CronologiaMilleottocento

Correva l’anno 1889

Allarme per due casi di vaiolo arabo.

La diocesi di Tempio permette a don Angelo Soggiu di costruire una chiesetta a Palau in onore di Nostra Signora delle Grazie.

Negli elenchi delle strade comunali, redatti il 1 luglio 1867 e il 20 Marzo 1868, risulta solo la denominazione di Piazza Garibaldi, ma manca quella di Via Garibaldi e di via XX Settembre sostituite, però, rispettivamente dalla Via Mangiavolpe, che andava da Piazza Garibaldi alla Vigna del Giudizio, larga 4 m e lunga 100, e dalla via Italia, che andava dal Molo (oggi P.zza XXIII Febbraio 1793) a Piazza Garibaldi larga 5 m e lunga 100. Questa situazione restò invariata fino al primo censimento del 1871 dove compare per la prima volta il toponimo di Via Garibaldi, divisa in due tronchi, comprendente le vecchie Vie Mangiavolpe, Italia e l’originaria Piazza Garibaldi.
Nel successivo censimento del 1881 la situazione rimane invariata e così in quello del 1891 fino ad arrivare al 1898 quando compaiono i nomi di Via Garibaldi, P.zza del Mercato e Via XX Settembre.
Risulta chiaro che questi furono gli anni sia di maggiore espansione dell’abitato, coincidenti con l’impianto in grande stile della Base navale nel 1887, che del “riempimento dei vuoti”, soprattutto per esigenze di carattere pubblico.

E’ in quest’ottica che s’inquadra l’incarico dato dall’Amministrazione comunale nel 1888 all’ing. Eugenio Serra di Sassari per compilare un progetto globale per la sistemazione della Via Garibaldi, primo e secondo tronco, progetto che venne presentato il 6 Gennaio del 1889, ed appaltato all’impresario Giacomo Vittino con contratto del 23.04.1889. Tutti i lavori vennero ultimati completamente il 15.2.1890 e l’Ing. Domenico Marchelli venne incaricato dal Comune di procedere al collaudo, che eseguì presentando la relativa relazione in data 08.07.1890.
Nel 1889, mentre i lavori di Via Garibaldi erano ancora in corso, l’Ing. Serra compilò anche il progetto per la sistemazione della Piazza dell’Olmo (oggi in parte Piazza Garibaldi), proponendo anche una soluzione architettonica per un edificio da adibire a Mercato pubblico. Dalla relazione illustrativa, infatti, ricaviamo che il progetto aveva per scopo la sistemazione della Piazza dell’Olmo ed adiacenze e che ad essa facevano capo i due tronchi di Via Garibaldi, allora in corso di costruzione. “Omissis)….. E’ indiscutibile l’urgente necessità di provvedere al lastricamento di detta Piazza che può ritenersi come il centro del paese ove concorre e transita continuamente la popolazione in ispecie perché ivi trovasi il pubblico mercato. ….. Con tale sistemazione viene completata l’arteria principale del paese ed un gran passo sarà fatto per la regolarizzazione dell’interna viabilità. La piazza dell’Olmo giace in una bassura, – in tempo piovoso le acque vi ristagnano e la rendono pressoché impraticabile. Perciò occorre aprire i canali di scolo segnati in progetto onde smaltire le acque e portarle al canale maestro che attraversando una gran zona del paese arriva a sboccare in mare. Onde migliorare le condizioni altimetriche della piazza stessa venne pure eseguito un rinterro generale per alzarne il livello. Tale lavoro fatto in economia dall’Amministrazione, trovasi pressoché ultimato, per cui nel progetto non si ritiene conto della spesa corrispondente…. Il lastricato dovrà lavorarsi come quello attualmente in opera nella Via Garibaldi con la differenza che non sarà disposto a spina di pesce e che sarà collocato su strato di sabbia anziché su strato di malta…..”. Dopo questo grosso intervento la piazza, fatta eccezione per la costruzione del Mercato e del Palazzo comunale, ebbe a subire nel tempo, come del resto Via Garibaldi e poi via XX Settembre, delle piccole modifiche dovute soprattutto alla rettifica degli allineamenti stradali ed il rifacimento della pavimentazione, introducendo qualche elemento di arredo urbano e, in ricordo dell’antica piantumazione, la messa a dimora di due palme e poi del monumento.
Il palazzo municipale, il mercato civico e le quinte edilizie finiscono per costituire un tutt’uno che rimanda alla storia post risorgimentale e all’integrazione della comunità maddalenina nello stato unitario e per assegnare allo spazio un valore “politico” e di memoria completato dal
recente monumento a Garibaldi.
Le diverse piazze e i diversi spazi (S. Maria Maddalena, largo Matteotti, corso Vittorio Emanuele, piazza XXIII Febbraio) costituiscono un interessante sistema che le diverse architetture, legate ad un gusto umbertino sottolineate nelle cornici, nelle mensole e nei balconi che li ornano.

