Correva l’anno 1835
Efisio Luigi Puddu sostituisce il bailo Andrea Sanna. Girolamo Cuneo è sindaco di La Maddalena.
Un’epidemia di colera nel Mediterraneo colpisce l’isola; si estinguerà solo verso la fine del 1837.
Sebastiano Baffigo disegna la parrocchiale di Santa Teresa, dedicata a San Vittorio, con l’approvazione di monsignor Capece, vescovo di Tempio Ampurias. L’ampliamento è curato dall’ingegner Lorenzo Battino che probabilmente progetta un impianto più classicheggiante. Parroco è Gavino Balata, che ricoprirà l’ufficio fino al 1885. Dal 1840 al 1842 è vice parroco Pietro Garrucciu, seguito da Giovanni Sechi, Giovanni Santalucia, Sebastiano Balata e Alessandro Lucchini.
Nel 1835 un viaggiatore-scrittore, Antoine Claude Pasquin, detto Valery, scrisse “Viaggio in Sardegna” ed il taglio questa volta è del tutto diverso, molto simile a quello degli scrittori del ‘900. Valery, sbarcato su queste isole solo l’anno precedente scrive che partito da Bonifacio con un negoziante del luogo ma di origini sarde, certo Piras, e sbarca a La Maddalena dopo essere stato sottoposto ai controlli relativi alla quarantena (a ponente di Cala Gavetta). Ecco come descrive l’isola: “è impossibile non rimaner colpiti dalla pulizia e dalla buona costruzione delle case tutte imbiancate all’esterno. L’isola, pressappoco incolta, non essendovi che qualche vigna che dà un vino eccellente e un’ottima uva secca, è abitata solo da famiglie di marinai. La chiesa, offriva, fino a pochi anni or sono, i doni diversi dei due maggiori capitani di terra e di mare che ha visto il nostro secolo: i candelabri e la croce d’argento con un Cristo dorato dato da Nelson e la bomba lanciata da Napoleone dall’isola di Santo Stefano nel 1793. I due grandi donatori della Maddalena non toccarono tuttavia il suolo. Nelson non volle mai abbandonare un istante la nave e il corpo di spedizione di Napoleone fu respinto. Una carriera così gloriosa doveva svolgersi fra due disastri: il piccolo e oscuro scacco della Maddalena e il grande rovescio di Waterloo.”
15 maggio
La Gulnara, costruita in Inghilterra nel 1832 nei Cantieri Blach Walls dalla Ditta Fawcette e Preston di Liverpool, fu varata il 16 dicembre 1834, acquistata dalla Marina Sarda, fu consegnata a Genova il 15 maggio 1835, fu subito adibita a servizio passeggeri e merci fra Genova, Cagliari e Porto-Torres sino al 1848, nello stesso anno partecipò alla 1° guerra d’Indipendenza al comando del Tenente Colonnello maddalenino Antonio Susini Millelire e nel 1860, durante la spedizione dei Mille, scortò il piroscafo “Indipendenza” che aveva a bordo i volontari garibaldini che sbarcarono a Castellammare del Golfo. Il 17 marzo 1861 fu iscritta nei registri della Marina Italiana e destinata al servizio postale con l’isola d’Elba. Dal 1867 e sino al 1872 svolse servizio idrografico in Sardegna. Inviata a Napoli nel maggio del 1872 per partecipare ai soccorsi in seguito all’eruzione del Vesuvio, al termine, passò in disarmo in quell’arsenale, quindi venne radiata nel 1874 e poi cancellata dai registri del naviglio nel 1875. Il nome della nave ha un’origine letteraria, “Gulnara” infatti è il nome della schiava amata dal Corsaro nel noto poema di Byron, opera che allora ha avuto un grande successo. In quella nave nel 1841 fu imbarcato come allievo pilota il Generale Nino Bixio.
