CronologiaMillenovecento

Correva l’anno 1909

Giunge a La Maddalena accompagnata dalla superiora di Sassari suor Giuseppina Nicoli (oggi beatificata) ed accolta dal parroco Antonio Vico e dalle tre suore presenti sull’isola, la trentacinquenne suor Maria Elisa Gotteland. Donna di grande carità, intelligente, colta, di forte personalità, suor Gotteland interpretò il proprio ruolo con l’autorevolezza che la propria fede e il rango economico familiare le consentivano. In pochi anni suor Gotteland trasformò l’Istituto San Vincenzo non solo in un grande centro religioso di assistenza e di carità ma anche in una poderosa macchina educativa e culturale intelligentemente organizzata per convertire l’Arcipelago al cattolicesimo. Morì a La Maddalena nel 1940.

Secondo una rilevazione statistica, quell’anno La Maddalena contava già 8.827 abitanti; di questi, il 48,8% era nativo dell’isola (principalmente di origine còrsa e gallurese), il 28,9% proveniva dal resto della Sardegna (in larga maggioranza dalla Sardegna settentrionale), l’8,7% dall’Italia settentrionale, l’8,4% dall’Italia meridionale (inclusa la Sicilia) e il 4,3% dall’Italia centrale, mentre lo 0,6% proveniva dalla Corsica, Francia e resto del mondo. E siccome le cose andavano comunque bene e l’economia tirava, essendo l’Isola beneficiaria di un mare di investimenti governativi per fortificazioni e infrastrutture, ormai ci si era abituati a pensare in grande, e così si era organizzato persino un pionieristico torneo di calcio. Vi parteciparono l’Ilva, l’Arsenale Militare, la Marina Militare e la Torres. I maddalenini già da alcuni anni, avevano accolto con grande entusiasmo questo sport, al campo della Renella.

Nascono due cooperative di lavoratori, la Società Cooperativa Muratori Maddalena e la Società Anonima Cooperativa Scarico Carbon Fossile.

La scuola elementare conta 24 classi.

Viene fondato uno dei primi giornali dell’isola, “La Piccola Sardegna”, stampato settimanalmente e ispirato a principi liberali. Primo direttore è Giovanni Maria Bajardo.

Martino Vincentelli è sindaco di Santa Teresa: ricoprirà l’incarico fino al 1911.

25 gennaio

Tra i figli del Generale, la figura più bella resta sempre quella di Menotti, mediatore paziente tra il proprio imperativo morale di consegnare intatta alla nazione ogni memoria del padre, e la meschina litigiosità di Ricciotti e di Francesca. Le “beghe di Caprera” si conclusero con una causa tra Ricciotti da un lato e Francesca e Clelia dall’altro, la cui sentenza del 25 gennaio 1909, relativa alla questione della proprietà della casa, dava ragione alle due donne e condannava Ricciotti al pagamento delle spese processuali e al risarcimento dei danni per aver disposto di cose che non gli appartenevano. Il giovane Manlio, ultimogenito di Garibaldi e Francesca Armosino, era frattanto morto di tisi il 12 gennaio 1900, all’età di 27 anni. Nel 1907. lo Stato dichiarò monumento nazionale tutti i beni mobili e immobili di Garibaldi a Caprera, consentendo però alla moglie e alla figlia di vivervi “in ossequio all’ultima volontà del Generale, e per alti sentimenti di convenienza”. Infine, nel 1916, venne concluso tra l’Amministrazione della Marina e le due donne la compravendita degli edifici e della zona annessa per £. 93.000. Caprera era dunque finalmente protetta.

