CronologiaMilleottocento

Correva l’anno 1852

Ange François Montepagano è sindaco di Bonifacio. Il Genio militare comincia lo scavo nella falesia di un passaggio verticale con una scala a chiocciola di 330 gradini: ciò consente di raggiungere una falda di acqua dolce, il pozzo di San Bartolomeo, situato alla base della falesia a 60 metri di profondità. I lavori si concluderanno nel 1856.

Michele Mamia Addis, già viceparroco, diventa parroco. Ricoprirà l’ufficio fino al 1885. Suoi vice sono Paolo Demuro, Silvestro Zicavo (primo sacerdote isolano), Nicolao Sechi, Antonio Vico (altro sacerdote isolano).

Sulla costa sarda davanti all’arcipelago maddalenino si progetta un forte intitolato al re Vittorio Emanuele, a forma stellata e molto costoso: per questa ragione non sarà mai costruito.

Anche in una regione periferica come la Sardegna, rimasta per certi versi ai margini dell’esperienza culturale illuministica e delle vicende politiche dell’Italia napoleonica, la nuova ansia di conoscere il proprio territorio si fa, nei primi decenni dell’Ottocento, particolarmente viva. Certo, nell’isola mancavano tutte quelle condizioni materiali, oggettive che, altrove, grazie ad apparati amministrativi moderni ed efficienti, avevano favorito un processo di rinnovamento degli studi geografici, attraverso l’introduzione del catasto agrario, di una scienza idraulica tesa allo sviluppo dell’irrigazione, di un rilevamento topografico del terreno per le diverse esigenze stradali e militari. In Sardegna, invece, la modernizzazione delle strutture agrarie sarà un processo tardivo e contraddittorio, il catasto verrà introdotto nel 1840, ma solo dopo il 1851 si sarebbe posto nuovamente mano all’opera. In questo contesto di arretratezza il grande e faticoso lavoro cartografico dello scolopio Tommaso Napoli mostra i suoi limiti proprio nella mancata soluzione del problema generale del tipo di proiezione.

Alla fine del Settecento l’ipotesi newtoniana sulla forma ellissoidale della terra costringe i geografi a sperimentare un sistema di misurazione del terreno più preciso, sia attraverso il calcolo astronomico e matematico, sia attraverso il metodo della triangolazione, della distribuzione dei capisaldi sul terreno, del perfezionamento degli strumenti di osservazione: sicché la carta del padre Napoli è come ha affermato il Baldacci, “l’ultimo prodotto di un sistema ormai scientificamente superato”.

