Dafne gnidio
Dafne gnidio (nome scientifico Daphne gnidium, nome locale pateddu e, meno noto, rugnedda). Articolo di Giovanna Sotgiu.
Un’altra bella pianta che fiorisce in questa stagione di passaggio fra l’estate e l’autunno è “u pateddu”; cresce, alta fino a 120 cm, sui sentieri, in zone brulle e sassose, o non ancora occupate dalla macchia.
Appariscente grazie ai piccoli ma numerosi fiori bianchi o giallini fra i quali spuntano le belle e lucide bacche rosse, ma rami ricchi di lunghe foglie, che garantiscono la loro presenza nella parte alta insieme a fiori e frutti anche nella fase matura, “u pateddu” rassomiglia, nell’aspetto delle parti verdi, ad alcune euforbie colle quali condivide la tossicità e, in alcune zone della Gallura, anche il nome. E infatti, le radici pestate della pianta venivano adoperate, come quelle delle euforbie, per pescare di frodo pesci di acqua dolce, avvelenando le pozze dei ruscelli, ma anche per preparare bocconi letali per topi e altri animali non graditi.
Ai mazzetti di rami appesi nei pollai veniva attribuito il merito di liberare le galline dalle pulci. Le qualità tintorie sono conosciute in Gallura per la lana grezza: a La Maddalena non è rimasta traccia di questo uso probabilmente perché abbandonato fin dall’inizio dell’Ottocento.
Forse legato più alla magia e alla superstizione era l’uso di legare alle orecchie dei bovini, che presentavano infezioni agli occhi, i rami privati delle foglie e attorcigliati a formare un anello: a meno che la presenza della pianta disposta così vicina alla zona malata, grazie alle supposte qualità insetticide, non servisse per allontanare insetti che potevano costituire la causa dell’infezione.
Giovanna Sotgiu – Co.Ri.S.Ma