CronologiaMilleottocento

Correva l’anno 1871

La Banca di Costruzioni di Genova prende in affitto tutta l’area posseduta da Bargone per impiantarvi una cava di granito di grandi dimensioni e forte produttività. E’ questa la prima vera coltivazione del granito dell’arcipelago con peculiarità che si riproposero uguali per mezzo secolo e che meritano alcune riflessioni. La prima riguarda i maddalenini che non sembravano interessati allo sfruttamento di tipo industriale delle cave: mancavano lo spirito imprenditoriale e i capitali, ma forse, più semplicemente, la visione della evoluzione che impegnava le città del periodo post-unitario con le necessità di bonifica e sistemazione del sistema viario e di miglioramento dei servizi. Così i proprietari preferivano la rendita piccola ma certa dell’affitto a imprenditori esterni, limitandosi, tutt’al più, a partecipare all’impresa con ruoli secondari. La sola eccezione è rappresentata da Francesco Susini che, avendo capito l’importanza economica dell’attività di cava, aveva comprato i terreni a levante di quelli di Bargone, in modo da allargare l’area che la Banca si proponeva di utilizzare, e si era offerto a questa come collaboratore dell’impresa in qualità di agente in loco; qualche anno più tardi tentò di aprire una cava per suo conto a Punta Sardegna per la quale però non esistono tracce di commesse o di lavori eseguiti. La situazione descritta comportava una altalena fra periodi più o meno lunghi di attività, e quindi di assunzione di mano d’opera, e periodi di stasi completa. La Banca di Costruzioni doveva avere progetti a lunga scadenza determinati dalle richieste di pietra da costruzione e, soprattutto, di lastre per pavimentazioni, provenienti dal comune di Genova, perché impiantò nell’area strutture fisse quali caseggiati da destinare ad ospitare gli operai e ad accogliere uffici e alloggi per il personale della direzione. Un ingegnere, Quarleri, dirigeva i lavori e, come abbiamo detto, Susini curava gli interessi della banca. E’ in questo periodo che un antesignano dei vacanzieri odierni, Pietro di San Saturnino, visitò la cava e la descrisse in un libretto di memorie: non si trattava di un esperto, in quanto era alla Maddalena per le “bagnature estive”, ma, essendo molto curioso e attento osservatore, notò il “fabbricato…ad uso dei lavoranti immenso”, tale da poter “contenere qualche centinaio di persone. La casa riservata agli amministratori e direttori offre molti vantaggi ed è ben mobiliata ed arredata”. All’epoca non esisteva ancora una vera banchina e, malgrado, secondo di San Saturnino, fosse agevole alle navi arrivare “presso il luogo dei lavori”, fu necessario sistemare un approdo che consentisse alle imbarcazioni di affiancarsi per il carico. “Massi enormissimi preparati ad essere trasportati in Genova” giacevano sul piazzale più vicino al mare, anche se egli notò che in quel momento “pochi erano coloro che erano addetti ai lavori”. I “massi enormissimi” notati da San Saturnino venivano trasformati in ottima pietra da costruzione e trasportati a Genova dove vennero impiegati per numerosi palazzi delle aree di espansione della città. I primi esperimenti di pavimentazione col granito maddalenino per via Roma diedero ottimi risultati sia pratici (intenso e pesante traffico ben tollerato dalle lastre), sia estetici per uniformità del colore e regolare e armoniosa disposizione dei pezzi. Nella difficoltà di trovare operai locali, si impiegavano lavoratori provenienti dalle cave alpine o dalla zona dei laghi, dove tradizionale era la lavorazione della pietra e quindi più facile reperire maestranze esperte. La banca mantenne la cava per circa quindici anni con periodi di lavorazione e attività intensi alternati a periodi morti fino a che, a causa di difficoltà inter ne, dovette, probabilmente intorno al 1885, abbandonare l’impresa restituendo il terreno ai proprietari. (G Sotgiu)

Si segnalano casi di vaiolo.