27 maggio
Il Consiglio Comunitativo di La Maddalena, stabilì che le aree da destinare a “Viddazzone”, cioè a coltivazione in comune, dovevano essere individuate nelle isole di Santa Maria e Budelli; i “comunisti” interessati erano molti, ma pochi andavano a lavorare in quelle terre, sostenendo di non essere in grado di andare in isole così lontane e inospitali per tanto tempo. Alcuni di questi maddalenini dissodarono arbitrariamente dei terreni Maddalena e Caprera e, puntualmente il Consiglio diffidò i “furbetti” il 27 maggio del 1835, come apprendiamo da una nota presente nell’Archivio Storico Comunale di La Maddalena. ( serie II, vol. 411.) Quattro di questi che avevano occupato le terre a Vidazzone abusivamente, diffidati a proseguire nell’abuso, inviarono una supplica al Viceré, chiedendo al Governo di assegnare altre terre a coltivatori “abili a propagare ed estendere i vigneti”, ottenendo dalla corte Reale di Cagliari un supplemento di indagine da parte dell’Intendenza Generale, che chiese alla Giunta Patrimoniale di La Maddalena di esprimersi sull’attribuzione di nuove terre extra Viddazzone. (12 febbraio 1836) La Giunta chiese allora al Consiglio di deliberare sulle richieste di nuove assegnazioni, e se favorevole di procedere immediatamente ad un equo riparto delle terre. Il Consiglio Comunitativo si rallegrò perché pensò che con l’assegnazione di nuove terre potesse richiedere agli assegnatari il versamento nelle casse del comune di un canone di locazione, entrata utile per ripianare il bilancio in rosso da parecchi anni, aggravato dalle nuove spese per il mantenimento delle scuole elementare. Il Consiglio propose di dividere solo le isole di Santo Stefano e Caprera, tra i residenti da più di dieci anno a La Maddalena. (16 marzo 1836) Le isole di Santa Maria e Budelli dovevano, essere lasciate alla diretta gestione del Comune e date in affitto dietro il versamento di un canone, per l’agricoltura e l’allevamento; se dopo cinque anni i terreni dati in locazione non fossero coltivati sarebbero tornati in possesso del comune. La Giunta Patrimoniale, chiese se due dette isole, vi fossero installati altri coltivatori e il Consiglio Comunitativo rispose che a Santa Maria risultava presente un certo Giuseppe Bertoleoni Poli, che volle comparire davanti ad esso per confermare l’occupazione dell’isola. A questo punto l’Intendente Generale Pasella volle approfondire la conoscenza dei fatti interpellando il Balio Andrea Sanna e il parroco Biancareddu sulla questione: il primo disse di “lasciare le cose come sono”, e il secondo che vedeva “nella domandata ripartizione una privata intenzione di impadronirsi alcuni pochi di alcune terre, acquistandole dai concessionari per pochi soldi. (7 maggio 1836) Il 12 maggio 1838 veniva promulgata la Carta Reale che stabiliva che le terre libere di proprietà comunale dovevano essere divise in lotti e assegnate ai capifamiglia per coltivarle.
2 luglio
Numerose furono le pestilenze che nei secoli scorsi imperversarono in Europa e nei paesi del bacino mediterraneo mietendo migliaia di vittime specialmente nei mesi estivi. Una delle epidemie più virulente che le cronache ricordano fu però quella di peste e di “Cholera Morbus” scoppiata nell’estate del 1835 e durata fino agli ultimi mesi del 1837. Furono tempi durissimi per tutti i paesi che si affacciavano sul Mediterraneo e gli abitanti di La Maddalena dovettero sottoporsi a non pochi sacrifici. L’isola, interessata allora da intensi traffici marittimi, fu sede con Carloforte di un lazzaretto abilitato alla contumacia delle navi (le cui vestigia sono giunte sino ai nostri giorni), mentre per la quarantena erano abilitati i soli porti di Cagliari e Alghero. Eccezionalmente, però, quando le navi non potevano proseguire alla volta dei porti abilitati per gravi danni che ne impedivano la navigazione, su autorizzazione del viceré la quarantana poteva essere scontata a La Maddalena. Grazie alle salvaguardie sanitarie poste in atto nei confronti dei bastimenti e all’intensa opera di vigilanza esercitata dalle vedette e dalle ronde sanitarie, l’isola rimase quasi sempre immune dal contagio, ma la popolazione dovette affrontare pesanti privazioni. C’era poco bestiame, scarsi i prodotti dell’agricoltura ed il timore del colera sconsigliava il consumo dei prodotti ittici dei quali, invece, v’era abbondanza. I rifornimenti, a causa delle lunghe soste alle quali erano soggette le navi, sia nel viaggio di andata che in quello di ritorno (la doppia quarantena comportava ottanta giorni di sosta forzata), subivano enormi ritardi e spesso si rimaneva per intere settimane privi di carne e di grano. Frequenti dunque gli episodi di ruberie negli ovili, negli orti e nelle vigne ed altrettanto frequenti le denunce, i processi e le ritorsioni nei confronti dei sospettati. Il 2 luglio 1835 il viceré Giuseppe Maria Montiglio aveva emanato un nuovo Regolamento sanitario cui avevano fatto seguito, il 14 e 22 agosto e poi il 21 dicembre tre Pregoni con cui venivano impartite disposizioni sanitarie, si istituivano “le ronde nei litorali del Regno” e si impartivano disposizioni per “impedire il clandestino approdo dei bastimenti”. Erano norme rigidissime che arrivavano a comminare la pena di morte per chiunque fosse illecitamente sbarcato e per coloro che avessero favorito l’approdo clandestino facendo segnalazioni da terra. Alcune norme arrivavano persino a concedere l’impunità a coloro che avessero ucciso una persona sbarcata clandestinamente ed anche la posta, ritenuta apportatrice di contagio, doveva essere sottoposta a disinfezione prima del suo recapito mediante tagli delle lettere e successiva fumigazione con vapori di zolfo o altre sostanze disinfettanti. E’ ovvio che in tali circostanze anche i traffici illeciti e i contrabbandi, ai quali i maddalenini erano adusi, in altri tempi facilitati dallo scarso controllo o addirittura tollerati, divennero oltremodo pericolosi perché alle pene previste dalle norme fiscali si aggiungevano quelle ben più gravi comminate per la violazione delle norme sanitarie.
