Bagnetti e colonie estive
E’ facile pensare che ufficiali e ciurma delle navi dell’antica Roma che d’estate stazionavano nell’arcipelago maddalenino, prendessero il sole, in coperta o a terra, e s’immergessero nelle sue acque trasparenti per trarne refrigerio. Sia nell’antica Roma repubblicana che in quella imperiale tali pratiche erano infatti largamente in uso, presso le terme marine, dove c’erano, ed in mancanza con ‘abluzioni’ dirette. E’, di contro, difficile pensare che la stessa cosa facessero gli ufficiali e la ciurma delle navi pisane e spagnole che, nel Medio Evo e nei secoli successivi, qui ugualmente gettarono le ancore, come quelli delle navi barbaresche che funestarono queste isole. Immaginare poi i morigerati monaci del monastero di Santa Maria e gli altri ‘fustigati’ delle altre isole, immersi nello splendido porto Madonna (non della Madonna ndr) o sdraiati al sole della spiaggia di Budelli, è quantomeno azzardato- Per secoli infatti quelle pratiche furono ritenute peccaminose ed in quanto tali bandite. Fu solo dalla seconda metà del Settecento che, a cominciare dall’Inghilterra, riprese a diffondersi la convinzione che la pratica del mare, sole e bagni, fosse salutare, sia per il corpo che per lo spirito. E questo ci fa supporre che, tra il 1803 ed il 1805, non solo ufficiali e ciurma delle navi inglesi quando qui d’estate stazionarono, prendessero anche sole e bagno, ma ci fa azzardare anche l’ipotesi che lo stesso Nelson non abbia potuto resistere ad una ristoratrice e refrigerante immersione nelle nostre acque e ad un po’ di tintarella magari presa sul ponte della Victory, anche con l’intento di apparire più virile e più sexy in occasione degli appassionanti incontri con Lady Hamilton. Le cronache storiche riferiscono che dalla seconda metà dell’Ottocento un po’ in tutta Europa dilagò, prima a livello d’aristocrazia, poi di borghesia poi ancora di popolo (sempre avvezzo, in qualunque epoca storica ad imitare per quanto possibile nobili e ricchi), l’apprezzamento per il sole e per il mare. Garibaldi a Caprera qualche bagnetto se lo fece di certo, magari insieme alle belle dame (anche inglesi) che qui venivano a trovarlo. Il dilagare della moda “mare-sole”, che interessò presto anche le popolazioni del resto della Sardegna, è confermata dallo scrittore Florindo Florio-Sartori che nel 1888 parlò di Cala Maria, l’attuale Padule-Nido d’Aquila, “sito che nella stagione estiva frequentano, per prendere i bagni , molti sardi della Gallura, del Sassarese propriamente detto e d’altri paesi più meridionali della Sardegna, nonché parecchi continentali; ed è pure il luogo più gradito, a tale scopo , dagli stessi maddalenesi”. Siamo ad un attimo dall’inizio della trasformazione di La Maddalena da villaggio o borgo di mare, conosciuta soprattutto per Giuseppe Garibaldi a piazzaforte militare, con l’edificazione delle fortezze costiere, l’arrivo di migliaia di militari e di civili, l’esplosione urbanistica, la marcata differenziazione e separazione tra elemento civile ed elemento militare. Differenziazione che caratterizzò anche la tintarella ed il sale sulla pelle. I militari e le loro famiglie prendevano infatti i bagni nei bagnetti ufficiali e sottufficiali (allora nettamente differenziati), dagli inizi del Novecento realizzati e frequentati all’isola Chiesa, i civili presso quelli di Cala Balbiano, Cala Gavetta e dell’isola di Santo Stefano.
Nell’interessante libro ‘Saluti da La Maddalena”, Taphros editore, recita a pagina 13 che il conduttore del bagni del ‘Fortino’, un certo Carlo Giuliani, aveva fatto domanda per “prelevare sabbia a Cala di Trana nella costa gallurese, per ricostruire una fascia di conforto a terra per i bagnanti”. Siamo nel 1902. Trent’anni prima, il 9 luglio 1870 era stato autorizzato dal Consiglio Comunale quello di Cala Balbiano, “uno stabilimento balneario” veniva definito nella deliberazione assunta all’unanimità, mediante una Società d’Azionisti … “.
Del resto, scriveva Pietro di san Saturnino nel sui ricordi pubblicati nel 1874: “La stagione balnearia passata in quell’isola fu fortunatissima, l’accoglienza che mi ebbi fu delle più cortesi. Io discopersi un nuovissimo orizzonte per le bagnature adattissimo, che poco noto, desidero far conoscere a coloro che o per bisogno di salute o per vaghezza di distrazione vogliono momentaneamente lasciare la patria loro”. L’albergo Belvedere prima e l’albergo Ilva poi, costruito quest’ultimo sul sito del precedente albergo Raffo, accolsero nei primi del Novecento anche i frequentatori balneari dell’Arcipelago. I maddalenini, dal canto loro, non rinunciarono ai bagni ed al sole, oltre che nei ricordati bagnetti e allo scoglio Baleno. Più raramente si recavano nelle attuali rinomate spiagge da Bassa Trìnita a Spalmatore a Cala Coticcio, difficili da raggiungere allora per mancanza di strade e mezzi. Mentre quelle delle isole come Spargi, Santa Maria, Budelli, ecc., erano pressoché esclusive delle famiglie proprietarie.
