Correva l’anno 1809
Domenico Ornano (analfabeta) è sindaco di La Maddalena.
La Gallura si solleva compatta contro il servizio militare disposto con la riforma del corpo dei miliziani. Valutati i rischi di un intervento armato di così vaste proporzioni per sedare la rivolta, il governo avvia trattative con i Consigli comunitativi; il provvedimento, modificato, sarà applicato anche in Gallura.
Desgeneys ottiene di stabilire alla Maddalena un servizio di esazione di diritti straordinari sulle esportazioni.
Vengono terminati i forti Carlo Felice (presso Cala Camicia) e San Giorgio (a Santo Stefano).
A Santa Teresa, nel borgo che si va formando si registra un ritardo nella costruzione delle nuove case: Magnon ne attribuisce la responsabilità alla mancanza di muratori, impegnati nell’edificazione delle fortificazioni a La Maddalena.
Stato nominativo delle famiglie de’ coloni ed altri abitanti della Parrocchia di Santa Teresa secondo i limiti fissati dal rev.mo vescovo di Civita.
A Capo Testa, sui resti di una chiesetta medievale che insiste sul terreno concesso a Magnon, viene costruita la chiesetta di Santa Reparata.
Magnon sperimenta nuove colture, quali quelle delle patate, con eccellenti risultati.
Primo “rettore” delle anime della nuova colonia è don Careddu. Magnon crea il cimitero: da questo momento i morti non vengono più seppelliti nella chiesa di Buoncammino. In giugno la situazione della Torre è disastrosa: a fronte di 26 uomini in servizio per la difesa, ci sono sei letti; mancano suppellettili, armi, munizioni.
Nel 1809, quando aveva sede a La Maddalena la Marina Sarda, giunse nell’isola un emissario del governo inglese con un importante messaggio per il Barone De Geneys. I tempi maturavano e le fortune napoleoniche stavano per tramontare. Era tempo di cominciare a pensare alla restaurazione del regno e Alessandro Turri, questo il nome del messaggero, dopo aver conferito con De Geneys, inviò al suo governo un dispaccio in cui si parla della “Causa d’Italia” e “dell’unione e dell’indipendenza italiana”. Il destino volle che quarant’anni dopo quel messaggio che costituisce uno dei primi atti unitari, approdasse nell’isola, reduce della disavventura della repubblica Romana, l’uomo che doveva realizzare l’unità d’Italia, Giuseppe Garibaldi.
6 gennaio
Muore all’età di quasi 81 anni, Pietro Millelire. Con la sua intraprendenza e la sua sagacia, Pietro Millelire fu il personaggio simbolo della comunità che viveva nelle isole il passaggio sociale ed economico portato dalla presa di possesso da parte del regno sardo dell’arcipelago maddalenino. Seppe interpretare quel tempo di novità rivoluzionarie con intelligenza, e sfruttò tutte le risorse che la nuova situazione offriva, partecipando da protagonista, sebbene già quarantenne, alla costruzione di una realtà radicalmente diversa da quella in cui aveva vissuto sino ad allora. Vedi anche: I Millelire colonizzatori delle Isole Intermedie nella prima metà del sec. XVIII
14 febbraio
Il comandante Vittorio Porcile fa dono alla Parrocchia di una fonte, tuttora visibile in via Ilva. Don Vittorio Porcile dei Conti di Sant’Antioco, nato a Carloforte, risiedette alla fine del settecento, per alcuni anni, a La Maddalena, dove evidentemente ebbe casa e proprietà. Comandante di diverse navi della Regia Marina Sarda, ebbe ” una serie continua di combattimenti e di vittorie, illustratosi specialmente nel combattimento di Malfatano contro i barbareschi (28 luglio 1811) e giunse ai sommi gradi nella Marina Sarda” (Aristide Garelli: L’isola della Maddalena, documenti ed appunti storici, 1907). A La Maddalena lo ricordiamo, tra l’altro, quale comandante della mezza-galera “Santa Barbara“, nel respingere l’attacco francese alla Punta Tegge, durante i fatti d’arme del 1793. Il dono della fonte alla parrocchia di Santa Maria Maddalena avvenne con lettera del 14 febbraio 1809, da lui sottoscritta, indirizzata al parroco Giovanni Battista Biancareddu, ed inviata dal Porcile da Carloforte, dove allora ormai