Sarebbe però sbagliato sottovalutare il lavoro del cartografo sardo che dal 1796 al 1808 peregrinò nei paesi sardi per costruire la sua Nuova carta dell’isola e Regno di Sardegna, incisa da Domenico Guerra e stampata a Napoli nel 1811 (alla redazione definitiva partecipò anche Giovanni Antonio Rizzi Zannoni, cartografo del re delle Due Sicilie, il più operoso geografo italiano della seconda metà del Settecento). Il padre scolopio, che secondo il Tola (il quale evidentemente non amava la sua opera) “mancava affatto di cognizioni trigonometriche ” e “misurava le distanze col passo del ronzino che lo trasportava da un paese all’altro”, ci ha lasciato anche dei piccoli trattati geografici sull’isola. Il disegno della Sardegna, firmato Vittorio Brambilla e datato 1819, conservato nell’Istituto Geografico Militare di Firenze, raccoglie una serie di precedenti rilievi cartografici sabaudi: per la parte meridionale dell’isola si serve dei lavori dell’abate Salvatore Lirelli, geografo del re, effettuati sulla costa sud-orientale nel 1792, per le coste galluresi utilizza i lavori idrografici dell’ingegner Lunel (1784-85). Tra il 1822 e il 1842 il Ministero della Marina francese promuove un’ampia ricerca idrografica sulle coste della Sardegna: il primo gruppo di rilievi comprende le Bocche di Bonifacio, Caprera, La Maddalena, Longon Sardo, il golfo di Arzachena; il secondo gruppo di carte e` dedicato interamente alle coste meridionali. Le carte nautiche esistenti erano piene di errori nei rilievi dei fondi marini che causavano con frequenza gravi disastri marittimi: il più famoso naufragio e` quello della fregata francese La Semillante che nel 1855, durante una tempesta, si schiantò sull’isolotto di Lavezzi nelle Bocche di Bonifacio e si inabissò con 2500 uomini (sino agli anni Sessanta dell’Ottocento nelle Bocche non vi erano fari). Lo studio idrografico dei fondali marini e delle coste sarde interessa anche la Marina di Sua Maestà Britannica: nel 1827 viene infatti pubblicata a Londra, a cura dell’Ammiragliato, la carta idrografica della Sardegna del capitano William Henry Smyth. Smyth e` un ufficiale della marina che durante le guerre napoleoniche compie due missioni nell’isola e, romanticamente attratto da quel mondo così lontano e diverso, vi ritorna per curarne una precisa carta geografica. Il lavoro di Smyth e` lungo, ma i risultati sono eccellenti nel perimetro costiero, nell’indicazione dei fondali, nella delineazione dei rilievi costieri, nell’abbondanza dei dati. Smyth e` inoltre l’autore di uno dei più bei libri di viaggio sulla Sardegna, Sketch of present state of the island of Sardinia, pubblicato a Londra nel 1828, con una piccola mappa dell’isola che riproduce la grande carta del 1827 (tradotto ora, col titolo Relazione sull’isola di Sardegna, nella ”Biblioteca sarda” della nuorese Ilisso). Nel 1823 Smyth aveva eseguito anche per l’Atlas del Voyage di Alberto La Marmora un bellissimo disegno a colori e una pianta della grotta di capo Caccia presso Alghero. Lo stesso La Marmora per la sua carta del 1845 trasse il contorno costiero e le profondità marittime dalla carta di Smyth, a cui fu legato da una lunga amicizia e che definì “idrografo provetto e instancabile “.Uno studio e un portolano sulle coste sarde del governo sabaudo e` la Guida della marina del litorale di Sardegna, edita a Torino nel 1843, opera del viceammiraglio conte Albini.

febbraio

Disordini studenteschi a Cagliari: il governo scioglie il Consiglio universitario.

6 febbraio

Muore a La Maddalena il parroco Antonio Addis, era nato ad Aggius nel 1782 da Pietro e Maddalena Piga e prima di arrivare all’isola era già parroco di Nuchis, con Michele Mamia Addis come vice.

24 febbraio

Nella sera di martedì grasso scoppiano in aperto conflitto malumori di vecchia data fra i cittadini di Sassari e i bersaglieri di stanza nella città: un caporale ucciso, 30 feriti.

29 febbraio

Il generale Durando, comandante militare dell’isola, pone Sassari in stato d’assedio, ordina il disarmo di tutti i cittadini e scioglie la Guardia Nazionale.

10 marzo

Con R.D. furono istituiti viaggi mensili tra Cagliari e Portotorres, lungo la costa occidentale dell’Isola, per mezzo di vapori della Regia Marina con lo scopo di trasportare la corrispondenza ed incrementare il commercio dei paesi che si trovavano esclusi dai collegamenti con la Terraferma. I risultati non furono soddisfacenti, poiché i noli riuscivano a compensare in parte le spese dell’olio e dei grassi necessari per la manutenzione dei macchinari, restando a carico del Governo l’ingente somma del carburante per l’importo di lire 42.000 annue. Di conseguenza, al fine di attenuare le spese di gestione, i viaggi durante l’anno furono ridotti a quattro, da attuarsi nei mesi di gennaio, aprile, luglio e ottobre. Il servizio cessò definitivamente il 18 dicembre 1858. Il rapporto tra il Governo e la Compagnia Rubattino & C. andò rafforzandosi con l’affidamento, in data 31 marzo 1853, del servizio di corrispondenza postale da Tunisi a Cagliari, e viceversa. I collegamenti erano effettuati con piroscafi postali, addetti anche al trasporto di passeggeri e merci, nei seguenti giorni: da Cagliari il 5 e il 24 di ogni mese e da Tunisi il 1° e il 12. A decorrere dal 1855 le partenze facevano capo a Genova e a Tunisi, con scalo all’andata e al ritorno a Cagliari, nei seguenti giorni: da Tunisi il 1° e il 15 di ogni mese, da Genova il 10 e il 25, con una traversata in 20 ore, salvo casi di forza maggiore.