8 luglio
Nella primavera del 1835 l’isola rischiava di rimanere senza grano ed il commerciante Nicolò Susini, cedendo alle sollecitazioni del Consiglio Comunitativo e del comandante della Piazza, stante la carenza di prodotto in Sardegna, era riuscito a far giungere dal continente, sia pure a caro prezzo, una certa quantità di grano bastevole a sopperire alle necessità della popolazione fino all’introduzione del nuovo raccolto che quell’anno si preannunciava copioso. Il Susini era stato particolarmente previdente e condiscendente, ma ai primi di luglio, quando era prossima l’introduzione del nuovo raccolto, non aveva ancora esaurito la sua scorta. Si profilava per lui, che pur aveva voluto aiutare la popolazione, un grave danno economico; la gente avrebbe preferito il prodotto fresco, che oltretutto, stante l’abbondanza della favorevole annata, sarebbe stato offerto a miglior prezzo, ed egli avrebbe dovuto svendere le sue giacenze forse ad un prezzo inferiore di quello al quale aveva comprato. Non restava che far ricorso alle autorità locali su sollecitazione delle quali aveva accondisceso a fare la copiosa provvista, non prima però di aver fatto rilevare come anche in passato si era disinteressatamente prodigato per sopperire alle esigenze della popolazione. Al ricorso del Susini troviamo infatti allegato in copia il seguente attestato rilasciato dal consiglio comunale: “Il sottoscritto Sindaco del Consiglio Comunitativo dell’Isola della Maddalena di buon grado attesta che il signor Nicolò Susini, di questo luogo, mentre nello scorso mese di aprile si trovava sprovvista affatto di grano tutta quella popolazione, lo stesso Susini l’ha graziosamente provvista di una quantità corrispondente al valore di scudi trecento senza aggravarla d’interesse alcuno, contentandosi di rimborsare detto capitale eseguitane la vendita; e che oltre ciò ha alla stessa Comune prestato la stessa somma per impiegarla in altrettanto grano cui si comprò, dal capitano Teodoro Murzi toscano, per distribuirlo alla popolazione; ed ha graziosamente rilasciato in beneficio della medesima gli interessi di detto capitale. Quindi è che in compenso ad una si’ lodevole beneficenza fatta dal signor Susini a pro di quella popolazione, il Sindaco e il Consiglio sottoscritti gliene fa il più ampio certificato cui possa giovare di soddisfazione”. L’attestato reca in calce i segni di croce del sindaco Andrea Bargone e del consigliere Michele Costantini, “illitterati”, e le firme dei consiglieri “litterati” Domenico Baffigo, Pietro Semidei, Giovan Marco Zonza, del cav. Luigi Alibertini e del segretario Battista Pittaluga. Ed il Consiglio Comunitativo, in riconoscimento dei pregressi meriti del Susini, di concerto con il comandante della piazza, e ben sapendo di poter contare sul suo spirito filantropico anche per il futuro, accolse l’istanza ed emise un bando, affisso poi in forma di manifesto, in base al quale, pur consentendo l’introduzione nell’isola del nuovo prodotto, ne vietava la vendita sino a quando “patron Susini” non avesse esaurito le sue scorte. Il documento, pervenuto in copia autentica col sigillo sabaudo del “Comando di Piazza delle Isole Intermedie”, così recita: “Avviso a questo pubblico – Sia noto col presente manifesto che resta provvisoriamente vietato a chi che sia di vendere del grano a questo Comune sino a quando non sia venduto quello del patron Nicolò Susini essendole stato tenuto da questo Consiglio Comunitativo per uso di questa popolazione ad uso e vantaggio della medesima, attesa la mancanza di tal genere a quell’epoca. La suddetta proibizione per la vendita del grano, si estenderà a giorni trentacinque a datare dal presente, libera rimanendo l’introduzione del medesimo”. Ovviamente il divieto non poteva non essere adeguatamente sanzionato ed il bando, difatti, così prosegue: “Dichiarandosi inoltre che i contravventori del presente incorreranno nella multa di reali cinque a beneficio della Cassa Comunale ed i venditori nella doppia multa. Queste sono