Si avviano i lavori di varie fortificazioni.

Forte de I Colmi

Il forte dei Colmi è un complesso costituito da alcuni edifici a pianta rettangolare, le cui fondazioni poggiano direttamente sulla roccia granitica sottostante. Gli edifici sono a pianta rettangolare, con strutture verticali in blocchi di granito non squadrati e struttura di copertura lignea con manto in coppi di cotto. Le aperture sono coronate da blocchi di granito squadrato a formare una cornice. La piazzola per gli armamenti si trova su un piano sopraelevato, raggiungibile attraverso delle scale ad una rampa in granito. Destinata a battere l’imboccatura di ponente e i canali di Spargi e Santa Maria, era armata in un primo tempo con 4 obici da 280 mm, ma dopo il 1890 fu potenziata con l’allestimento di una batteria di cannoni da 120 mm, con un’altra di 4 obici da 280 mm e con la costruzione di nuovi riempimenti e parapetti, nonché del muro di cinta. Ma “Opera Colmi” non entrò mai in funzione se non per le esercitazioni. Oggi è destinata a rappresentazioni culturali anche per la presenza di un teatro all’aperto che può contenere più di mille spettatori.

Poggio Raso (inferiore e superiore).

Il complesso di Poggio Rasu inferiore, è quasi inglobato nella vegetazione locale, è formato da cinta muraria, casermamenti nell’interno e piazzole per cannoni. Il complesso superiore a poca distanza presenta un ponte levatoio crollato, cancello di ingresso con nome dell’ opera incisa su pietra, e sulla vetta postazioni per 4 obici e 2 per cannoni. Le murature sono in blocchi non squadrati di granito, mentre il loro coronamento è composto di lastre, sempre di granito, ma perfettamente squadrate, così come i cantoni. Le aperture, sono anch’esse in granito, con cornici squadrate. Le piazzole sono in cemento armato e collegate al terreno con delle scale in granito. La copertura degli edifici principali è a due falde, presumibilmente con struttura in legno e manto di copertura in coppi. A Monte Rasu, alla quota 81, sono in costruzione due batterie, l’una costituita dalle piazzuole, da un terrapieno basso con traverse casamattate per le loro munizioni e da un attiguo ricovero per il presidio, non alla prova. La seconda costituita parimenti dalle piazzuole, da un terrapieno basso, e da una traversa per le munizioni. La prima di queste due batterie di quota 81, il cui armamento deve essere di 4 cannoni da 16 su affusti della Regia Marina con tipo di tiro orizzontale di 62° e già molto avanzata nella sua costruzione, essendo le piazzuole ed il terrapieno e le riservette quasi ultimate. L’attiguo ricovero si trova in costruzione. Per la seconda batteria di quota 81,50 che dovrà essere armata di 4 cannoni da 25 su affusti di bordo con campo di tiro orizzontale di 90°, a giorni saranno ultimati gli scavi. Nella vicinanza di dette batterie ed al rovescio, sono costruiti due baraccamenti in muratura con malta di terra: l’uno capace di 100 uomini ed il secondo di 60. Sull’appicco della roccia a destra ed avanti del riflettore si sono scavati due pozzi per cannoni a scomparsa da 149 mm (quota 42 mt) il cui armamento non è ancora eseguito. Sul rovescio di questa posizione si sono costrutte due riservette alla prova della capacità di 80 colpi per pezzo ed una casermetta, con cisterna, capace di 20 uomini. Sul detto promontorio dal lato di Cala Francese ed indietro della posizione ove si debbono costruire due pezzi per cannoni da 68 tonnellate a scomparsa (343 mm.), si è preparata una piazzuola per l’installamento del cannone Zalinsky Al centro dell’altipiano, dietro la detta batteria, si innalza un ricovero per 100 uomini ed un padiglione per gli ufficiali. Questo fabbricato e ultimato, meno i pavimenti, si aggiungerà pure un secondo corpo di fabbrica per portare la capacita a 150 uomini.

