavia è divertente ricordare che in passato, le palline formate dalle foglie arrotolate della pianta (egagropile), numerosissime sui litorali sabbiosi dell’Arcipelago, si pensava fossero gli escrementi della foca monaca (boiu marinu), un tempo presente in queste acque.

Vedi anche: La prateria di Posidonia oceanicaApprofondimento: la posidonia – Struttura della pianta o Approfondimento: la posidonia – Caratteristiche generali