risiedeva. La fonte di cui V.S. molto Rev.da mi parla – scrive il comandante Porcile – sin dal principio che vi posi mano ad erigerla, la destinai per farne un dono alla Chiesa di Santa Maria Maddalena, giacché per sorte si ritrovi la sorgente dietro alla chiesa stessa, non avendovi avuto parte nessuno di quei popolatori, non che nessuno diritto sopra di essa. Intendo dunque con questo presente foglio – dichiara Vittorio Porcile – che il Priore della Chiesa se ne impossessi e V. S. Ill.ma m.to Rev.da ne prenda ogni impegno per farla rispettare nei suoi diritti, intendendo anche che questa lettera abbia forza e vigore come se fosse un istrumento fatto da pubblico Notaio e che V. S. Ill.ma al ricevimento si compiaccia notificarlo o farlo notificare a quel Consiglio comunitativo ed a chi spetta“. In cambio del dono, il comandante Vittorio Porcile chiedeva “l’annuo canone” di “una Messa in mia memoria ogni anno“. Il Comune raggiunge un compromesso con la parrocchia per l’uso della “fonte comunale sita in via Santa Maria Maddalena”. Il sindaco Pietro Pittaluga ritiene infatti giusto che anche la Chiesa abbia la possibilità di attingere acqua autonomamente e gratuitamente, per i propri bisogni, da una fontana da considerarsi però a tutti gli effetti “comunitativa” … L’Angius scrive che “le acque in poche parti e in poca copia sorgono, come porta la natura del luogo, tuttavolta le rare fonti bastano al bisogno della popolazione e somministrano un purissimo umore. Meritano menzione nell’isola, la fonte, che è nel paese, e l’altra che trovasi in Cala di Chiesa“. La popolazione, in questi anni oscillerebbe – secondo il Valery -attorno alle 1500 persone, ma non si conosce la fonte presso cui attinge tale informazione. Nel corso di quest’anno, comunque, la fonte di Cala di Chiesa è già soggetta ad una nuova “indispensabile riparazione”. Il Delegato Economico della Gallura, da Tempio, scrive al sindaco Pietro Semidei, il 10 settembre, autorizzando per il ripristino di detta fontana l’esborso finanziario di lire settantatré, che verrà “somministrato poco per volta dall’Esattore, e di cui il Consiglio (…) dovrà rendere ragione, dopo eseguito il lavoro, il conto con tutte le carte in appoggio, per poter spedire l’opportuno mandato definitivo”. Vedi anche Giovanni Battista Biancareddu
15 aprile
Con regio viglietto la compagnie leggera di marina fu incorporata nella reale, elevata a sua volta a Battaglione di Real Marina. Il preambolo sottolineava che doveva considerarsi una mera “diramazione” del corpo della marina, com’erano state in passato le 4 compagnie delle galere e poi la successiva compagnia granatieri delle fregate. Il Battaglione restava però provvisoriamente a carico dell’ufficio del soldo, in attesa di dotare la cassa di marina dei fondi necessari, e aveva la stessa «tenuta e disciplina» della fanteria di terra, con un consiglio d’amministrazione presieduto dal colonnello e composto dai capitani delle compagnie e da uno scrivano segretario. Il colonnello era lo stesso comandante in capo della marina, supplito in caso di assenza dal 1° capitano di vascello. Anche gli altri incarichi di stato maggiore e di inquadramento della compagnia d’artiglieria erano riservati ad ufficiali di vascello, «senza che ciò li esenti dal loro servizio nella qualità di ufficiali di marina». Gli art. 13 e 33-36 del regolamento stabilivano le equiparazioni tra i gradi di truppa e di marina, nonché la precedenza gerarchica degli ufficiali di vascello e sottufficiali marinai nei servizi a bordo e in arsenale, e dei sottufficiali di truppa negli altri servizi a terra. Incidentalmente, l’art. 26 aggiungeva all’organico della marina un 2° chirurgo maggiore, che insieme al 1° doveva formare una società per la somministrazione di medicinali all’ospedale di marina, alle tariffe stabilite per le truppe (con quote di 2/3 per il 1° chirurgo e di 1/3 per il 2°). L’organico era di 543 teste, su SM di 8 (colonnello, aiutante maggiore, quartiermastro, cappellano, chirurgo, sergente