CronologiaMillenovecento

Correva l’anno 1922

Monsignor Albino Morera, detto il santo, è vescovo della diocesi di Tempio Ampurias. Ricoprirà l’ufficio fino al 1950.

22 maggio

Da un registro conservato nell’archivio parrocchiale si apprende che a La Maddalena il primo Circolo Cattolico, intitolato a Papa Benedetto XV, fu fondato nel 1922. Presidente fu eletto Battista Vico, nipote del parroco Antonio Vico. Ma, “dopo un periodo di vita più o meno stentata, il Circolo si sciolse“. Venne ricostituito nel 1927, ad opera soprattutto di Giuseppe Colonna, insegnante delle Scuole Complementari e di Vincenzo De Angelis, impiegato del Genio Civile. Erano in tutto una ventina di giovani i quali tenevano le loro riunioni in via Balbo, nella Sala dei Pescatori. Notevole impulso all’attività del Circolo la diedero il colonnello Prospero Schiaffino e un cappellano militare fiorentino: don Casimiro Liccioli. Quest’ultimo, oltre ad infondere entusiasmo e prestare assistenza spirituale e finanziaria, ottenne dal Comando Marina l’uso di un vasto locale di Cala Gavetta (oggi sede Ufficio Idrico). “Costruitovi un palcoscenico e addestrativi i giovani ai segreti delle scene iniziò così l’attività filodrammatica”. Attività che, per alcuni anni, ebbe un certo rilievo ed importanza. Don Liccioli donò anche un pianoforte nuovo…. Presidente del Circolo era Mario Ferracciolo, segretario Giovanni Corona, cassiere Armando Meloni. Vedi anche L’Azione Cattolica e Don Vico

agosto

La regina madre Margherita visita l’istituto San Vincenzo.

27 agosto

A Santa Teresa l’ispettore scolastico minaccia la chiusura dell’edificio che ospita le classi elementari. Si provvede immediatamente ai lavori di restauro e manutenzione e all’acquisto di nuovi arredi ormai vecchi di cinquant’anni.

12 ottobre

Si svolge a Iglesias il primo Congresso regionale fascista.

15 ottobre

Cagliari. Frequenti scontri tra fascisti e comunisti.

18 ottobre

Visita del principe Umberto di Savoia.

28 ottobre

Il fascismo prende il potere con il colpo di Stato enfaticamente battezzato «la marcia su Roma». Sino a quel momento il fascismo, in Sardegna, quasi non esisteva. Lo storico Renzo De Felice ha calcolato in 2830 i fascisti iscritti nell’isola al 31 maggio 1921, ma al 31 maggio dell’anno successivo (l’anno della «marcia») erano addirittura di meno, 2057. I centri in cui nacquero i primi nuclei fascisti, fondati in genere da ex combattenti (a volte anche non nativi della Sardegna, ma nell’isola per motivi di lavoro), furono i centri urbani (Cagliari, Sassari, La Maddalena e Terranova – la futura Olbia), qualche centro agricolo come Ittiri e soprattutto i centri minerari, in particolare Iglesias. Mentre nei centri maggiori era la borghesia del commercio e degli impiegati a simpatizzare col fascismo, nei centri agricoli e a Iglesias era il padronato (quello agricolo e quello minerario, rispettivamente) a sostenere e spesso, come nel caso di Iglesias, a finanziare le prime «squadre» fasciste: anche se in tutta la provincia di Sassari (cioè la metà della Sardegna) gli «squadristi» furono calcolati successivamente in 254, distribuiti in 21 comuni. Per il fascismo, mentre si approssimava al potere e in particolare quando lo conquistò, simpatizzavano anche – in funzione anti-operaia e in qualche caso anche anti sardista – diversi leader del blocco giolittiano e gli stessi due quotidiani. «L’Unione Sarda» fu addirittura acquistato dall’industriale Ferruccio Sorcinelli, padrone della miniera di Bacu Abis, fondatore e animatore del fascismo che fu poi detto «della prima ondata»; il direttore della «Nuova Sardegna» Medardo Riccio e il proprietario, l’ex deputato radicale Pietro Satta Branca, appoggiavano apertamente il movimento e celebrarono con i loro editoriali l’avvento di Mussolini al potere. È un fatto che, prima di «conquistare» Roma, il fascismo era in Sardegna – come in molte altre parti del Meridione – una forza in netta minoranza. In Sardegna, in particolare, molte delle pulsioni proprie del fascismo erano comuni ai sardisti: prime fra tutte la valorizzazione del combattentismo e la sua difesa nei confronti dei «rossi», l’antiparlamentarismo (per lo stesso Bellieni la democrazia parlamentare era «una vecchia baldracca»). È possibile immaginare che la lenta penetrazione del fascismo-movimento nell’isola sia dovuta proprio alla presenza dei sardisti, che, pur opponendosi spesso ad esso (anzi, pure rappresentando in alcuni casi le poche forme di resistenza), ne esprimevano oggettivamente alcune posizioni. Fu forse questa somiglianza a dettare all’inviato di Mussolini, il prefetto Asclepia Gandolfo, mandato con pieni poteri in Sardegna nel dicembre del 1922 per «normalizzare» l’isola, l’idea di «trasferire » nel Pnf l’intero movimento sardista.