Maggio

L’eliminazione dei terreni comunali provoca gravi danni ai più poveri che non possono più coltivare i cereali secondo il vecchio sistema comunitario: i pastori, divenuti a pieno titolo proprietari dei terreni un tempo adibiti alla viddazzone, non accettano le proposte del Consiglio Comunale di concederne almeno una parte per la semina.

23 maggio

La fonte pubblica richiede urgenti lavori di riparazione.

9 luglio

Anche la città e il circondario di Tempio sono posti in stato d’assedio. Il provvedimento veniva giustificato col fatto che in quella provincia la pubblica quiete veniva continuamente turbata dalla presenza delle fazioni locali “con frequenti omicidi senza che l’autorità politica riuscisse ad arrestare e punire i colpevoli”.
In Gallura, e specialmente nel territorio di Santa Teresa operavano, infatti, numerosi banditi e contrabbandieri che rendevano la sicurezza pubblica estremamente precaria.
Tra questi si segnalavano anche “persone che si consideravano banditi”, ma che di fatto non lo erano in quanto “ignoravano di essere stati assolti dal tribunale” dai reati loro contestati, e per i quali si erano dati alla macchia.
In un rapporto sulla situazione dell’ordine pubblico in Gallura, stilato dal Delegato straordinario di Pubblica Sicurezza a Santa Teresa, veniva inoltre sottolineato che “eccettuati quattro sicari, gli altri sono per lo più uomini su cui pesa bensì l’imputazione di qualche sparo per vendetta di famiglia, ma non sono temibili per nulla, fuorché incontro di personali nemici; epperò, veniva rimarcato, si associano liberamente con tutti gli altri pastori, tenendosi solo in guardia contro gli assalti della pubblica forza, che manca perciò di mezzi per contraddistinguerli nelle masse”.
Veniva poi osservato che risultava estremamente difficile astringerli alla giustizia non solo perché sovente i “nemici personali che aveano, si tramutavano in amici e protettori”, ma soprattutto perché questi banditi, il cui numero non eccedeva le 25 unità, operavano e si muovevano in un territorio assai esteso e prevalentemente montuoso per cui “hanno i mille mezzi di scansare gli effetti delle ricerche”.
Ciò nonostante nel rapporto veniva fatto un bilancio sostanzialmente positivo dell’azione di repressione militare avviata dal Governo in quell’area: gli omicidi, i furti, le grassazioni ed i contrabbandi si erano notevolmente ridotti, per cui “si son fatti progressi stragrandi nel senso della tranquillità e del ben essere sì materiale che morale di questa Provincia, i quali progressi non consistono soltanto nella cessazione del male, ma nell’accrescimento del bene derivante dalla restituzione di molti contrabbandieri all’esercizio della derelitta agricoltura, della consumazione dei prodotti territoriali occasionata dalle Truppe, per cui si facilitarono i mezzi pecuniari per soddisfare alle Regie contribuzioni ed alle comunali, e per agevolare il piccolo commercio d’ogni maniera, e infine il generale contento delle popolazioni di vedersi una volta dal Governo protette e garantite”.
L’ordine pubblico in Gallura, nonostante la massiccia presenza delle truppe, rimaneva comunque estremamente precario, sebbene si fosse notevolmente ridotto il numero dei reati commessi contro il patrimonio pubblico e privato e contro le persone.
Del nutrito gruppo di persone definite “banditi o dissidenti della giustizia” per aver commesso gravi reati, specialmente contro la persona, ne venivano arrestate ben undici, quasi tutte accusate di omicidio, come pure numerosi erano i latitanti ricercati per aver commesso gravi reati tra il 1849 ed il 1851. Ma a turbare particolarmente il sonno del Delegato straordinario per l’ordine pubblico in Gallura era principalmente la libertà di cui ancora godeva un certo Guglielmo Pieri “colpevole di undici barbari premeditati omicidi commessi in Santa Teresa ed adiacenze, e capace di commetterne altri”. Questi, sfuggito più volte alla cattura col rifugiarsi nella vicina Corsica, era conosciuto come “capo e direttore di squadriglie armate che vengono di notte a rubare il bestiame ed a commettere altri crimini”, e “non alieno di farla da sicario”.
Veniva inoltre sottolineato che “fatto ardito dell’impunità finora avuta, non cessa di rendersi continuamente molesto con lettere di rancore“, per cui molti, conoscendo le sue “nequizie”, per paura di ritorsioni e rappresaglie, gli inviavano anche somme di denaro estorte con lettere minatorie.
Per assicurarlo una volta per tutte alla giustizia se ne chiedeva pertanto l’estradizione dalla vicina isola in quanto, sebbene per “un solo accidente fortuito (fosse nato) a Bonifacio ove la di lui madre erasi momentaneamente recata per semplice diporto”, di fatto fin dalla più tenera età era vissuto continuativamente a Santa Teresa, dove il padre, di origine corsa, si era stabilito da molti anni, avendo sposato una donna sarda, dalla quale ebbe numerosi figli, tutti nati in quel centro, dove tra l’altro vi possedeva beni ed abitazione.
L’estradizione veniva quindi richiesta sulla base del fatto che il Pieri, pur nato casualmente a Bonifacio, era a tutti gli effetti un cittadino sardo, e godeva pertanto pienamente dei diritti civili riconosciuti ad ogni regio suddito, per cui era soggetto alle leggi del regno.
Era indispensabile, comunque, che il Governo mettesse a disposizione del Delegato straordinario delle somme di denaro per “assoldare temporariamente persona confidente in Bonifacio che potesse essere nel caso di dare pronto avviso tutta volta che qualche bandito Corso, od inquisito sardo si partono di là per approdare a qualcuna di quest’isole, e in questi dintorni”.
