Correva l’anno 1834
Pietro Semidei e Giovanni Marco Zonza si succedono nella funzione di sindaco di La Maddalena.
Lo scrittore francese Antoine Pasquin detto Valéry, durante un viaggio in Sardegna, visita La Maddalena e Santa Teresa descrivendo la chiesetta sconsacrata di Santa Reparata: è accompagnato, in questa visita, da Antonio Peretti, fuoriuscito corso rifugiato in Longonsardo e ora ivi residente dopo essere stato assolto in patria.
13 febbraio
Muore alla Maddalena Vincenzo Sulis; Una nota del 13 febbraio 1834, diretta dal Bailo Sanna al Comandante della Piazza Maggiore Salvatore Ciusa, cui era affidata la vigilanza dell’esule, ci fa conoscere la data esatta della sua morte. “Sulla certa notizia pervenuta in questa curia della morte apoplettica accaduta nel giorno d’oggi alle ore due pomeridiane nella persona del Notaio Vincenzo Sulis da Cagliari ed in questa era esiliato per ordine del Superior Governo, da circa 13 anni a questa parte, e siccome il detto Sulis si suppone abbia intestato e non essendovi in questa Isola Eredi del medesimo si ordina per la buona amministrazione della giustizia e per le istanze pure fatte dall’Ill.mo Sig. Comandante di questa Piazza, il Magg.re Salvatore Ciusa, trasferirsi li Ministri di questa regia Curisa. alla casa ove il predetto Sulis era alloggiato per la assicurazione delli beni dello stesso lasciati”. Il Sulis, all’atto della sua morte, dopo essere stato liberato dalla sua prigionia nella torre di Guardia Vecchia durata solo nove mesi, viveva nell’abitazione del Vice-console di Toscana Antonio Martini e della di lui moglie Brigida Buzzo che si erano offerti di ospitarlo. Sulis, compiuti i primi studi, dopo un tentativo fallito di farsi frate, nel 1790 fu nominato appaltatore della gabella del vino di Cagliari. Divenuto in seguito notaio, fu protagonista della difesa della città contro il tentativo di invasione francese del 1793. Acquistata una straordinaria popolarità, negli anni successivi capeggio` la milizia di Stampace; nel 1796 fu sospettato di aver congiurato contro i Savoia, fu arrestato e condannato al carcere a vita in un processo di cui molti elementi restano ancora sconosciuti. Dopo aver passato vent’anni carcerato ad Alghero nella torre spagnola detta ‘‘de l’Esperò reyal’’, che dalla sua lunga detenzione ha ricevuto l’attuale denominazione di ‘‘Torre di Sulis’’,e per qualche periodo a Sassari, tra avventurosi inutili tentativi di fuga, fu liberato nel 1821 e mandato in esilio a La Maddalena. Qui – come scrive Pasquale Tola – «si diede interamente alle pratiche religiose ed alle opere di pietà. E nel febbraio del 1934 cesso` di vivere nella suddetta isola della Maddalena, lasciando di se´ tal nome, che nella sarda istoria sarà più singolare che raro». Lo stesso Tola, bloccato a La Maddalena durante una traversata per il continente, aveva avuto modo di incontrarlo e di riceverne (allora o più tardi) una Autobiografia che il tribuno aveva scritto proprio nell’isola nel 1832 «di proprio pugno», perché le sue memorie «non perissero nella ricordanza della posterità». Conservata fra le carte Tola depositate nella Biblioteca comunale di Sassari, l’Autobiografia – di non facile lettura, per l’approssimativa conoscenza dell’italiano da parte dell’autore (che pure ha un suo personalissimo, suggestivo modo di espressione) – fu pubblicata nel 1964 da Francesco Alziator e, più di recente, da Giuseppe Marci (nel 1994 e quindi nel 2004) nella collana del Centro Studi Filologici Sardi.
aprile
Uno dei primi viaggiatori che scoprono la Sardegna nell’800 è il Valery, che inizia il suo tour sbarcando alla Maddalena, da Bonifacio, su una fragile barca a vela, zavorrata con grossi massi per affrontare le insidie delle Bocche.