Opera Nido d’Aquila

Il forte era costituito da un complesso di edifici adibiti a magazzini, cucine e lavatoi e latrine, le cui fondazioni poggiavano sulla nuda roccia di granito. inoltre erano presenti una batteria in barbetta di quota 13,25 capace di quattro pezzi di 15 GRC (retrocarica) con parapetto di grossezza di mt. 8, con rivestimento interno di muratura e con piazzuole pure di muratura, 4 riservette. Questi locali sono alla prova, di oltre un metro di spessore con sovrastante strato di terra di mt. 3,75. Sul fianco sinistro della batteria ed un poco indietro sorge una casermetta ad un solo piano con copertura leggera, capace di ricoverare 46 uomini nonché i sottufficiali e due ufficiali ed inoltre contiene la stazione fotoelettrica, e due pozzi a scomparsa per cannoni. Al centro dell’altipiano, dietro la detta batteria, si innalza un ricovero per 100 uomini ed un padiglione per gli ufficiali. Le murature sono in blocchi non squadrati di granito, mentre il loro coronamento è composto di lastre.

25 gennaio

Continua l’entrata in servizio dei tronchi delle Ferrovie secondarie: alla Tirso-Orotelli seguiranno i tronchi Orotelli-Nuoro (6 febbraio), Sassari-Alghero (10 aprile), Meana-Sorgono (3 novembre), Isili-Sorgono (18 novembre 1890).

marzo

Nel marzo 1887, fu costituito il Comando di Difesa Locale Marittima di La Maddalena con sede a bordo della nave militare Dora; che nel marzo 1889 veniva costituita la Stazione Torpediniere con competenza su tutte le coste della Sardegna; che negli anni successivi venne costruito e aperto l’Ospedale Militare Marittimo e successivamente fu destinato, quale comandante della base di La Maddalena un contrammiraglio che temporaneamente ebbe il comando sulla Fregata Corazzata Palestro. Nel 1891 iniziò la costruzione del Regio Cantiere di Moneta e nel 1893 La Maddalena fu designata quale sede di Comando Militare Marittimo, con giurisdizione militare marittima sul litorale della Sardegna ed isole adiacenti. Fotografiamo ora, dopo una ricerca presso fonti militari, la situazione della piazzaforte militare marittima all’agosto del 1914, momento di inizio delle ostilità dalle quali fino al 1915 rimase esclusa l’Italia. Per il resto del 1914 per i primi mesi del 1915 erano ormeggiate nelle banchine militari o all’ancora nella rada tra Maddalena, Caprera e Santo Stefano, la 2ª Squadriglia Torpediniere d’alto mare, composta 6 navi, e la 7 ª Squadriglia Torpediniere costiere, anch’essa composta da 6 navi. C’era inoltre ormeggiato il Lombardia, nave appoggio sommergibili, ed i battelli Atropo, Fisalia e Jantina. La base militare di La Maddalena aveva anche la presenza della nave cisterna Verde e di un’altra decina di unità minori, più o meno efficienti, utilizzate per i servizi interni, per gli spostamenti all’interno dell’estuario e per i collegamenti con le isole dell’Arcipelago, e col resto della Sardegna. In tutto la Base era forte di 13 navi da combattimento oltre che di uno svariato numero di mezzi minori. Come già detto in altre puntate, fu solo dopo il maggio del 1915 o meglio dopo l’estate 1915, consolidata l’alleanza con la Francia (la base di La Maddalena era stata concepita e realizzata in funzione antifrancese e a difesa da una invasione transalpina), che da parte dello Stato Maggiore della Regia Marina si decise di cominciare ad indebolire la presenza della flotta (e sguarnire la Base), buona parte della quale venne trasferita nel mare Ionio e soprattutto nel mare Adriatico, vero teatro di guerra. E, come abbiamo già detto, anche diversi cannoni e batterie costiere, anche piuttosto moderni (anche se c’è da ricordare le polemiche dell’epoca su diversi armamenti obsoleti), con gli uomini specializzati nel loro utilizzo, furono trasferiti sul fronte terrestre, in particolare nel Veneto. Durante il conflitto mondiale le poche navi militari rimaste alla Maddalena furono impiegate soprattutto per i collegamenti con il resto della Sardegna e col Continente, e per vigilare sui sommergibili nemici. Incombenza che si manifestò inutile in occasione dell’affondamento della nave da trasporto Tripoli, partita nel 1918 da Golfo Aranci, e tragicamente affondata da un sommergibile tedesco. L’episodio mise a nudo la sostanziale debolezza della piazzaforte maddalenina, e dalle esperienze maturate si cercò di fare tesoro successivamente, prima dello scoppio della Seconda Guerra Mondiale, con un riarmo poderoso e con la realizzazione di nuove fortezze. Ma anche questo, come la storia ci narra, non fu sufficiente in occasione dei bombardamenti subiti nel 1943, e dell’occupazione delle truppe tedesche. Ma questo riguarda un’altra guerra mondiale.