26 aprile

Muore Antonio Varriani, maddalenino volontario nel Risorgimento, presente in particolare negli avvenimenti connessi alla conquista del Regno delle Due Sicilie, risponde al nome di Antonio Varriani , di costui oltre alla citazione fatta nella relazione del Rossi si conservano nell’attuale camposanto i resti nella Cappella di famiglia Varriani-Susini. Egli ricoprì l’incarico di pilota, o timoniere che dir si voglia , del vapore ad elica Washington , unità navale garibaldina acquistata insieme ai vapori a ruota Oregon e Franklin per il costo totale di 752.489 lire , essa venne impiegata in varie fasi della Spedizione dei Mille, in particolare venne utilizzata con le predette navi nelle notti del 9 e 10 giugno 1860 per il trasporto dalla costa ligure e toscana di circa 2500 volontari costituenti la Seconda Spedizione in Sicilia guidata dal colonnello Giacomo Medici, inoltre il Washington, sempre durante la Spedizione, ebbe un ruolo importante nel tentativo, progettato da Garibaldi e dai mazziniani, di operare una diversione tesa ad invadere lo Stato Pontificio, non andata a buon fine. A riguardo, Garibaldi con Agostino Bertani, medico e patriota milanese vera mente organizzatrice di tutta la Spedizione dei Mille, muovono il giorno 12 agosto 1860 dal Capo di Faro (Stretto di Messina) a bordo del Washington per raggiungere il Golfo degli Aranci nel nord della Sardegna, ove su varie unità navali garibaldine attendevano 8000 volontari, grossa divisione organizzata su sei brigate chiamata simbolicamente “Terranova” , sotto il comando del patriota romano Luigi Pianciani, pronti ad invadere lo Stato Papale per concludere in tal modo l’opera di unificazione della Penisola, ma al contempo il governo piemontese per mano del Cavour oppostosi all’iniziativa, preoccupato di evitare che la monarchia sabauda potesse essere direttamente accusata di aggressione alla sovranità di Roma permettendo a chicchessia di utilizzare il suolo piemontese come base dell’operazione stessa, inviò allora la Regia cannoniera Gulnara per costringere tali truppe a convergere sulla costa siciliana, in rinforzo all’esercito garibaldino che ancora attendeva di poter passare lo stretto di Messina e sbarcare sulla costa calabrese. Fu quindi sul Washington, che Garibaldi, dopo aver preso atto che nel frattempo, dietro la pressione del governo sabaudo, buona parte della predetta spedizione garibaldina aveva già raggiunto Palermo, raccolse le rimanenti forze per ricongiungerle al resto dell’ armata operante in Sicilia. Il Washington infine venne anche impiegato fra luglio ed agosto sulla rotta Cagliari – Palermo per poter trasportare i volontari sardi , ed in particolare il Battaglione dei Cacciatori Sardi, il cui arruolamento ed organizzazione venne affidato da Garibaldi al patriota sardo Giovanni Sulliotti, avvocato e giornalista , il Battaglione probabilmente posizionato a Palermo venne comandato nel mese di settembre di raggiungere Napoli ove doveva far parte su disposizione di Garibaldi della Brigata comandata dal Colonnello Clemente Corte, la quale Brigata venne schierata nell’area di Aversa (Caserta) . Il Battaglione guidato dal Sulliotti raggiungerà quindi Maddaloni, su diretta istruzione di Garibaldi, in previsione dello scontro finale con le truppe borboniche nella Battaglia del Volturno (1 ottobre 1860), è di tale frangente che, la presente lapide mortuaria di Antonio Varriani ne serba la memoria, il testo inciso cita testualmente ” .. FU BUONO E VALOROSO, PRESE IMBARCO COL GENERALE GIUSEPPE GARIBALDI NEL 24 SETTEMBRE 1860 UFFICIALE PILOTA AL COMANDO DEL PIROSCAFO NAZIONALE WASHINGTON NELLO SBARCO FATTO A NAPOLI CON I GARIBALDINI “.

7 marzo

Elezioni politiche. Vince lo schieramento democratico-liberale.