Gavino Cossu pubblica, su “L’avvenire di Sardegna”, il romanzo “La pazza della Maddalena” nel quale risalta la descrizione dell’ambiente isolano: nel trascrivere i suoi ricordi e le sue annotazioni, Cossu dipinge uno splendido affresco dell’ambiente isolano, con le sue case e i suoi abitanti. Non vi sono automobili, né teatri o circoli, e per spostarsi ancora si usano asinelli, eppure l’importanza della Maddalena come porto commerciale e scalo marittimo è ben nota in tutta la Gallura: tra le altre cose, Cossu descrive la nave con la quale giunse nell’arcipelago col termine “vapore”, lasciando intendere che si trattasse di una nave abbastanza moderna per quei tempi. Come Alberto Sega evidenzia in un suo articolo relativo al romanzo La pazza della Maddalena, in particolare alle reminiscenze del Cossu, l’impiego di una nave a propulsione meccanica lascia supporre che già in quei tempi il trasporto di merci e passeggeri fosse di notevole rilevanza, tanto da renderlo remunerativo. Cossu affermava anche, che il turismo fosse un’attività piuttosto remunerativa è confermato dalla presenza di una clientela esigente e con buona disponibilità finanziaria: infatti, una volta approdati a La Maddalena, i visitatori potevano alloggiare presso due alberghi, ben arredati e molto curati.

Gli abitanti di La Maddalena sono 1919, con una media di 97/kmq. Pasquale Volpe è facente funzioni di sindaco.

La Banca di Costruzioni di Genova prende in affitto la zona di Cala Francese per avviarvi una impresa di estrazione e lavorazione del granito.

Giacomo Murru è facente funzioni di sindaco. Giuseppe Cardi e Antonio Balata sono facenti funzioni del sindaco.

Gli abitanti di Santa Teresa sono 1726.

1 gennaio

Muore la piccola Rosa Garibaldi. La neonata nata nel 1869 e deceduta ad appena 18 mesi, mentre il padre Giuseppe si trovava in Francia al comando dei volontari di mezza Europa, accorsi per difendere il governo repubblicano dalle mire dell’Impero Prussiano di Bismarkm (di questo fatto abbiamo una accurata ricostruzione nelle memorie di Clelia Garibaldi nel libro intitolato “Mio Padre”). In effetti, appena avuto notizia della morte di Rosa, l’Amministrazione Comunale aveva predisposto in onore della bambina, il trasporto della salma nell’isola madre, predisponendone un corteo, sin da Caprera, composto da bambine isolane vestite di bianco. Ricevuto un iniziale diniego da parte della madre Francesca Armosino, il sindaco, poche ore dopo, si presentava a Caprera per intimare alla Armosino Garibaldi il rispetto delle regole e la sepoltura della piccola nel Civico Cimitero della Città. Sindaco di La Maddalena allora era Pasquale Volpe, che dalle consultazioni dei Registri di Stato Civile dell’Anagrafe Comunale, in realtà faceva le funzioni di Sindaco in qualità di Assessore anziano, essendo succeduto nel dicembre del 1870 al Regio Delegato Straordinario Luigi Alibertini, a sua volta nominato da pochi mesi in sostituzione del Sindaco uscente Giulio Ferracciolo. Volpe ricoprirà tale funzione sino al gennaio 1872 per essere quindi sostituito nel mese successivo dal nuovo Sindaco Salvatore Culiolo che durerà in carica sino al marzo 1875. Tornando alla madre della povera bimba, resasi conto della situazione, decide di barricarsi in casa chiudendo ermeticamente porte e finestre e si rifiuta di consegnare la bara della piccola. All’intimazione e alle insistenze del sindaco Volpe con fascia tricolore, decide di tenere il feretro in casa fino al rientro del Generale. Alla triste notizie si aggiunse un piccolo aneddoto accaduto tra Francesca Armosino ed una signora inviata dal Parroco di La Maddalena, con il compito di indagare sulle vere intenzioni della famiglia Garibaldi, riguardo il piccolo cimitero di famiglia, che trasgrediva le pubbliche norme sanitarie ed ecclesiastiche sulle sepolture, creato a Caprera dall’Eroe in seguito alla morte della piccola Rosa, secondogenita del loro matrimonio, avvenuta nel 1871. All’intimazione del Sindaco Volpe con tanto di fascia tricolore, bene in mostra intorno alla vita e numeroso accompagnamento, «In nome della legge aprite o con la forza sfondo l’uscio!», la moglie di Garibaldi, che guardava da sotto le stecche di una persiana, tenendo fra le mani un fucile dell’eroe e facendolo passare fra una stecca e l’altra, replicava ad alta voce: «Garibaldi è in Francia, ma il suo fucile è qui; se non andate via immediatamente, io sparo!» . Il Sindaco e la delegazione sorpresi ed intimoriti da tanta determinazione si ritirarono in gran fretta. Al ritorno dalla Francia Garibaldi, tumulò, senza permesso ma in modo definitivo, la piccola Rosa, dando origine al piccolo cimitero tuttora meta delle visite e dei pellegrinaggi alla Casa-Museo di Caprera, dove verranno in seguito sepolti, Anita (figlia di Garibaldi e della domestica nizzarda Battistina Ravello), Teresita (figlia di Garibaldi ed Anita), Francesca Armosino ed i loro figli Manlio e Clelia, ultima ad essere sepolta nel 1959. Con la nascita del piccolo cimitero di Caprera, nel 1872 fu aggiunta una seconda tomba, quella di Anita morta sull’isola all’età di soli 16 anni, figlia nata nel 1859 da una breve relazione tra Giuseppe Garibaldi e Battistina Ravello.
Sono stati seguiti in ordine cronologico, nel 1882 Giuseppe Garibaldi, nel 1900 suo figlio Manlio, nel 1903 Teresita, l’unica dei 4 figli che ebbe con Anita ad essere sepolta a Caprera; nel 1923 Francesca Armosino, ultima moglie del generale, e infine nel 1959 Clelia Garibaldi è stata sepolta lì.