11 giugno

Dal testo “In labore ingenium – Architettura militare – Atti del convegno del 24.06.2010”, a cura della Dott. Assunta Maria Pastò, riportiamo (con alcuni tagli per ragioni di spazio) la prefazione.
“Nel Nord Gallura, è solo alla fine del XIX secolo che comincia a delinearsi un vero e proprio sistema difensivo costiero senza precedenti le cui costruzioni avevano una finalità militare difensiva.
La Maddalena rappresenta il centro del sistema difensivo: fu perciò in questo Arcipelago che massimamente si concentrò l’attività “edilizia” seguita dal Regio Esercito e dalla Regia Marina. Le tecniche costruttive inizialmente prevedevano l’utilizzo della sola pietra, senza materiali di legamento: venivano quindi innalzati muri a secco. L’introduzione della malta, composta di calce e sabbia, consentì l’emergere di alte strutture murarie.
Ma, soltanto verso la fine del XIX secolo, fu “inventato” il cemento che, resistente all’acqua, era dotato di capacità plastiche tali da rendere possibili costruzioni ardite nei più diversi contesti ambientali. A La Maddalena la prima “provvista di 500 tonnellate di cemento Portland, di 1^ qualità a lenta presa da servire per le fortificazioni”, risale al 1889, con la convenzione n. 21/bis datata 11 giugno 1889 (custodita presso l’archivio dell’Ufficiale Rogante del Genio Militare di La Maddalena) fu acquistato dalla Ditta Brooks-Schoobridge di Londra per l’ammontare di 36.000 in base al prezzo di lire 72 ogni tonnellata. Il nuovo materiale consentì di realizzare edifici dalle forme innovative sebbene continuò l’uso di materiali naturali (pietra – legno – granito – rame) per mimetizzare riservette e bunker realizzati in cemento.
Gran parte della storia dell’architettura militare di La Maddalena, tuttavia, prevede come assoluto protagonista il granito, caratteristica risorsa locale. Le sue caratteristiche vincenti – l’economicità, il facile impiego, l’immediata disponibilità e resistenza – lo imposero in tutte le fortificazioni. Il tipo di edilizia doveva tener conto, oltre che della proprietà dei materiali, anche delle sollecitazioni esercitate dal vento e dagli attacchi nemici.
Vi era, inoltre, notevole disponibilità di mano d’opera e tecniche sviluppate per sollevare i grandi blocchi di pietra e modellarle per mano degli scalpellini che creavano gradini, grondaie, cornici marcapiano, bugnati. In termini di componenti e particolari architettonici vi era la cura spasmodica del dettaglio.
Il bisogno di stabilire una relazione con la natura si riflette non solo nella scelta dei materiali ma anche nella disposizione degli elementi che compongono la batteria fortificata nel suo complesso. Se non si conosce la motivazione tecnica e geopolitica della scelta, la disposizione degli elementi può apparire casuale ma, in realtà, risponde ad un ordine ben preciso ed è in rapporto con la visuale sul mare, sul fronte marino da cui sarebbe arrivato il nemico.
L’architettura militare si svincolò dall’architettura classica sostituendo, al sistema trilitico, strutture in laterizio; tale materiale fu impiegato anche in altre opere ingegneristiche come strade, canali, ponti ed acquedotti come nella realizzazione degli sbarramenti per il contenimento e la raccolta delle acque a Caprera con due dighe a gravità ordinaria.
Da citare, infine, l’uso quasi indiscriminato dell’arco rampante e della volta non solo nelle scale di collegamento alle piattaforme armate ma anche nella costruzione delle cisterne interrate come la Cisterna di Cala Camiciotto Alto e l’ex – Distillatore arsenalizio. L’architettura si orientò, nello stesso periodo storico, anche verso la costruzione di alloggi.
Un problema molto rilevante fu la collocazione dei nuovi edifici nel contesto storico della città. Si costruirono edifici eleganti con delicate decorazioni a stucco, ricercati e complessi, nelle aree urbanizzate. Ogni fabbricato ad uso alloggi era, inoltre, dotato di cisterna interrata per la raccolta dell’acqua.
Nelle zone periferiche, come Moneta, si costruirono edifici più semplici e pur sempre ricercati nei particolari in sintonia con lo stile Umbertino del centro storico maddalenino.
Al fine di preservare l’architettura del passato, grande attenzione venne data al restauro ed alla manutenzione del patrimonio architettonico esistente oltre che alla progettazione urbanistica che si è sempre fondata su una visione unitaria del rapporto fra architettura e città.
La disposizione dei fabbricati Alloggi della Piazza Umberto I, detta anche Piazza Comando, sintetizza l’unità vitruviana (Nel De architectura, Vitruvio definì l’architettura, infatti, la sintesi di Ordine, Disposizione, Armonia, Simmetria, Decoro e Distribuzione).