29 maggio

Sabato, vigilia di Pentecoste, cinque mesi dopo il catastrofico terremoto di Messina che affossava disperatamente la già balbettante economia nazionale, il Consiglio Comunale, sindaco Luigi Alibertini, aveva deciso di aggiungere un decisivo tassello nel simbolico mosaico della Piccola Parigi, conducendo il Consiglio Comunale, forte ormai dello splendido nuovo edificio di piazza Garibaldi, di un mastodontico edifico scolastico in costruzione in regione Lo Scoglio, di una prima importante rete fognaria, di tante opere di fortificazione, di un Arsenale, di una Sezione Artiglieria e soprattutto di un Ospedale per i poveri, già approvato con Decreto dell’8 febbraio 1908, ad imbarcarsi in una importante avventura finanziaria, proponendo niente meno all’ingegnere della ditta Siemens Schuckert, l’incarico di formulare e presentare un progetto d’impianto e di esercizio della luce elettrica, sia pubblica che privata, per la città di La Maddalena. A patto, però, che la stessa ditta si assumesse l’onere di esercizio e di controllo continuo sul posto. L’azienda tedesca, al top in Europa come industria elettrotecnica, già affermata casa automobilistica, che produceva automobili con trazione elettrica tipo la Elektrische Viktoria, e aerei-caccia Siemens-Schuckert D.IIIR, con fabbriche a Berlino, Erlangen e Norimberga, in esercizio fin dal 1903, probabilmente si fece una sonora risata, ricevendo un simile richiesta da un’isoletta che senz’altro dovettero cercare sulla carta geografica. E forse per questo motivo, avvertito l’eco della risata “industriale”, dopo due anni di vana attesa, il nuovo sindaco Giuseppe Volpe, nell’adunanza consiliare del 18 aprile 1911, premesso che occorreva che i progetti di massima fossero comunque accompagnati da “serie garanzie, sia per capacità gestionali, sia per potenzialità finanziaria”, deliberava di aprire un concorso pubblico per la illuminazione elettrica di La Maddalena. La nuova deliberazione, approvata dal Prefetto il 4 maggio 1911, diede il via al bando di gara vero e proprio. Si fecero così avanti la Società Elettrotecnicameccanica di costruzioni con sede in Roma; la ditta Cesare Lighieri e Comp. che indicò il proprio recapito provvisorio a La Spezia; la ditta Guardigli e Scalia, con residenza in Roma; La Società elettrotecnica industriale, che indicò il proprio domicilio in Roma. La giunta, dopo un ridimensionamento opportuno del presuntuoso progetto, e due controdeduzioni, richiesti dalla Giunta Provinciale Amministrativa, aggiudicò l’appalto per la fornitura di energia elettrica alla Società Elettrotecnica di Roma, rappresentata dal prof. Carlo Mazza. Ciò sebbene questa ditta, ma pure le altre, non corrispondessero affatto a quella serie di garanzie “di capacità e potenzialità finanziaria” di cui si era fatto cenno nella delibera consiliare del 29 maggio 1909, sindaco Simone Santini. In particolare la prescelta – miracoli di certi appalti – sembrava fosse proprio la più traballante dal punto di vista economico. La più elementare prudenza avrebbe dovuto suggerire agli Amministratori locali la necessità di assumere informazioni attendibili sulla “capacità tecnica e finanziaria della Società aggiudicataria, nonché sulla sua moralità”. Se avessero fatto il minimo indispensabile controllo, avrebbero capito che forse la cosa migliore sarebbe stata di annullare la gara, o di rinviarla in attesa che si concretizzassero le opportune garanzie. Ma così non fecero e si trovarono – preciserà la ragioneria dello Stato, per bocca del rag. Raffaele Ferri – una ditta insolvente o quasi, che “ai molti suoi torti aggiunse, spesso, una mal fondata tracotanza, scontentando il pubblico e i privati e mettendo il Comune tra guai e pericoli”. Il 19 febbraio 