Come pure, a sua disposizione sarebbero dovuti essere messi maggiori mezzi per “conoscere gli andamenti e le relazioni dei banditi, dei contrabbandieri, e d’altra gente sospetta”, e una lancia armata per la perlustrazione delle isole dell’arcipelago di La Maddalena in quanto “ora i banditi ben difficilmente si trasferiscono da un luogo all’altro, lo fanno di notte per mare su piccole barche porcherecce onde schivare le pattuglie che temono d’incontrare andando per terra”. In tal modo si sarebbe potuto dare loro la caccia più facilmente, trasportando “di nascosto, ed anche di notte truppe di cavalleggeri e bersaglieri in quei luoghi ove sono soliti trattenersi, cioè l’isola di Spargi, Monterosso, Isola Rossa, Capo Testa e simili”.
La presenza comunque sul territorio del contingente militare valse in qualche modo a rallentare decisamente le attività criminose e quella del contrabbando, assai intenso, fra le due isole. Ad esempio, nel Gabellotto dei tabacchi era notevolmente cresciuta la vendita dei sigari nazionali, prima minima in quanto introdotti clandestinamente dalla Corsica e dall’isola di Capraia, e venduti su tutto il territorio, come pure si segnalava un incremento del traffico commerciale del porto di Santa Teresa, da dove venivano imbarcati numerosi buoi verso i porti della Corsica, delle isole d’Elba e di Capraia e soprattutto verso quelli della riviera di levante della Liguria, interessando le città di Genova, di La Spezia, di Chiavari e di altri centri. Venivano esportate anche notevoli quantità di formaggio che, una volta raccolte nei depositi dell’isola di La Maddalena, prendevano la via in direzione di Genova. Altra risorsa richiesta sul mercato era quella della corteccia di rovere, utilizzata soprattutto nelle concerie. A caricare questo prodotto negli approdi di Santa Teresa, di Liscia e di Terranova erano soprattutto i bastimenti inglesi. La richiesta sui mercati, soprattutto esteri, di questo prodotto era di gran lunga superiore all’offerta, penalizzata questa soprattutto dalla mancanza di strade che non consentivano di prelevarla e trasportarla dai luoghi boschivi più distanti. Per gli stessi motivi veniva poco utilizzato il legname ricavabile dalle piante abbattute.
Per stroncare il contrabbando veniva sollecitato l’allontanamento dall’isola di La Maddalena dei “consaputi” contrabbandieri e “banditi” Pietro Susini e Giacomo Pieri.
Nel corso del 1852 si era ridotto anche il numero degli omicidi: veniva infatti segnalato un solo caso, quello del tempiese Giovanni Andrea Grosso, accaduto vicino a Luogosanto, ma del quale venivano ritenuti responsabili due forzati fuggiti dal bagno “i quali capitarono in quei dintorni”. Veniva esclusa ogni partecipazione al delitto da parte degli abitanti del luogo “risultando … affatto estranei”.
La costante sorveglianza militare operata sul territorio aveva infatti costretto numerosi banditi e contrabbandieri galluresi e corsi a riparare in luoghi più sicuri.
Nel territorio della Provincia di Tempio continuavano comunque ad operare i capi delle diverse fazioni “assai protetti” e “che potevano contare” fra i loro protettori lo stesso sindaco della città, con il quale erano anche legati da vincoli stretti di parentela”.
Fra questi venivano segnalati un certo Tronconi (?), genero del sindaco ed il figlio di questi Michele Giua.
La stessa famiglia Giua di Tempio, inoltre, stando ai rapporti di polizia, era strettamente legata a numerosi banditi e contrabbandieri, dai quali riceveva protezione.
Al riguardo, nel rapporto redatto dal Delegato straordinario di pubblica sicurezza, veniva sottolineato che “tosto o tardi cadranno nelle mani della forza, mentre nulla si lascia d’intentato per raggiungere lo scopo”.
Nel contempo, per riportare la quiete pubblica in un territorio dimostratosi sempre ostile alla presenza dei rappresentanti del Governo, grande fiducia veniva riposta nella collaborazione della popolazione definita “nella sua maggioranza docile, laboriosa forse più che nelle altre parti dell’Isola”.
Questo convincimento derivava dal fatto che la gran parte di quei “popolani” erano per lo più forestieri, “gente avventizia, la maggior parte Corsi, alcuni dell’Isola d’Elba e di Capraia, e taluni anche Genovesi, o quantomeno tutti oriundi di quei paesi; e perciò non partecipanti di quella infingardagine ingenita nella generalità dei Sardi”. Sui sardi quindi veniva espresso un giudizio pesantemente negativo, non certamente mitigato dalla frase “salve sempre le debite eccezioni”, che lascia trasparire inequivocabilmente pregiudizi di carattere antropologico, diffusi soprattutto tra i funzionari inviati nell’Isola dal Governo, e che nel tornante di fine secolo, di fronte all’esplosione di fenomeni delinquenziali
derivanti soprattutto dalla tristi condizioni di vita delle popolazioni sarde dell’interno, per individuare le cause del fenomeno, di carattere prevalentemente politico e sociale, la scuola antropologica del Lombroso, tra i quali si distingueva il Niceforo, in maniera assurda e ridicola, non farà altro che ritrovarle nella razza, ritenuta inferiore e tarata da un gene delinquenziale ereditario.
Veniva poi rimarcato che quelle popolazioni, a differenza dei sardi, erano “conseguentemente più atti a ricevere le impressioni dell’incivilimento”.  La fine dello stato d’assedio nella città e provincia di Sassari, come pure nella provincia di Tempio, veniva dichiarata con Decreto reale del 9 agosto 1852. (Tratto da La Sardegna sabauda (1720-1847) di Giovanni Murgia)