16 agosto

Umberto I, accompagnato dal principe ereditario, visita le fortificazioni di La Maddalena e l’isola di Caprera.

20 agosto

La scomparsa di molti piccioni viaggiatori, utilizzati dal comando della base militare, provoca un intervento presso il comune perché si preoccupi di controllare e di reprimere eventuali abusi.

3 settembre

Le ceneri di Pasquale Paoli dopo un viaggio di 1.800 km in treno, carrozza e nave dalla chiesa di St Pancras nel quartiere di Camden a Londra fino al paese natale di Morosaglia dove a ben 82 anni dalla morte e dopo varie petizioni e donazioni da parte anche di alcuni corsi residenti a Londra. La bara contenente le ceneri di Pasquale Paoli arrivò a Isola Rossa sul Comte Bacciocchi, nave della compagnia Valery. Sul porto, la folla affollata di tutto l’arrodissement, riflette l’importanza dell’evento. La presenza di molte personalità tra cui il vescovo di Ajaccio, il vescovo Paul-Matthieu de La Foata e il prefetto della Corsica, sottolinea la solennità del momento. Pasquale Paoli, “capo generale” della nazione dal 1755 al 1769 e morto a Londra il 5 febbraio 1807, tornò finalmente nel suo paese natale. Trasportato nella chiesa della città dove il vescovo era in attesa, frequentato da molti sacerdoti, il corpo rimane lì fino al 6 settembre prima di essere trasferito a Morosaglia per essere depositato nella cappella della casa di Stretta dove il generale nacque il 6 aprile 1725. Simbolico quanto politico, questo ritorno radica l’eroe nella sua isola natale, ma anche nella memoria collettiva, attraversando la storia della monarchia di Luigi XV alla Terza Repubblica dei Sadi Carnot, il primo presidente a fare un viaggio in Corsica nel 1890. Nel suo discorso a Isola Rossa, il prefetto rende omaggio a tutti coloro che hanno reso possibile questo rimpatrio: “A nome del governo della Repubblica, saluto rispettosamente le ceneri di Pascal Paoli mentre ritornano nel loro territorio natio. dopo un esilio immeritato di 82 anni. Non mi aspettavo il grande onore che mi spetta oggi, ma lascia che vi dica che non ero del tutto indegno, perché molto prima del suo sbarco sull’isola, conoscevo la storia nazionale della Corsica; Sapevo che nelle ore più critiche la nazione aveva affidato la cura dei propri destini a un uomo di appena 29 anni e che quell’uomo, allo stesso tempo, generale vittorioso, amministratore incomparabile, eminente magistrato, meritava il titoli di rigeneratore della Corsica e padre della Patria.“ L’operazione di trasferimento è stata oggetto di un rapporto di Chanoine Saliceti, delegato della commissione speciale responsabile della traduzione delle ceneri. Dal 1865, con sede a Londra, i fratelli Casabianca sono i primi a lanciare l’allerta: la tomba di Paoli nella Saint Pancrace Old Church poteva essere distrutta a causa della costruzione di una linea ferroviaria. Tale situazione ha spostato la Corsica nel suo insieme, come sottolineato dal canonico Saliceti. “La tomba è stata rispettata, ma un’ondata di ansia aveva conquistato il paese. Questa preoccupazione è stata manifestata da numerose petizioni. Quello che il Consiglio Comunale di Morosaglia ha inviato al Consiglio Generale ha suscitato l’assemblea. Nella sessione dell’agosto 1873 fu nominata una commissione; è stato aperto una sottoscrizione, sono state raccolte somme per riportare sul suolo natio le ceneri del generale Paoli e “costruire a Morosaglia, un monumento per riceverle”.