1912, col sindaco Giuseppe Volpe, i titolari della ditta cominciarono a pretendere “alquanto tempo per la compilazione del solo progetto tecnico”, tanto che il prosindaco Frau minacciò subito di chiedere l’annullamento della convenzione e di far deliberare nuovamente il Consiglio a favore delle altre due offerte precedentemente scartate. Ma non successe nulla. Così la Società concessionaria il 3 aprile 1912, con atto del notaio Culiolo, procedeva alla regolare costituzione della Società in accomandita semplice, con sede di diritto a La Maddalena, trasferendola da Roma, dove per altro, – udite udite -“fino al 1909 non ne aveva mai avuta (di sede) né di fatto né di diritto”. Il 27 aprile 1912, il contratto era stato confermato ed era diventato esecutivo. Da dodici giorni era andato a fondo il Titanic. La notizia di quella tragedia, giunta con qualche ritardo all’isola, aveva riempito di fatalismo le discussioni di piazza. Se non era un gioiello della tecnologia e della sicurezza in mare quel transatlantico… eppure quando deve andar male, va male ugualmente. “Magari una piccola Società nascente, con pochi capitali, ma in loco, vivendo in mezzo a noi, saprà meglio soddisfare le nostre esigenze e portarci la luce nelle case”. Ma che il progetto della luce elettrica potesse davvero andare in porto, non erano in molti a crederci. “Quando la vedremo, ci crederemo”. Giuseppe Susini, il nuovo sindaco, eletto il 6 giugno 1912, esaminati gli atti scombinati dell’appalto, minacciò il 18 agosto e il 4 settembre 1913 “che se la Ditta non avesse provveduto alla ultimazione dei lavori, entro il più breve tempo possibile, sarebbesi provveduto d’ufficio, a maggiori sue spese, e anche si sarebbero applicate le prescritte penalità”. Ora – secondo l’inquirente che piomberà in Municipio nel 1916 – in base all’articolo 70 del capitolato d’appalto, “era obbligo del concessionario, appena ultimati i lavori dell’impianto elettrico e prima ancora di incominciare l’esercizio, di dare al Comune, a cauzione definitiva, l’iscrizione ipotecaria (di primo grado sino a 20.000 lire) sopra l’officina, compresi fabbricati, generatore, accessori e tutta la rete di alimentazione pubblica e privata, nulla escluso né eccettuato”. Eppure l’esercizio della illuminazione ebbe inizio ufficialmente proprio il 20 settembre 1913 e nessuno mai si pose il problema dell’iscrizione ipotecaria. La luce abbaglia e, anziché spannare la vista, talvolta addirittura la oscura. Il fatto che l’accensione della luce elettrica fosse avvenuta improvvisamente proprio in questa data, saltando tutti i preliminari di legge, compreso il non trascurabile collaudo e l’iscrizione ipotecaria, fa legittimamente sospettare che, a sostegno della Ditta ci fosse, dietro le quinte non solo la Società Operaia di Mutuo Soccorso “Venti Settembre”, ben nota a La Maddalena, ma la Massoneria stessa, sempre molto attiva in città. E a tutt’oggi, quella del XX Settembre, è una data ritenuta sempre cara e fondamentale per la Massoneria. Il 29 gennaio 1916, il sindaco Susini si vedeva suo malgrado costretto dal segretario comunale pro tempore a rammentare alla Ditta Mazza che la cauzione ipotecaria non era stata ancora costituita e che, malgrado i due anni e mezzo intercorsi, gli accordava ulteriori 15 giorni per mettersi in regola. Il 20 febbraio ci fu la risposta, in cui si diceva che avendo il Comune goduto della luce elettrica per tanto tempo senza iscrizione ipotecaria, ora non se ne poteva uscire con un ultimatum. Oltretutto la garanzia di 20.000 lire era – secondo il rappresentante legale della Ditta – perfettamente assurda, dal momento che l’impianto elettrico cittadino superava di dieci volte quella garanzia richiesta. Per l’inquirente, tuttavia, il