10 settembre

Il Consiglio appoggia l’iniziativa di Tempio per richiedere la costruzione di un ponte sul fiume Coghinas. Dovrà interessarsene il deputato eletto nella provincia, Gustavo Cavour.

14 novembre

In un rescritto, il re Ferdinando II stabiliva che tutto il bestiame vaccino e ovino proveniente dalla Sardegna fosse esente da tasse. Questo dimostra che la marineria ponziana aveva, già da quel tempo, contatti con la nostra isola. Anche la notizia, documentata dal Tricoli, secondo cui nel 1824 si trasferirono nell’isola di La Maddalena i ponzesi Cristoforo, Cotello, Coppa e Conte ci fa ritenere che fra la piccola Ponza e la nostra isola esistessero dei veri e propri rapporti commerciali. I pescatori ponzesi arrivarono prima ancora di trasferire le loro famiglie. Partendo da Ponza, con i loro pescherecci, questi uomini iniziarono ad arrivare già dall’inizio del 1900; costeggiando tutto il Lazio , salendo all’isola d’Elba e infine scendendo per la Corsica arrivarono in Sardegna. Le migrazioni dei pescatori ponzesi possono essere ricondotte a due motivazioni principali: in primo luogo la ricerca di coste pescose (specie di aragoste) che permettesse loro di guadagnare dal commercio del pescato; e in secondo luogo la raccolta di una buona provvista di pesce essiccato da portare a casa per essere consumato nei mesi invernali. Vedi anche: Pescatori provenienti da Ponza

9 dicembre

E’ abrogato lo stato d’assedio a Sassari.