24 settembre 1943, salvato dalla prigionia
I principali avvenimenti occorsi a La Maddalena nel 1943 sono ben noti a tutti: l’affondamento dell’incrociatore Trieste, la prigionia di Mussolini a villa Webber, il mancato arrivo del Re e della flotta italiana, l’affondamento della corazzata Roma e degli incrociatori Da Noli e Vivaldi, l’occupazione dell’isola da parte dei tedeschi e la loro ritirata in Corsica, l’eroismo e il sacrificio di tanti uomini culminato con il conferimento a Carlo Avegno della prima medaglia d’oro della guerra di liberazione, ed anche il comportamento di tanti altri che non seppero scegliere la via giusta o quella maestra del coraggio. Ma gli eroi non sono solo quelli delle medaglie: con Carlo Avegno c’erano anche gli operai dell’arsenale e gli scaricatori portuali improvvisati a fucilieri dei quali non ci sono giunti neppure i nomi a riprova che all’ombra dei grandi eroismi vi sono sempre tanti piccoli episodi e tanti modesti personaggi rimasti sconosciuti il cui valore non fu certamente meno fulgido. Ed è proprio uno di quei tanti episodi che queste note vogliono rievocare.
Le truppe tedesche avevano lasciato l’arcipelago e la Sardegna il 18 settembre 1943, subito dopo erano arrivati gli alleati: prima gli inglesi e poi gli americani. Alla fine di settembre Napoli era insorta ed il 13 ottobre il Governo del Sud aveva dichiarato guerra alla Germania iniziando ufficialmente a combattere a fianco degli anglo-americani: l’Italia era divisa in due.
Alle 13.30 del 24 ottobre giungeva nel porto di Cala Gavetta, proveniente dall’isola del Giglio, il motopeschereccio toscano Maria Teresa condotto dal capitano Sirio Scotto di Porto Santo Stefano; gli uomini a bordo, stremati da una lunga navigazione, concludevano la loro avvenura e trovavano felice riparo ai pericoli corsi.
L’episodio, di cui si è perso il ricordo ed i cui protagonisti sono certamente quasi tutti scomparsi, ci viene narrato in una relazione del vicebrigadiere dei carabinieri Ferranti della stazione del Giglio, redatto al suo arrivo a La Maddalena;
“Il 21 ottobre 1943, verso la ore 10, da pescatori dell’Isola del Giglio venivano sbarcati 4 ufficiali e 6 militari specializzati dell’aviazione americana rimasti in mare a seguito della distruzione, avvenuta per avaria, della fortezza volante su cui si trovavano a bordo.
Il 23 ebbi l’ordine di avviare alla compagnia di Orbetello i prigionieri e lo stesso 23, vero le ore 18, a bordo del motopeschereccio Maria Teresa, con i carabinieri Merlina Agostino, Salamida Ambrogio e Casalucci Antonio, della stazione del Giglio e dei carabinieri Giampaoli Lelio e Fasano Cosimo della stazione di Orbetello, con i dieci prigionieri salpammo per Orbetello”.
L’ordine pervenuto al comandante della stazione maresciallo Salvatore Luchini era perentorio: avviare i prigionieri al vicino comando di Orbetello perchè fossero consegnati ai tedeschi e con l’occasione trasportare le armi e le munizioni che i militari italiani avevano abbandonato dopo l’8 settembre e che il presidio tedesco dell’isola aveva preso in custodia. Ma tanto il Ferranti, quanto il maresciallo Luchini avevavo già maturato l’intenzione di portare in salvo gli americani. Il capitano Scotto, incaricato del trasporto col suo motopeschereccio, si mostrò favorevole e suggerì di far rotta verso l’isola di La Maddalena ove erano già arrivati gli alleati. Per non insospettire i tedeschi tutti i documenti relativi all’operazione furono predisposti regolarmente per la destinazione di Orbetello e gli americani vennero imbarcati in ceppi.