discorso del Mazza era abbastanza strano, visto che stava offrendo in garanzia “una cosa che non gli appartiene”, infatti, ammesso pure che la rete avesse effettivamente un valore superiore alle 20.000 lire, essa apparteneva al Comune. Inoltre l’art. 64 del Capitolato d’oneri diceva testualmente: “Ultimato il primo impianto si procederà (in contradditorio fra il Comune o persona tecnica da esso designata e l’Impresa) alla collaudazione dei lavori; e nessuna parte dell’impianto potrà essere messa in esercizio, senza che esso sia stato verificato e riconosciuto conforme alle regole d’arte ed alle prescrizioni municipali”… Eppure, sottolineava il rag. Ferri, dal 20 settembre 1913 giorno del colpo di scena in cui le prime lampadine si accesero, nessun accertamento e controllo era mai stato effettuato. Ed erano ormai passati trenta mesi e tutti dormivano sonni tranquilli. In fondo avevano ragione quelli che commentavano l’affondamento del Titanic: quando una cosa deve andare, pure se in maniera un po’ abborracciata, va… L’Amministrazione, pressata da chi svolgeva le indagini per il Governo, riversò prontamente tutte le responsabilità per le pecche contrattuali e procedurali sul defunto segretario Chelo, che non aveva provveduto alla iscrizione ipotecaria, e che comunque non era più nella condizione di potersi difendere. Oltretutto considerava il sindaco “l’esercizio della luce elettrica fu permesso (ad onta del non avvenuto collaudo) per corrispondere al desiderio della popolazione”. Come se non bastasse la Ditta pretendeva, dopo due mesi dall’allaccio, lire 10 per la sistemazione dei contatori presso la casa di ogni utente, provocando un inizio di sommossa popolare. E già la Ditta aveva spillato altre 4,35 lire ad utente, per la stipula di ogni contrato. Contratti che – come verificò il rag. Ferri – o non vennero mai stipulati o tanto meno vennero registrati. Inoltre la ditta non si curò di ripristinare i danni fatti alle facciate delle case o dei terreni per la posa in opera dei pali, dei cavi e dei portalampade. Per le proteste della cittadinanza, che registrava per giunta una erogazione a singhiozzo della energia elettrica, il 15 gennaio 1915, il sindaco scrisse una lettera per richiamare all’ordine la Ditta, minacciando di far effettuare i lavori necessari ad altri, per poi accollarle spese e le multe conseguenti come previsto dal capitolato. Ma tutto, ovviamente, rimase come prima. Negli atti si rileva che a volte la luce non veniva proprio erogata, che a volte giungeva soltanto in alcune zone. Una volta i vigili urbani furono costretti a elevare contravvenzione alla Ditta perché in una notte di ispezioni avevano rilevato ben 66 lampade spente. Naturalmente l’Amministrazione accolse sempre le giustificazioni del Mazza e tutto finì ancora una volta in una bolla di sapone. “Anche nel 1915, d’altra parte, dal 26 al 31 dicembre, mancò l’illuminazione pubblica” quasi a confermare il detto che anche la luce durava da Natale a Santo Stefano. Ma il buio totale si ripeté ancora nei primi 3 giorni di febbraio. Sempre nessuna multa e massima tolleranza da parte del Comune, tanto che i materiali che arrivavano per legge a carico della Ditta erano addirittura esentati dal dazio. Ma l’elenco delle agevolazioni illogiche, se non illegali, sarebbe talmente lungo-seguendo le indagini del rag. Ferri-che non basterebbe certo un articolo, per elencarle tutte. Si dovrebbe essere comunque nell’ordine di diverse centinaia di migliaia di lire perse o letteralmente buttate al vento. E voglio ricordare che l’Italia era entrata in guerra il 24 maggio di quell’anno e che si era già registrato subito il bombardamento delle città lungo la costa adriatica con un’azione navale effettuata dalla marina