6 ottobre

Esce a Cagliari, con un numero di saggio, prima settimanale poi, da dicembre, quotidiano, ‘‘L’Unione Sarda’’, espressione del gruppo coccortiano, diretto da Marcello Vinelli. Durante l’anno lo studente Claudio Demartis fonda a Tempio un Fascio operaio che sarà la prima organizzazione d’ispirazione socialista in Sardegna.

9 ottobre

Nella evoluzione dei comandi della marina nella nostra isola, si registra che con decreto del 9 ottobre 1889 il comando fu per la prima volta affidato ad un contrammiraglio nella “nave centrale di difesa assegnata alla Maddalena”, assumendo il titolo di “comandante locale”. Il decreto assegnava al contrammiraglio “la responsabilità di quel porto (La Maddalena) e la direzione superiore di tutti i servizi in esso stabiliti”. Il primo contrammiraglio fu appunto Federico Labrano, proveniente dal comando della Accademia di Livorno, che issò la propria insegna sulla corazzata Palestro. Dal 1° gennaio 1892, con un altro decreto il comando maddalenino fu retto da un viceammiraglio. Finalmente un ulteriore decreto del 6 agosto 1893, firmato da Umberto I e controfirmato dall’ammiraglio Carlo Alberto Racchia, dispose che il “Comando Locale Marittimo della Maddalena” assumeva “la denominazione di Comando Militare Marittimo della Maddalena”. Non più “locale”, quel comando acquisiva ex novo “la giurisdizione militare marittima sul litorale della Sardegna ed isole adiacenti”.

13 ottobre

Viene pubblicato il primo numero del quotidiano L’Unione Sarda, il più antico e diffuso quotidiano della Sardegna che esce ancora oggi; è stato fondato nel 1889 ed è stato il secondo quotidiano al mondo ad essersi dotato di un sito Internet, dopo il Washington Post. Nasce come “Giornale settimanale politico, amministrativo, letterario”, per iniziativa di intellettuali e politici cagliaritani, quali Francesco Cocco Ortu, Enrico Lai, Alberto Castoldi, Salvatore Parpaglia, Antonio Cao Pinna e Pasquale Prunas-Tola. Tuttavia vi sono registrati almeno tre primi numeri: il 6 ottobre 1889 esce un numero di saggio, il 13 ottobre 1889 il primo numero settimanale e il 17 dicembre 1889 il primo numero quotidiano. Molti ricercatori ritengono a questo proposito che la data del 13 ottobre fosse prefissata da molto tempo, e che si sia anticipata di una settimana a causa di un violento nubifragio che il giorno prima aveva devastato il Campidano. Tuttavia, sia per la presenza di un articolo su ciò solo nell’ultima pagina sia per l’annuncio su un altro giornale cagliaritano, L’avvenire di Sardegna, dell’esordio del l’Unione Sarda, fanno supporre che ciò sia solo una coincidenza. Per alcuni studiosi inoltre il giornale sarebbe nato in realtà solo come uno strumento per la campagna elettorale delle comunali del 1890, vinte poi da Ottone Baccaredda. Come settimanale esce la domenica, ma dopo solo nove numeri, dal 17 dicembre 1889 diventa quotidiano e segue una linea politica liberale.