18 aprile
In questa prima parte dal secolo si coltivava ancora il grano nelle terre comuni del demanio, e le domande volte a chiudere i terreni comunali erano fermamente respinte. Nel 1834 il Consiglio Comunitativo di La Maddalena stabilì che l’area da destinare a Vidazzone, cioè a coltivazione in comune, dovevano essere individuate nelle isole di Santa Maria e Budelli, i “comunisti” interessati erano molti, ma pochi andarono a lavorare in quelle terre, sostenendo che non fossero in grado di andare in isole così lontane e inospitali per molto tempo. Alcuni di questi maddalenlni dissodarono arbitrariamente terreni a Caprera e Maddalena e, puntualmente, il Consiglio Comunitativo li diffidò. (27 maggio 1835) Quattro di questi maddalenini che avevano occupato terre extra Viddazzone, e che dal Consiglio Comunitativo erano stati diffidati a proseguire nell’abuso, inviarono una supplica al Viceré, chiedendo al governo di assegnare altre terre a coltivatori “abili a propagare ed estendere i vigneti“, ottenendo dalla corte di Cagliari un supplemento d’indagine da Parte dell‘Intendenza Generale, che chiese alla Giunta Patrimoniale di La Maddalena di esprimersi sull’attribuzione di nuove terre extra Viddazzome. (12 febbraio 1836) La Giunta Patrimoniale, chiese allora al Consiglio Comunitativo di deliberare sulle richieste di nuove assegnazioni, e se favorevole di procedere immediatamente ad un equo riparto delle terre. Il Consiglio Comunitativo si rallegrò perché pensò che con l‘assegnazione di nuove terre potesse richiedere agli assegnatari il versamento nelle casse del comune di un canone di locazione, entrata utile per ripianare il bilancio in rosso da parecchi anni aggravato delle nuove spese obbligatorie per il mantenimenti della scuola elementare. Il Consiglio Comunitativo propose alla Giunta Patrimoniale di dividere solo le isole di Santo Stefano e Caprera, tra i residenti da più di dieci anni permettendogli di coltivare delle terre di proprietà comunale. (16 marzo 1836) Le isole di Santa Maria e Budelli dovevamo, invece, essere lasciate alla diretta gestione del Comune e date in affitto, dietro il versamento di un canone, per l‘agricoltura e l’allevamento; se dopo cinque anni i terreni dati in locazione non fossero risultati coltivati sarebbero ritornati in possesso del comune. La Giunta Patrimoniale chiese se su queste isole vi fossero già installati altri coltivatori e il Consiglio Comunitativo rispose che a Santa Maria risultava presente un certo Giuseppe Bertoleoni Poli, che mai volle comparire davanti ad esso per confermare la sua occupazione dell’isola. (7 maggio 1836) A questo punto l’Intendente Generale Pasella volle approfondire la conoscenza dei fatti interpellando personalmente il Bailo Andrea Sanna e il Parroco Biancareddu sulla questione: il primo disse di “lasciar le cose come sono” e il secondo che vedeva “nella domandata ripartizione una privata intenzione di impadronirsi alcuni pochi di quelle terre, acquistandole dai concessionari per pochi soldi” (7 maggio 1836) ll 12 maggio 1838 veniva promulgata la Carta Reale che stabiliva. che le terre libere di proprietà comunale dovevano essere divise in lotti e assegnate ai capifamiglia per coltivarle. (12 maggio 1838) Intanto il Viceré Montiglio, annunciava al Consiglio Comunitativo di La Maddalena che avrebbe dovuto ripartire le terre libere e comuni nelle isole dell‘arcipelago e poi assegnarle in lotti ai capifamiglia, dando mandato al suo delegato Nurra, Intendente Generale della Gallura, di “attuarsi tutte le occorrenti operazioni per ripartirsi i terreni a mente delle sovrane