imperiale austro-ungarica. A questo punto, siccome con l’entrata in guerra dell’Italia una circolare del Ministero della Guerra imponeva che le lampade pubbliche venissero colorate di blu, “il consigliere Chiarloni sorse in difesa della Ditta. Egli arrivò a dire che se il Sindaco non avesse dato la disposizione che diede, la Ditta non avrebbe avuto motivo di procedere alla colorazione delle lampadine. Ma non disse in Consiglio che si trattava di un disposto nazionale, emanato nell’interesse pubblico, nel quale il Comune non aveva alcuna parte, quindi nessuna responsabilità. Addirittura poi il sindaco Susini fu pure più esplicito e il consigliere Luongo concluse in bellezza offrendo alla Ditta un compenso extra di lire 227 “per l’ordine ricevuto dal Comune”. A tutto ciò si deve aggiungere, i questo clima da “bengodi” l’acquisto del carbone cok da parte del Comune, per l’alimentazione continua della Centrale Elettrica costruita in uno spazio attiguo ad un edificio di proprietà del fratello del Mazza, essendo la Ditta rimasta senza soldi in cassa. La stessa Ditta, per far fronte a delle spese urgenti faceva ricorso alla Cassa Comunale per chiedere piccoli prestiti urgenti, poi, non potendo rientrare, cercava di scaricare direttamente sul Comune, “nell’interesse generale” le spese di alimentazione della ormai famigerata Centrale Elettrica, sorta tra alle spalle dell’Emporio Ajassa di Cala Gavetta, alla sinistra di via Agostino Millelire. l caos era ormai sovrano e già si delineavano coloro i quali intendevano, in Consiglio Comunale, proteggere in solido la Ditta Mazza, con la scusa di evitare il crescente malumore della piazza. Ma stava crescendo pure un deficit aggiuntivo quanto ingiustificato per il Comune di ulteriori 18.000 lire annue che sarebbero andate a sommarsi a tutto il resto. Che fare allora? Semplice: liquidare la Ditta e rilevare il servizio di energia elettrica per gestirlo in economia da parte del Comune. E ritorniamo quindi al famoso guadagno di Maria Brenna a cui avevo fatto cenno in occasione della demolizione dei terrazzini in via Garibaldi. La tattica era questa: fingendo di mostrare i muscoli, ora, la Giunta, verificata l’inadempienza ulteriore e definitiva della Ditta, stabiliva che “l’accondiscendenza doveva avere un limite”. Il solito gioco delle parti. A questo punto la ricostruzione storica si sporca e rischia di scivolare, secondo l’inquirente, pesantemente nel penale. Però, siccome poi la storia (incredibilmente pietosa in tempo di guerra) si curerà di mettere comunque tutto a tacere, salto a pie’ pari questa parte “pietosa” e mi ricollego alla storia “vera” della luce elettrica locale. Per non lasciare i maddalenini senza luce, siccome il servizio non era stato ripristinato, la Ditta aveva gettato le armi senza aver mai collaudato l’impianto e senza mai aver stabilito cosa intendesse fare in futuro, per cui lo stesso rag. Raffaele Ferri propose, alla fine, di evitare “l’esercizio in economia” per non mandare completamente in rovina la città. Era certo infatti “che (l’elettricità, con quel sistema invocato) sarebbe finita in balìa degli Amministratori del Comune e del Cappai, il quale ha già messo piede in quell’azienda medesima”, suggerendo per contro la municipalizzazione, eliminando in tal modo “spese inutili, fatte senza ritegno e senza studio”. fino ai primissimi anni ’60, quando finalmente il Comune riuscì a liberarsi dell’Azienda, vendendola alla SES (Società Elettrica Sarda) incamerando circa 160 milioni vincolati però ad investimenti produttivi”. Ferri, essendo soltanto un bravo tecnico del Governo, e non un potente politico, non riuscì comunque a fare condannare nessuno, ma se non altro, a posteriori, possiamo dire che aveva visto giusto.