e tambur maggiore, arciere), 1 compagnia di 85 artiglieri e 3 di 150 fucilieri (con 13 ufficiali, incluso un sottotenente soprannumerario). Gli ufficiali d’artiglieria erano 2 tenenti di vascello (uno con funzioni di capitano in 2° e l’altro di luogotenente) e il 1° capo cannoniere della marina (come sottotenente). La compagnia d’artiglieria aveva 72 cannonieri (24 capi pezzo e 48 di 2a classe), in ragione di 2 per ogni pezzo da ventiquattro o da sedici e 1 per quelli di calibro minore, più 2 tamburi, 6 caporali, 1 sergente ordinario e 2 primi sergenti: uno di questi ultimi, e metà dei caporali, erano addetti all’inquadramento dei marinai di grazia. Tra i cannonieri erano inclusi anche alcuni operai di forgia, maestri d’ascia, falegnami e altri mestieri utili alla marina. A bordo i sergenti erano subordinati ai capi cannonieri contabili che facevano parte degli equipaggi delle tre unità maggiori, mentre sulle minori tali funzioni erano esercitate dai cannonieri capi pezzo dell’artiglieria. I sergenti potevano concorrere ai posti vacanti di capo cannoniere. Essendo la compagnia scelta del Battaglione, quella dell’artiglieria era formata da un nucleo di 30 soldati di marina di non oltre 30 anni, di robusta costituzione, «inclinati al mestiere del mare e di condotta irreprensibile», e dai migliori elementi delle compagnie reale e leggera. Oltre al servizio dei pezzi svolgeva anche quello di guarnigione a bordo, sempre a disposizione del capo della squadra o del comandante pro tempore della marina a Cagliari. L’uniforme era la stessa della fanteria, salvo il bottone, che oltre all’ancora recava un cannone. Formata con gli scarti dell’artiglieria, la fanteria doveva contare due terzi di esteri e un terzo di sardi: proporzione da raggiungere una volta ristabilite le comunicazioni con il continente, eventualmente formando anche una quarta compagnia fucilieri. Le compagnie erano su 3 ufficiali, 3 sergenti, 6 caporali, 1 vivandiere, 2 tamburi, 1 piffero e 134 soldati. Dovevano essere istruite anche alle manovre dell’artiglieria di marina e da costa, completare le guarnigioni a bordo (con distaccamenti rilevati per un terzo ogni anno), somministrare i distaccamenti alle Isole di S. Pietro e Maddalena (rilevati annualmente via mare) e fare servizio all’arsenale quando l’artiglieria era imbarcata.
25 maggio
Su richiesta di De May, il re accordò al battaglione di marina, una “banda albanese” di 12 elementi (2 clarinetti, 2 corni da caccia, 2 ottavini, 1 fagotto e 5 triangoli, “cassioni” e simili), «per secondare le brame dei Signori Uffiziali», i quali ci tenevano a non sfigurare rispetto alle altre fanterie di marina, tutte dotate di sgargianti bande turche. Il 5 luglio 1809 fu stipulata con Francesco Zonza da Ischia una fornitura di 6.400 palmi di tela per camicie del battaglione di R. Marina e remiganti di grazia: non sappiamo se Zonza (forse parente del nostro Tomaso) fosse residente in Sardegna oppure se il contratto fosse una ricaduta dell’effimera rioccupazione borbonica di Ischia e Procida. Nel febbraio 1810 fu accordato il congedo ad un soldato di marina, già del corpo franco, a condizione di fornire 3 reclute e di non abitare nel paese in cui aveva commesso il delitto per il quale era stato condannato.
16 giugno
Visita pastorale di Stanislao Paradiso.
21 giugno
Il vescovo Paradiso invia alla Segreteria di Stato il piano per la costruzione della chiesa a Santa Teresa; nella sua visita pastorale amministra la cresima a 87 persone nel Cappellone.
20 luglio
La Gallura si ribella alla coscrizione obbligatoria. Si solleva compatta contro il servizio militare disposto con la riforma del corpo dei miliziani. Valutati i rischi di un intervento armato di così vaste proporzioni, il governo avvia trattative con i consigli comunitativi: il provvedimento verrà ritoccato, ma sarà applicato anche in Gallura.
settembre
In settembre, Magnon viene accusato di contrabbando e sottoposto a un’inchiesta che si concluderà nel 1812 con un processo.