intenzioni“. (24 giugno 1838) Nel frattempo, Giuseppe Bertoleoni Poli, che anni addietro aveva occupato le isole di Santa Maria e Soffi, capì immediatamente le prospettive che apriva l’editto e presentò subito al Viceré un’istanza per averle in concessione. (24 aprile 1840) Il Viceré rispose indicandogli l’iter da seguire presso l’Intendente Provinciale. (14 maggio 1840) L’Intendente Provinciale Vitelli, informava il Bertoleoni Poli che chi non avesse ancora acquisito il titolo relativo ad un sicuro possedimento, doveva munirsi, in base all’art. 54 del Regio Regolamento 26 febbraio 1839 di dichiarazione del Consiglio Comunitativo radunato in giunta doppia e vistata dall’Intendente Provinciale dalla quale risulti che i terreni da loro posseduti trovansi già riportati e descritti come vera proprietà nei Catasti e consegnamenti comunali. In mancanza oziando di tale dichiarazione potrà pure supplire una giurata sommaria informazione assunta davanti l’autorità competente per mezzo di dieci testimoni probi colla quale si stabilisca a favore del possessore il suo quesito e pacifico possesso. (26 febbraio 1839) Di interrogare i testimoni fu incaricato il giudice mandamentale di La Maddalena. Le testimonianze raccolte dal giudice furono non tutte a favore del riconoscimento del possesso vantato dal Bertoleoni, in quanto molti dei testimoni escussi lo confermarono aggiungendo però, che i maddalenini avevano sempre esercitato sull’isola il loro diritto al seminerio e all’allevamento”, non avendo perciò il Bertoleoni Poli “quel sicuro e pacifico possesso” che gli avrebbe garantito di richiedere la proprietà delle terre. (16 dicembre 1840) Due dei testimoni escussi erano membri del Consiglio Comunitativo, quest’ultimo ancora all’oscuro della pratica in corso. A questo punto il Consiglio, resosi conto che la pratica avrebbe potuto chiudersi a favore del Bertoleoni Poli intervenne scrivendo direttamente al Viceré. (9 febbraio 1841) In questa lettera il Consiglio riconosceva al Bertoleoni Poli il trasferimento, per cause non note, di lui e della sua famiglia nell’isola di Santa Maria, dove aveva impiantato un orto e una vigna, ma negando che egli avesse operato la chiusura degli appezzamenti, che risaliva ai tempi antichi. Contemporaneamente il Consiglio chiedeva che in occasione della prossima divisione delle terre, l’isola di Santa Maria fosse ricompresa nell’elenco delle terre da assegnare. Nella lettera affermava, inoltre, che alcuni pastori maddalenini portavano le proprie bestie a pascolare nell’isola e il Bertoleoni Poli con vari sotterfugi li allontanava oppure spostava le bestie nelle isole vicine, senza il permesso dei proprietari. Quindi il Consiglio chiedeva al Viceré che al Bertoleoni fosse riconosciuta la proprietà solo di una piccola parte dell’isola di Santa Maria. Il Consiglio stilò un elenco di quei maddalenini che, a suo dire, avevano occupato abusivamente le terre. Dell’elenco facevano parte maddalenini come “Stefano Girolamo padre e figlio Simone prepotenti, che hanno chiuso un isola detta Abbatoggia, come pure abbeveratoi pubblici, signor Pietro Azara chiuso le strade della marina; nelle isole intermedie hanno chiuso terreni comunali pregiudicanti alla agricoltura del seminerio in Santa Maria Giuseppe Berloleoni e Dono Berretta in isola di Spargi“. Tuttavia la confusione era molta e, per qualche mese, la situazione rimase in stallo. Intanto, il censimento e la misurazione delle terre procedeva a rilento, cosicché il Viceré De Asarta riprese ad interessarsi delle pratica di La Maddalena; con una lettera datata 12 – 7 – 1842, incaricò