novembre
A La Maddalena si dimettono 13 consiglieri.

7 novembre

Messaggio di Mussolini alla Sardegna: “Vi ripeto, come capo del governo, quello che già dissi come capo del fascismo: amo la Sardegna che tutto ha dato senza nulla chiedere. Oggi aggiungo con piena coscienza e ferma fede che l’avvento del fascismo al potere condurrà a soluzione i molti problemi che travagliano la vostra isola. Viva la Sardegna”. Nei giorni seguenti, in molti comuni dell’isola, i fascisti si scatenano nella caccia agli avversari politici.

13 novembre

Il sottosegretario Lissia arriva a Cagliari per trattare la fusione fra PNF e PSd’Az. A tarda sera Lussu è ferito alla testa col calcio del moschetto da una guardia regia.

26 novembre

Incidenti a Ittiri fra comunisti e fascisti. Il sardista Efisio Melis è ucciso a Cagliari in incidenti scoppiati durante una festa fascista.Venti feriti.

3 dicembre

Spedizione di 120 squadristi di Civitavecchia su Terranova (Olbia). Nelle prime ore della mattina di domenica, 118 squadristi civitavecchiesi, armati di pistole, pugnali e bastoni, moschetti e due mitragliatrici, sbarcano dal postale “Tocra” nel porto di Terranova.
Sono stati chiamati in Sardegna dagli spedizionieri che vogliono con il loro aiuto spezzare la resistenza dei portuali iscritti alla Lega Rossa, Carabinieri e guardie regie, avvertite, restano nelle loro caserme. Camerati del luogo gli fanno da guida per le via della città per segnalargli le case degli oppositori democratici.
La descrizione di questa giornata di gloria degli squadristi civitavecchiesi è narrata da Emilio Lussu nel suo “Marcia su Roma e dintorni”, apparso per la prima volta a Parigi nel 1933. Il fondatore del Partito sardo d’azione, convinto antifascista, e per questo oggetto di numerose aggressioni, non è in città ma è a lui che i democratici aggrediti si rivolgono per avere giustizia dal Governo, speranza vana.
Per le vie di Terranova crepitano le mitragliatrici, sono gettate bombe a mano. Trenta oppositori sono strappati via dalle loro case ancora in pigiama. Sono saccheggiate e devastate le sedi dei partiti democratici, dei sindacati. I trenta oppositori sono costretti a bere olio di ricino, a subire cioè il cosiddetto “battesimo patriottico”, una novità per la Sardegna, che la conosce grazie agli squadristi civitavecchiesi. A sovrintendere al battesimo fascista vi è un frate, giunto anch’esso dal continente non è armato e funge da cappellano militare e da medico.
Solo uno degli antifascisti, un contadino ex combattente, si rifiuta ostinatamente di bere. Di fronte ai suoi ripetuti rifiuti, il comandante della squadra ordina al suo aiutante di campo, ” una specie di gigante, carico di distintivi e di sciarpe”, una manganellata sul capo. Svenuto il contadino viene portato via.
Altre manganellate le riceve un avvocato sessantenne socialdemocratico che a forza di bastonate è costretto a tessere gli elogi del fascismo e del suo duce, di fronte alle sue giovani figlie, finché sviene ed è riaccompagnato a casa. Finita la dimostrazione di forza i civitavecchiesi si rimbarcano sul postale e tornano felici a casa.

20 dicembre

A Cagliari, i fascisti devastano la Camera del Lavoro, occupano tutte le sedi dei partiti di sinistra ed obbligano alla chiusura il giornale sardista “Il Solco”. Molti dirigenti e militanti comunisti, socialisti e sardisti sono catturati casa per casa e costretti, a manganellate, a bere olio di ricino. Il deputato sardista Cao abbandona la città.