10 gennaio

Esce a Cagliari ‘‘L’Avvenire di Sardegna’’, «giornale politico internazionale», «organo della colonia italiana in Tunisia ». Diretto da Giovanni De Francesco, sarà pubblicato sino al dicembre 1893. Lo stesso pubblicò in prima uscita sulle colonne della testata il romanzo di Gavino Cossu, “La pazza della Maddalena” — che ne accolse nel 1871 la originale stesura in 42 puntate non consecutive (a. I, nn. 242-271, 274, 281-285, 287, 290-293, 295). Reminiscenze d’un viaggio fu impressa sul finire dello stesso anno in edizione monografica sotto il torchio di stampa della rinomata Tipografia dell’Avvenire di Sardegna, stamperia cagliaritana che undici anni dopo, nel 1882, editò dello stesso autore anche il ponderoso, e più popolare, Gli Anchita e i Brundanu. Stampato in ottavo su carta avoriata di bassa grammatura, il libro usciva in edizione ancipite, giacché priva di note tipografiche, ovvero senza l’indicazione di editore o tipografo, luogo e anno di stampa. Rilegato a filo in sedicesimo per complessive 298 pagine numerate, con testo composto in carattere minuto articolato in quattro parti più una «conchiusione» senza fregi né illustrazioni, il volume anteponeva al testo — con datazione «Cossoine 30 Settembre 1871» (medesima indicazione temporale che compariva in chiosa al testo) — una dedica «ai miei due cari amici Avv. Francesco Rugiu di Sassari e Med. Chir. Bernardo Gabba di Cagliari», in guisa del fatto che «lorquando, nell’ultimo scorso Agosto, di ritorno dall’isola di Maddalena, vi narravo i tristi fatti di Maria la pazza, mi ricordo che voi due m’invitavate di scriverne la dolorosa storia e renderla pubblica», e con l’avvertimento di «badare, più che all’importanza dell’opera, ai veraci sentimenti d’amicizia di chi la dettava». L’edizione, assoluta rarità per collezionisti bibliofili, è attualmente conservata in soli tre cataloghi pubblici regionali e nazionali, presso la Biblioteca comunale “Studi Sardi” di Cagliari, la Biblioteca universitaria di Cagliari e la Biblioteca universitaria di Sassari. Acquisizione ottica digitale dell’opera è altresì consultabile presso la Biblioteca di Sardegna di Cargeghe.