direttamente l’intendente Provinciale, Vitelli, di portare senz’altro a conclusione la pratica. Gli ordini impartiti a Vitelli erano chiari: bisognava privilegiare la creazione di lotti di proprietà e non considerare le pretese del Consiglio teso a conservare il regime comunitario e ad inserire nella massa delle terre da dividere anche quelle già coltivate, seppure occupate abusivamente. L’unica eccezione era quella che permetteva ai Consigli di acquisire le terre occupate dai pastori per l’allevamento. Vitelli doveva accertarsi personalmente dello stato delle terre occupate o coltivate. L’Intendente Provinciale, alla riunione del Consiglio Comunitativo del 29.9.1842, stabilì la costituzione di una commissione che avrebbe fatto un un sopralluogo nelle isole di Santa Maria e Soffi, oggetto di maggiore scontro, per valutare quanti e quali terreni il Bertoleoni Poli avesse coltivato e migliorato. (19 settembre 1842) Della commissione facevano parte due periti nominati dal Bertoleoni, Silvestro Zonza e Giovanni Strumboni, due nominati dal Consiglio Comunitativo, Giovanni e Antonio Zicavo, lo stesso Vitelli, più un perito da lui stesso nominato, Giuseppe Tosto. Le commissione si recò subito a Santa Maria per effettuare la perizia e rese subite noti i risultati. Santa Maria misurava circa 140.000 mq, di cui almeno 95.000 coltivabili e il resto idonei al pascolo del bestiame. Erano stati disboscati 12.000 metri quadrati e impiantati una vigna e un orto di circa 8.000 mq. Nell’isoletta di Soffi non apparivano migliorie consistenti. (14 ottobre 1842) L’Intendente Provinciale, a questo punto, fece redigere tre elenchi di aventi diritto all’assegnazione delle terre: uno comprendente i 29 nullatenenti, il secondo con i 52 piccoli proprietari terrieri e l’ultimo con i 304 possidenti di La Maddalena. La divisione e l’assegnazione in proprietà dei lotti avrebbero interessato solo le isole di Caprera e Santo Stefano. A Caprera s’individuarono 27 grandi lotti per 325 persone e a Santo Stefano un unico grande lotto per altre 65. (22 ottobre 1842) A questo punto si aspettavano le decisioni del governo, che non si fecero attendere a lungo. Infatti, il 19 novembre 1842, la Delegazione Feudale, incaricata dal Viceré, esaminava il progetto e lo respingeva completamente, affermando che il tutto non rispondeva allo spirito della legge. La Delegazione Feudale chiedeva di redigere nuovi elenchi dei futuri proprietari e di fare un censimento di tutte le isole dell’arcipelago, senza escluderne nessuna, affermando, inoltre, che i lotti non dovevano superare i 20.000 mq ciascuno. L’assegnazione doveva essere operata tramite l’estrazione a sorte dei lotti agli assegnatari, così da non favorire nessuno in particolare. (5 novembre 1842) La decisione presa dalla Delegazione Feudale era sfavorevole per il Consiglio, al quale restavano due possibilità per opporsi: ricorrere presso il tribunale ordinario oppure inviare una supplica al Re. Il Consiglio, decise di inoltrare la supplica al sovrano inviando prima un ricorso al Viceré e chiedendogli il permesso di poter presentare tale supplica al Re. (17 novembre 1842) Per tutta risposta il Viceré autorizzava il Consiglio Comunitativo a ricorrere presso il tribunale, ma “nel caso ellino stimino di sottoporre la casa alla decisione del tribunale competente, rimaner debbano avvertire che non prevalendo le ragioni di cui si andrebbe od esperire, la cassa comunale non andrà a soggiacere a alcuna spesa ma ricadrà questo sui membri del Consiglio. (18 gennaio 1843) Al Consiglio Comunitativo, dunque, non restava altra strada che quella