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Assenzio arbustivo

Assenzio arbustivo (nome scientifico Artemisia arborescens, nome locale scenzu). Articolo della scrittrice e ricercatrice maddalenina Giovanna Sotgiu.

Cespuglio con molti rami ricchi di foglie, divise in lacinie e coperte di tomento, che danno alla pianta un aspetto leggero e arioso, malgrado l’altezza (fino a due metri). E’ facilmente riconoscibile dalle specie presenti in questo periodo, per il colore grigio chiaro, che spicca sul verde della macchia e sul giallo bruno delle erbe ormai secche.

I fiori gialli piccoli e molto numerosi sono raccolti in pannocchie. I frutti hanno un intenso profumo simile a quello dell’Artemisia absinthium che, macerata in acquavite con anice verde e finocchio, dà un liquore oggi poco apprezzato perché dannoso, ma conosciuto e molto usato nella seconda metà dell’Ottocento dai poeti maledetti, e tema di un celebre quadro di Degas.

Cresce anche in luoghi sassosi e assolati e quindi abbastanza diffuso in tutto il bacino del Mediterraneo, soprattutto nelle zone costiere e nelle isole. Nella medicina popolare si usavano le parti sommitali per un infuso contro le infiammazioni del fegato. Particolari sono due forme di utilizzo delle foglie, una della zona sud della Sardegna, l’altra delle isole Eolie.

La prima per curare la bronchite: le foglie venivano scaldate sulla brace, avvolte in un panno e applicate sulla parte alta della schiena; una coperta di lana, posta sulle spalle, doveva mantenere il più a lungo possibile il calore. Nelle Eolie invece la cura era contro le infezioni veneree della pelle: si facevano bollire rametti di assenzio con crusca di grano tenero; l’impasto ottenuto veniva lasciato all’aperto notte e giorno per 48 ore in un catino di terracotta o di ferro smaltato, quindi usato per lavare le parti infettate.

E’ curioso notare che sia in Sardegna che nelle Eolie foglie e fiori, in infuso, erano usati per stimolare l’appetito nella dose di un bicchiere al giorno: la differenza consiste nel fatto che, in tal caso, la pianta delle Eolie doveva esser di quelle che “non vedono il mare”, cresciuta, cioè, nelle zone interne.

A La Maddalena si conosce solo l’uso dell’impiastro applicato su distorsioni e gonfiori delle articolazioni. Due considerazioni porterebbero alla conclusione che l’artemisia arborescens sia quella che i vecchi maddalenini chiamavano erba tabacca, dalla quale creavano rudimentali sigarette: la prima è che a Bonifacio il nome della pianta è tabac frisé; la seconda che, secondo alcuni ricercatori corsi “i zitelli ne facianu sigalette”.

Giovanna Sotgiu – Co.Ri.S.Ma