3 giugno

Muore a Roma Augusto Albini; Era nato a Genova il 30 giugno 1830 dall’Ammiraglio Giuseppe Albini, nel giro della nobiltà savoiarda, e dalla maddalenina Raffaella Ornano, di una famiglia di eroi e di grandi possidenti locali, che vantava addirittura una parentela con Philipe Antoine d’Ornano, zio di Napoleone Bonaparte. Augusto, ormai impegnato in una gloriosa carriera militare come suo padre e suo fratello, aveva sposato a sua volta la maddalenina Felicina Raffaella Millelire, altra famiglia di eroi locali e, conseguentemente, di possidenti. Per capirci, le due famiglie (Ornano e Millelire) erano così potenti già nel 1804, che avevano recintato, contro ogni convenzione, pure le sorgenti di Cala Chiesa e di Abbatoggia, in un momento di paurosa siccità, facendo insorgere contro di loro, per la prima volta, l’intero consiglio comunale. La stessa residenza cittadina della famiglia Albini veniva segnalata dai visitatori dell’Isola, nel 1874, insieme a quella dei Millelire e di pochi altri, come le più “rimarchevoli” per “comodità ed eleganza”.
Il palazzo (perché residenza sarebbe addirittura riduttivo) dell’Albini, in particolare, svettava su piazza Baron des Geneys e su Cala Gavetta, e ospitava tradizionalmente il Comandante Militare locale di turno e, prima ancora, il Bailo, e poi la più importante Loggia “Garibaldi”, segnalatami con dovizia di particolari dal parroco Mons. Salvatore Capula, fino alla sua direzione da parte del dott. Giovanni Regnoli (matricola 30673) e, contemporaneamente, in altra parte del palazzo, la famiglia del parroco Vico.
Dal 1876 al 1886 il Conte Augusto Albini fu comunque direttore delle artiglierie e torpedini al ministero della Marina, (e all’Isola non si dimentichi che c’era una sezione di Artiglieria) prima con il grado di capitano di vascello, poi, dal 1881, di contrammiraglio e già col blasone di Conte come suo Padre. Nel 1886 assunse la presidenza della società Ansaldo-Armstrong, ed è appena il caso evidenziare che il sistema di tiro delle batterie costiere locali era proprio dell’Ansaldo di Genova su licenza della Armstrong. Eletto senatore, sedette al centro-destra, votando in genere per il governo, ma contro, quando si trattò di abolire la tassa sul macinato, per cui si era registrata all’Isola la sfuriata di Francealonga alla testa delle popolane, contro il sindaco Leonardo Bargone, che si era trovato ad applicare la norma. Lo stesso Augusto, Capitano di Vascello e Deputato al Parlamento, era entrato, sia pure a titolo onorario, il 13 marzo 1881, a far parte della Società di Fratellanza in Maddalena. A seguito della trasformazione di questa, in Società di Fratellanza “Elena di Montenegro”, avvenuta il 17 gennaio del 1886, la sua posizione di riferimento rimase immutata, per imprimere evidentemente una ulteriore svolta filo militare nella vita del Comune, creando in sostanza, un secondo partito filomassonico, dopo quello opposto e contrario della Società di Mutuo Soccorso XX Settembre. (Il Conte Augusto, in questa Associazione di Mutuo Soccorso si trovava in cordata con: il capitano di fregata Ruggero Ferracciu, il generale Menotti Garibaldi, deputato al Parlamento, Donna Francesca Armosino vedova Garibaldi, il tenente di vascello Manlio Garibaldi, il Gran Maestro di Cerimonie Cesare Giannotti, il Ministro della Pubblica Istruzione Emanuele Gianturco, il sottosegretario di Stato Giuseppe Palumbo, e il vice Ammiraglio Carlo Alberto Quigini Puliga.)
Egli, nel 1860, “per farsi bello agli occhi del generale Alberto della Marmora, depositò nell’Armeria Reale di Torino (dove è tuttora conservato) l’archipendolo che Napoleone aveva usato per centrare col suo cannone, dalla Punterella di Santo Stefano, la Chiesa e le abitazioni dell’Isola, il 23 febbraio 1793. Lo aveva abbandonato nella fuga, appreso che la Fauvette stava mollando gli ormeggi e rischiava di cadere prigioniero degli isolani. L’archipendolo era stato recuperato, come trofeo di guerra, da Giovanni Ornano, ufficiale della Marina Sarda, che lo aveva gelosamente custodito per oltre 50 anni. Ereditato dalla figlia Raffaella, e quindi dal genero, questi seppe prendersi i meriti del grazioso dono alla Sala Modelli della Regia Marina a Genova e quindi all’Armeria Reale di Torino.