d’inoltrare le supplica al sovrano. Nel frattempo il Viceré nominava un nuovo delegato speciale per la ripartizione dei terreni nell’arcipelago, il cavaliere Pasquale Tola, assessore della Reale Governazione di Sassari. (7 febbraio 1843) Il Tola si mise subito al lavoro, poiché tutto doveva essere ripetuto applicando il Regolamento. Il delegato speciale nominò nuovi periti (Andrea Zicavo, Battista Ornano, Giuseppe Tosto, Domenico Variani, Antonio Zicavo e Giovanni Lena) e fece redigere e approvare dal Consiglio Comunitativo gli elenchi degli aventi diritto all’assegnazione delle terre da dividere. (18 febbraio 1843) Il Consiglio Comunitativo chiese al delegato speciale che anche le isole di Santa Maria e Soffi fossero ricomprese nel novero delle terre da dividere e assegnare e questi rispose di “non poter egli per il momento entrare in discussione sull’affare di dette isole, perché per questo particolare oggetto sonovi già le decisioni emanate dall’oracolo sovrano le quali si farà conoscere al Consiglio”. (1 marzo 1843) Tuttavia, in previsione del riemergere della contesa, il Tola fece alle due parti una proposta di conciliazione: Bertoleoni Poli doveva rinunciare all’isolotto di Soffi, mantenendo l’isola di Santa Maria come deciso dalla Commissione Foudale, potendo ricevere in concessione, dietro versamento di un canone annuo di locazione, anche la prima ed escludere i figli del Bertoleoni Poli dall’elenco degli aventi diritto all’assegnazione dei lotti, ma anche questo tentativo fallì, data la risposta negativa del Consiglio Comunitativo. (27 marzo 1843)
Il delegato speciale decise, allora, di effettuare un sopralluogo sulle predette isole, onde verificare i presunti miglioramenti che il Bertoleoni Poli sosteneva di aver apportato. Dalle nuove misurazioni condotte dal cavaliere Tola, alla presenza di tutti i consiglieri, del Sindaco e del Bertoleoni Poli, emerse chiaramente che le dimensioni delle isole erano, realmente, doppie rispetto a quelle fatte nel corso del primo sopralluogo ad opera del Vitelli e che non tutte le migliorie che il Poli sosteneva corrispondessero al vero; egli sosteneva di aver preparato alla semina e chiuso almeno 40.000 mq, mentre il disboscamento dell’isola appariva antichissimo e non poteva essere stato fatto dal Poli; la superficie complessiva dei terreni chiusi a Santa Maria era di 16.000 mq, la restante parte era chiusa da muretti che delimitavano la proprietà dell’antico monastero, opera risalente al XIII secolo. (17 luglio 1843)
Il 20 marzo 1843 erano approvati gli elenchi dei destinatari dei lotti e degli appezzamenti da assegnare agli aventi diritto.
Nell’isola madre furono individuati 15 lotti, esclusi, naturalmente, i terreni già di proprietà privata, per un totale di 224.000 mq;
a Santo Stefano 21 lotti per un totale di 268000 mq;
a Budelli 6 lotti per un totale di 89459 mq;
a Barrettini 2 lotti per un totale di 28223 mq;
a Razzoli 8 lotti por un totale di 119333 mq;
a Caprera 131 lotto por un totale di 1470000 mq. (20 marzo 1843)
II 9 aprile 1843 si svolse, nella chiesa parrocchiale, l’estrazione che doveva attribuire i lotti ai 121 capifamiglia nullatenenti trasformandoli, cosi, in piccoli proprietari terrieri. (9 aprile 1843)
Nel 1845, in una lettera del Viceré diretta al Consiglio Comunitativo di La Maddalena si afferma che i maddalenini si rivelarono agricoltori “poco solleciti” e, dopo avere a lungo aspirato al possesso di quei terreni ed aver dato luogo a costose controversie, li avevano lasciati pressoché abbandonati rischiando la decadenza della proprietà. (14 maggio 1845) – Giovanna Sotgiu