14 gennaio

Muore a 58 anni, Maggior Leggero, per aver mangiato dei funghi velenosi raccolti durante una partita di caccia; lasciò Giuseppina con tre figli e incinta del quarto. Dalla sua bocca non uscì mai una sola parola delle sue eroiche avventure di guerra, se non quelle dette balbettando a Garibaldi per giustificarsi di non aver potuto combattere anche in Sicilia. Qualcuno regalò dei funghi al Maggior Leggero. Probabilmente velenosi, si sentì male e vedendosi prossimo alla fine chiese ad una vicina di casa, certa Francesca Tosto, di chiamare il prete. Sorpresa, la donna indugiò, memore dei turbolenti rapporti tra i due. Poi andò a bussare alla porta della canonica. “Per tutto quello che mi ha fatto potrei rifiutarmi ma sono un prete e vengo” disse il parroco. “Vieni avanti Mamia – sussurrò sofferente Leggero -. So cosa lascio ma non so che cosa trovo”. E gli chiese perdono ricevendo, in punto di morte, i Sacramenti. Il fatto, tuttora raccontato da Antonio (Tonino) Conti, nipote di Francesca Tosto, da lui appreso dalla viva voce della nonna, è sostanzialmente confermato dal Registro Parrocchiale dei Morti. In data 14 gennaio 1871 è infatti scritto che “omnibus sacramentis munitus animam Deo reddidit” Giovanni Battista Culiolo, di Silvestro e Rosa Fiega, di anni 57 e 4 mesi. Non solo, risulta anche che ebbe regolare funerale con accompagnamento della Croce. L’atto è sottoscritto da Michele Mamia Addis, Vicario perpetuo. Il Maggior Leggero venne seppellito nel “Cimitero Vecchio”, sotto una lastra di graniglia. Nessuno ritenne opportuno onorarlo né con una epigrafe né con un cippo. Nemmeno Garibaldi, rientrato poco tempo dopo dalla campagna di Francia. Nello stesso registro parrocchiale non vi è traccia della morte di Luigi Gusmaroli, ex prete, anche lui fedelissimo del “Generale”, avvenuta senza Sacramenti. Per lui, e forse non a caso, Garibaldi dettò invece un’epigrafe (conservata nel “Cimitero Nuovo”), nella quale è polemicamente rimarcato che “svestì l’abito da prete, quando giovane in età di ragione, capì che non doveva essere della setta degli impostori …

12 febbraio

Garibaldi lascia il comando e raggiunge Bordeaux. Viene eletto Deputato di Parigi, Digione, Nizza e Algeri. Il  13 si dimette e raggiunge Marsiglia dove il 15 si imbarca per Caprera.

Dal 15 febbraio

Garibaldi risiede a Caprera da dove segue attivamente la situazione italiana ed europea e tiene una fitta corrispondenza. Nel 1872 muore Giuseppe Mazzini e Garibaldi scrive “Dietro il feretro del Grande Italiano sventoli la bandiera dei Mille”.

16 febbraio

Celebra il funerale della piccola Rosa, che tumula nel giardino di casa inaugurando senza alcuna autorizzazione sanitaria, il piccolo cimitero di famiglia, in cui oggi riposano anche egli stesso, la piccola Anita, Teresita, Manlio, Francesca e Clelia. Rimarrà a Caprera quasi ininterrottamente fino alla morte.

22 marzo

Il finanziere Giovanni A. Sanna fonda a Sassari la Banca Agricola Sarda.