le risoluzioni prese in giunta di Comunità con assenso e parere dell’Ill.mo Comandante di Piazza per un simile oggetto. E poiché da chiunque introduttore non se ne alleghi ignoranza, si affigga il medesimo nei luoghi soliti di questa popolazione. La Maddalena, li 8 luglio 1835. Seguono le firme del nuovo sindaco Giò Marco Zonza, dei Consiglieri Giuseppe Alibertini, Andrea Polverini e Giuseppe Tosto, del segretario Sini ed infine il visto col sigillo del comandante di Piazza Bruneri. Le aspettative del Susini furono tuttavia deluse. I commercianti locali, infatti, in aperta violazione del bando emesso dal sindaco, che oltretutto non pare abbia attuato la dovuta vigilanza, iniziarono subito a vendere il grano introdotto tanto che, appena due settimane dopo, il 28 luglio, il Susini si vide costretto a inviare al consiglio comunale la seguente vibrata protesta; “Il sottoscritto Nicolò Susini della presente Isola Maddalena con dovuto rispetto alle S.L.Ill.me espone che per aderire alla proposta da loro fattale di ritenere la partita del grano che aveva introdotto dal Continente dalli ultimi di maggio scorso per uso della popolazione stante la mancanza di esso genere per render cosa grata ad essi abitanti, così come in altre occasioni alle SS.LL. ben note, ha sospeso la vendita del menzionato grano che aveva già contrattato nella Gallura, distintamente nel villaggio di Calangianus, a quest’oggetto hanno le SS.LL. manifestato al pubblico la loro Consolare risoluzione che fu affissa nei luoghi e modi soliti con l’acquiescenza dell’Ill.mo Sig. Comandante dell’Isola, ingiungendo che si proibiva a qualunque indistintamente di vendere detto genere senza prima risultasse lo smercio di quello espressamente trattenuto dal sottoscritto ed essere in vigore tale disposizione fino a giorni trentacinque decorrenti dalla data ivi apposta delli 8 di questo cadente mese. Null’ostante vi sono molti degli abitanti che si sono resi contravventori alle precitate Loro disposizioni, i quali introducono grano dalla vicina Gallura e lo vendono al pubblico senza riguardo del pregiudizio che ridonda agli interessi del sottoscritto ragion per cui non ha più lo smercio del grano nei suoi magazzini, di cui tutt’ora ne rimangono quaranta starelli cagliaritani. Il sottoscritto crede di doversi giustamente dolere della inattendenza degli ordini delle SS.LL. concernenti in proposito alla vendita del suindicato grano ed intende perciò essere indennizzato per la perdita che va ad incontrare per non poter più smerciare il preaccennato grano ed insta perciò per mezzo della presente protesta contro chi di ragione protestando tutti i danni, spese ed interessi in lite per causa di non vendere quel residuo di grano come sovra esposto”. I documenti esaminati ci hanno dato modo di rievocare un quadro di vita cittadina in un’epoca in cui la sopravvivenza quotidiana era fatta di mille difficoltà, un’epoca che ci auguriamo non abbia più a tornare, anche se i sintomi ai quali abbiano accennato in premessa non fanno certo sperare in tempi migliori. Dall’episodio, però, dobbiamo trarre un insegnamento ed anche un monito che ci induca, nell’era del consumismo a tutti i costi, ad un maggior rispetto per quel dono divinizzato dai nostri progenitori nel mito di Cerere ed esaltato nella più bella delle nostre preghiere “…dacci oggi il nostro pane quotidiano”.
20 novembre
Un parere del Supremo Consiglio di Sardegna difende la piena sovranità dei Savoia sul regno, proclamando, in contrasto con la tesi austriaca, l’incontestabile diritto del re di Sardegna – come un tempo lo era del re d’Aragona – di revocare a sua totale discrezione le concessioni feudali.
19 dicembre
Il sovrano crea la prima Delegazione feudale, e intima ai feudatari dell’isola di presentare, entro un termine stabilito, la denuncia dei beni, diritti e redditi dei loro feudi. Sebbene lo scopo non sia ufficialmente dichiarato, il provvedimento rappresenta il primo atto politico volto all’abolizione del sistema feudale nell’isola.