Subito dopo la partenza, quando il motopeschereccio si era convenientemente allontanato, la rotta fu invertita e la prua rivolta verso la Sardegna. Ma il sopraggiungere di alcune unità tedesche in perlustrazione o dirette in Corsica costrinse lo Scotto, praticissimo dell’isola, a riaccostare e a nascondersi in una cala per riprendere la navigazione a luci spente sul far della sera. La presenza del motopescherecchio e forse le intenzioni del comandante dovevano però essere trapelate. Durante quella sosta, infatti, l’imbarcazione era stata raggiunta dai soldati Alfio Silvani e Rosario Germanà del 6° reggimento costiero, datisi alla macchia dopo l’armistizio, e dal dott. prof. Ugo Balducci, medico, che per la sua posizione politica rischiava la deportazione.
L’intesa fra il capitano Scotto e il vicebrigadiere Ferranti fu immediata, anche costoro furono imbarcati per essere portati in salvo.
Ed ecco come il Ferranti, tacendo del tutto l’iniziativa del comandante la stazione Luchini e l’immediata accondiscendenza del capitano Scotto, e vedremo perchè, proseguiva nel suo racconto: “…dopo aver percorso circa due miglia, ed aver preso accordi col comandante dl peschereccio, feci invertire la rotta per la Sardegna. Dopo circa mezz’ora avvistammo sette motozattere e tre Mas tedeschi il che ci consigliava di approdare all’isola del Giglio in attesa che si allontanassero i mezzi nemici. Alle 21.30 riprendemmo la navigazione ed alle ore 13,30 del 24 successivo raggiungevamo La Maddalena”.
Si concludeva così grazie alla determinazione del vicebrigadiere Ferranti e del capitano Scotto la disavventura dei dieci prigionieri americani che raggiungevano a La Maddalena i loro commilitoni. Di essi il rapporto del Ferranti riporta i nomi e i numeri di matricola:
Richard M. Singler – 2 and Lt. 0-531338
Robert F. Murphy – S/agt. II-0-84959
Myronn Nemmsingen – 2 and Lt. 0-729663
William F. Rosler – SR.S./agt. 35313714
Warren L. Smith – T/agt. 37302653
Robert A. Owen – T/agt. 15370673
Walter F. Zmuda – T/agt. 31138587
Samuel W. Hines – S/agt. 34338428
Darrel E. Johnston – 2 and Lt. AG. 0-680776
Miller Daniel G. – 2 and Lt. AG. 0-678937
Al loro arrivo a La Maddalena i due soldati, con le armi e le munizioni trasportate, venivano consegnati al comando del presidio e il prof. Balducci al comando militare marittimo che, dopo averlo interrogato, lo rimetteva in libertà. A conclusione del suo rappporto il Ferranti aggiunse: “…gli americani, avuta da me comunicazione del proposito di raggiungere la Sardegna si dimostrarono entusiasti; avevano in animo di sopprimersi pur di non cadere in mano dei tedeschi”.
Due settimane dopo il suo arrivo, il Ferranti, che aveva taciuto l’iniziativa e l’assenso del maresciallo Luchini al compimento dell’impresa, resosi conto che ormai era tutto tranquillo e che non si correvano più pericoli, si presentò al comandante della tenenza per modificare la versione dei fatti esposta nella sua prima relazione e il tenente Salvatore Genco, nel riferire ulteriormente al suo comando, precisava: “La divergenza fra la dichiarazione del vicebrigadiere Ferranti, trascritta con nota di questa tenenza del 6 novembre scorso, ed il contenuto del presente foglio, non devesi attribuire al fatto che il sottufficiale volesse far risultare il suo spirito di iniziativa. Egli ebbe a contenere l’esposizione dei fatti nei termini della discrezione per evitare al proprio comandante di stazione, rimasto all’isola del Giglio, possibili rappresaglie da parte dell’autorità tedesca”.