1 aprile

Costituzione della “Società Reale per la Protezione degli Animali”. E’ noto il rispetto che Giuseppe Garibaldi nutriva verso la natura, manifestato con un esplicito affetto nei confronti degli animali e in una grande sensibilità nei confronti del mondo vegetale. Lo storico inglese Denis Mack Smith nella biografia su Garibaldi cita: “Più tardi si fece sempre più vegetariano; lo stretto contatto con la solitaria natura gli diede la credenza che gli animali e perfino le piante avessero un’anima cui non si dovesse nuocere”.
D’altra parte, Candido Augusto Vecchi in Garibaldi e Caprera, scrive: “Rispetta tutti dall’umile al grande. Mai l’ho sorpreso a dir male di alcuno. Sente per l’animale bruto quello che per l’uomo, e si duole dentro se una bestia è picchiata; e lo impedisce il triste atto, se mai si commette in sua presenza. Prova una voluttà nel piantare e nella coltura di utilità vegetabili; e si spiace se una pianticina sia calpesta o manomessa”.
Il 1 aprile 1871, Giuseppe Garibaldi, su esplicito invito di una nobildonna inglese, Lady Anna Winter, contessa di Southerland, diede incarico al dottor Timoteo Riboldi, con studio in Torino, di redigere lo statuto di una società per la protezione degli animali, annoverando la contessa come presidente, se stesso ed il medico come soci fondatori.
Nacque così la “Società Reale per la Protezione degli Animali” con ufficio provvisorio a Torino, al n. 29 di Via Accademia Albertina. Nel 1872 fu stampato dalla storica tipografia di Vincenzo Bona, uno statuto sociale stilato in lingua italiana, inglese, francese e tedesca.

agosto

Tratto dal romanzo “La pazza della Maddalena”: “L’Isola vive della sua povera economia”; a “…La Maddalena… non ci sono né vetture, né teatri…né circoli”, per le strade si notano le “….belle donne” delle quali si può solo dire: “…peccato che non abbiano dote”; gli asinelli sono “…le sole cavalcature…. rinvenendosi in tutta l’isola appena un paio di cavalli”. Eppure, sembrerebbe di poter affermare che la sua importanza in Gallura fosse già consolidata: esisteva, infatti, un collegamento marittimo diretto, da Livorno, che favoriva l’isola rispetto agli altri porti galluresi. Il Piemonte, la nave adibita a questo servizio, o meglio, il vapore, come la definì il Cossu, aveva evidentemente propulsione meccanica: per quei tempi, quindi, era una nave abbastanza moderna, e questo lascia presupporre che il trasporto di merci e passeggeri fosse abbastanza consistente, tanto da renderlo remunerativo. La società di navigazione che gestiva la linea era molto nota a tutti gli italiani, perché era quella che aveva fornito ai mille di Garibaldi le navi per la spedizione verso Marsala: la Rubattino. il servizio era bisettimanale.

1 novembre

Muore alla Maddalena, il garibaldino Andrea Traverso (fu Angelo nato a Genova) già residente all’isola della Maddalena, uno dei garibaldini che parteciparono alla spedizione dei mille.

31 dicembre

Nel 1871 la popolazione presente con dimora stabile è pari a 1.724 ab.; aggiungendo a tale risultato 190 unità con dimora occasionale, la popolazione presente è pari a 1.914 abitanti. la popolazione residente è di 1919 abitanti. In ripresa rispetto alla rilevazione precedente, anche tenendo conto dell’epidemia di colera che aveva provocato diversi morti anche all’isola. Il censimento generale della popolazione della Sardegna fornisce, tra gli altri, i seguenti dati: abitanti, 636.660 (26,4 per Kmq.); analfabeti, 88%. La Maddalena al censimento risulta una popolazione residente di 1.919 abitanti, appena 18 in più del 1861. In Sardegna gli abitanti sono 636.660. La città appare articolata in due sezioni, evidentemente per utilità di rilevamento, ma anche per diverso aspetto topografico: sezione Marina e sezione Castelletto. Questa comprendeva il settore ad occidente della chiesa, che declina nell’attuale Via Cairoli. Una frazione di censimento, denominata Quarantena, comprendeva l’abitato sulla sponda occidentale di Cala Gavetta, là ove ‘è ora Piazza Saint Bon con i suoi diversi edifici. La frazione di Quarantena, così detta perché vi era il Lazzaretto, si era sviluppata sotto la protezione del Forte Balbiano.