Diversa era la situazione per i militari della Regia Marina e del Regio Esercito (che avevano a disposizione i bagnetti dell’Isola Chiesa), per i quali di tanto in tanto, con i mezzi militari, si organizzavano escursioni nelle più belle spiagge di Maddalena, di Caprera delle isole minori ed anche in quelle pressoché sconosciute di Monti di Mola e dintorni, l’attuale Costa Smeralda. Il popolo ed i suoi figli, operai dell’Arsenale, manovali, muratori, scalpellini, artigiani, ecc., proletari e sottoproletari che ad un certo punto (nei primi del Novecento) divennero alcune migliaia, il bagno (che serviva anche per lavarsi) lo facevano dove era più vicino, dal Molo “U Molu” (Cala Gavetta) a Piazza Renella “A Rinedda” (Piazza Comando), da Cala Camiciotto a Piticchia.
Fu durante il periodo fascista che Figli della Lupa, Balilla e Giovani Italiane, ‘intruppati’ a La Maddalena come nel resto d’Italia in queste organizzazioni del Regime, vennero portati sistematicamente al mare affinché crescessero sani e forti, per loro stessi e per la Patria. Furono organizzate colonie e campi, soprattutto ubicati presso le fortificazioni militari, affinché i giovani isolani potessero respirare a pieni polmoni, aria salmastra e militare insieme. Colonie estive che organizzarono ugualmente, subito dopo al fine della seconda guerra mondiale (dentro le fortificazioni dismesse), il parroco don Capula per i ragazzi e le suore di San Vincenzo ad il Cif per le ragazze. Gli anni Cinquanta e Sessanta videro il timido tentativo di sviluppo turistico, ancora in corso del resto. Cominciò il Club Mediterranèe con un villaggio a Budelli e successivamente a Caprera. Vennero edificati l’Hotel Excelsior, il Village Magique di Santo Stefano (poi Club Med e Valtur) e Porto Massimo e via via gli altri. La Maddalena passò da un turismo d’èlite (negli anni Cinquanta e primi Sessanta) a quello medio se non di massa a partire dagli anni Settanta- Per trent’anni le spiagge di Maddalena e Caprera, buona parte ormai raggiungibili anche in auto, sono state frequentate in massa oltre che dai maddalenini e dai turisti sempre più numerosi, anche dalla comunità americana (oltre 3.000 persone) presente per motivi famigliari nell’Arcipelago. Per quanto riguarda la Marina Militare, è noto come il Circolo Ufficiali e quello Sottufficiali, d’estate, lavorino da decenni col “tutto esaurito”, ospitando militari e famigliari in vacanza. Da parecchi anni ormai, anche l’austera palazzina umbertina dell’Ammiragliato si è trasformata più volte in “albergo” esclusivo, ospitando in vacanza i presidenti della Repubblica e le loro famiglie.
Oggi in spiaggia, sono in genere più coperti gli uomini delle donne. Se i maschi infatti si coprono la parte centro meridionale del corpo con pantaloncini più o meno lunghi, le donne di contro, in molti casi, coprono con francobolli i capezzoli e con infraglutei le natiche. Ciò è dovuto in buona parte al culto del Dio sole e della mulatta coloritura che generosamente viene irradiata sulla pelle. Non è stato sempre così. Alla fine dell’Ottocento in spiaggia si andava vestiti con abiti lunghi ed ombrellini le donne, pantaloni, giacche e cappello di stoffa gli uomini. Successivamente ci si cominciò a scoprire, al massimo però fino al ginocchio ed al gomito. Po ci si cominciò a vestire alla marinara. Nel resto d’Italia come a La Maddalena, ‘Petit Paris’ anche in spiaggia. Dagli anni venti si cominciò a parlare di elioterapia e dei suoi benefici effetti. Non si voleva altro … per cominciare a liberarsi dei caldi e ingombranti fardelli anche perché diruppe in questo campo un’autentica rivoluzione culturale, un radicale mutamento dei canoni estetici e di mentalità. La pelle candida, che per secoli era stato un distintivo inequivocabile di differenziazione sociale, lasciò il posto all’abbronzatura, necessariamente da raggiungere con pantaloncini corti e petti al vento per gli uomini, braccia nude e scollature pronunciate per le donne, per le quali si passò, a partire dagli anni Sessanta, dal conosciuto costume intero ai ‘rivoluzionari’ due pezzi (i bikini). L’evoluzione fu questa, altrove come nell’Arcipelago, sia tra coloro che frequentavano i bagnetti sia tra quelli che prendevano il sole nelle altre spiagge. Ovviamente stiamo sempre parlando ei ceti di censo discreto. Di contro accadeva che la gente comune facesse così: arrivava in una spiaggetta appartata (non difficile da trovare) o dietro alcuni massi, e il bagno se lo faceva in mutande o con i camicioni, oppure …. nudi!
Parzialmente tratto dal settimanale Il Vento del 2010 a da una serie di articoli dello scrittore Claudio Ronchi