14 giugno

Muore a Genova, Stefano Canzio. Si arruolò nei Cacciatori delle Alpi nel 1859 e si segnalò a Varese (26 maggio) e a Treponti (15 giugno). Prese parte alla spedizione dei Mille, distinguendosi a Calatafimi e a Palermo, dove fu ferito. Seguì Garibaldi a Caprera nel 1860 e l’anno dopo ne sposò la figlia di primo letto, Teresita. Fu poi con Garibaldi ad Aspromonte, nel Trentino, dove si meritò la medaglia d’oro a Bezzecca, quindi a Mentana e a Digione.

22 giugno

Nasce alla Maddalena Antonio Vizzotto. Il padre Valfredo, originario di Fucecchio in provincia di Firenze, era architetto, mentre la madre, Adalgisa Campus era laureata in matematica a Pavia. Valfredo, autore di numerosi testi scolastici di disegno, si trasferisce con la famiglia (oltre ad Antonio era nata nel frattempo una sorella) a Milano, dove la moglie Adalgisa pubblica con la sua casa editrice “Campus” i lavori del marito, che insegna disegno a Pavia. Il giovane Antonio consegue la maturità scientifica presso il Liceo Vittorio Veneto, e subito dopo presenta domanda per essere ammesso al corso allievi ufficiali presso l’Accademia Aeronautica. Si trasferì quindi a Caserta, dove presso la celebre Reggia iniziò a frequentare il VI Corso Falco. Il 10 giugno 1940, quando l’Italia entra nella seconda guerra mondiale la Squadriglia si trova schierata sulla base di Sarzana, in Liguria. Durante il breve conflitto con la Francia l’unità esegue crociere di protezione contro i possibili pericoli provenienti dalla Corsica, e dopo l’armistizio voli di addestramento e sorveglianza sulla costa tirrenica. Nel febbraio 1941 Vizzotto assume il comando della 371ª Squadriglia, equipaggiata con i Macchi C.200, destinata ad operare sul fronte della greco-albanese. La Squadriglia, appartenente al 152º Gruppo, viene incorporata per l’occasione nel 150º Gruppo C.T. di Valona. Il 24 marzo avviene l’esordio in combattimento su Devoli, contro quattro caccia Hawker Hurricane della Royal Air Force. Il 21 aprile Vizzotto esegue la sua ultima missione bellica su quel fronte, un mitragliamento contro truppe nemiche nella zona Paramitia-Arta-Prevesa. Per l’impegno profuso in quel settore viene decorato con una seconda Medaglia di bronzo al valor militare. Nell’agosto 1941 viene promosso maggiore, succedendo a Rolando Pratelli alla guida del 150º Gruppo Caccia Terrestri. L’avvio dell’operazione Crusader in Africa Settentrionale, avvenuta il 18 novembre 1941, vede lo Stato Maggiore italiano far confluire in quel settore tutte le forze aeree disponibili. Il 150º Gruppo e una delle unità richieste, e con un trasferimento da Valona, via Grottaglie, Comiso, Pantelleria, si trasferisce a Tripoli-Castelbenito, arrivandovi il 14 dicembre…..

7 novembre

Cominciano con un comizio a Cagliari, promosso dall’Amministrazione comunale, le manifestazioni a favore della statizzazione della rete ferroviaria sarda.

21 novembre

Da La Piccola Sardegna, stampata da Tipografia Baiardo, La Maddalena, 21 novembre, 1909. Cronaca: Onestà. Il sig. Giovanni Onorato, noto negoziante di qui, rinvenne i questi giorni, un portafogli con entro 1.700 lire, che il sig. Ferruccio Cenni aveva smarrito in piazza 23 Febbraio 1793. Il predetto sig. Onorato si fece premura di restituirlo al proprietario, dimostrando così di essere veramente…onorato.