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Approfondimento: la posidonia – Struttura della pianta

La struttura della pianta e costituita da ciuffi di 5-8 foglie che si inseriscono sul rizoma, un fusto modificato, seminfossato nel sedimento, che porta anche le radici. Le foglie sono a forma di nastro con nervature parallele, larghe circa un centimetro e di lunghezza variabile (anche fino ad un metro), a seconda della stagione. Esse compiono il processo della fotosintesi ed assorbono sostanze nutritive dall’acqua. Sono dotate, all’interno dei loro tessuti, di vescicole piene di gas: ciò permette loro di fluttuare nell’acqua, e di galleggiare, una volta distaccate ma ancora fresche. Si accrescono piuttosto velocemente e sono stagionali; questo fa si che la prateria assuma una colorazione bruna in estate, quando le foglie sono oramai vecchie e ricoperte di alghe ed organismi animali, mentre in autunno, quando le vecchie foglie lasciando il posto a quelle giovani, la prateria assume un aspetto verde brillante. La Posidonia oceanica non rimane mai completamente spoglia, poiché la produzione di nuove foglie è continua, ma il tasso di accrescimento è minimo in estate e massimo in primavera. Secondo alcuni studiosi, la caduta delle foglie potrebbe essere causata anche dall’accumulo eccessivo di organismi che incrostano le foglie stesse, determinando un ostacolo agli scambi gassosi della pianta. Quando le foglie muoiono si distaccano dalle basi, chiamate scaglie, su cui sono inserite. Le scaglie rimangono invece attaccate al rizoma, ed entrambi, per l’alta percentuale di lignina e di cellulosa presente, si decompongono in tempi piuttosto lunghi, restando nei sedimenti anche per secoli. A volte sulla spiaggia e possibile trovare piccole palle di colore bruno dette “egagropile”. Queste curiose formazioni sono il risultato dell’azione del mare sui residui più resistenti dei rizomi e delle vecchie foglie che cadono in autunno: i residui vengono infatti appallottolati e intrecciati dal continuo rotolare sul fondo e costituiscono un chiaro segno della presenza di posidonia nelle vicinanze. Il rizoma è anche un importante organo di propagazione della posidonia. Si ritiene, cioè, che la diffusione “per stoloni” (la crescita di nuove radici e foglie da rizomi staccati, o pezzi di questi) sia il meccanismo di riproduzione più utilizzato dalla pianta. I fiori, infatti, che compaiono nei mesi di settembre-ottobre e possono essere da quattro a dieci, spesso degenerano.

Anche i frutti, chiamati “olive di mare” per la loro tipica forma, quando sono maturi si staccano dalla pianta e, galleggiando, marciscono, lasciando cadere sul fondo il seme che però difficilmente arriva a germinare. Il rizoma cresce di circa quattro centimetri l’anno, più lentamente quindi delle foglie, ma può accrescersi sia in senso orizzontale sia in senso verticale. La posidonia adotta quindi la più appropriata strategia di crescita in risposta alle diverse situazioni ambientali, crescendo in verticale quando deve evitare il seppellimento dal detrito, ed in orizzontale quando deve estendersi in larghezza. Si forma col tempo una struttura tridimensionale “a gabbia” sotto il sedimento, struttura che i pescatori della Provenza hanno chiamato “matte”. Una “matte” e composta da residui compattati e legati da una matrice di sedimenti, rizomi e radici morte, che conferiscono resistenza alla struttura e una buona capacità di adattamento al dinamismo dell’ambiente. Le foglie della posidonia, con il loro effetto frenante sulle onde e sulle correnti, catturano i granelli di sabbia e le particelle trasportate dall’acqua, che vanno cosi a depositarsi nella prateria, sotto la coltre di foglie. A questo intrappolamento di particelle che arrivano dall’esterno si aggiunge naturalmente il contributo della sedimentazione interna alla prateria, dovuta all’accumulo di resti calcarei dei numerosissimi organismi animali e vegetali che vivono sulle foglie e tra i rizomi, tra cui anche la Miniacína miniacea.

La pianta quindi durante il suo ciclo vitale può adattarsi, come abbiamo visto, alle diverse condizioni ambientali, e risponde alla mancanza di luce delle profondità, rarefacendosi.

Parzialmente tratto da “La spiaggia rosa e l’isola di Budelli. Guida naturalistica e storica” di Marco Leoni, Fabio Presutti, Luca Bittau