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Smilace

Smilace o stracciabrache (nome scientifico Smilax aspera, nome locale sarzapariglia)

Pianta rampicante con fusti ricoperti da numerose spine. In passato i rizomi venivano utilizzati per fare dei decotti, i vecchi maddalenini che ben conoscevano gli usi della sarzaparigliam preparavano una una tisana, facendo bollire per 5 minuti i pezzi di radice tagliuzzati e/o pestati, è diuretica e veniva consumata con regolarità da chi aveva bisogno di “purificare il sangue” o anche di eliminare i calcoli renali; l’azione purificatrice sembra avesse benefici affetti anche per le malattie della pelle. Si raccomandava però di bere l’infuso con lo zucchero perché è molto amaro.

Abbastanza comune nell’arcipelago, essa vive sfruttando il sostegno di molte specie della macchia bassa e alta, ricoprendole a volte in un inestricabile groviglio di belle foglie lucide, cuoriformi, ornate in questa stagione di grappoli di fiori che diventeranno, a maturazione, delle bacche rosse, brillanti, molto decorative, ma, soprattutto, fonte di cibo per molti piccoli uccelli. Una zona dove è facile riconoscere gli effetti della smilace è il bivio fra la strada di Tejalone e quella di Poggio Rasu dove, avvinghiandosi in cerca della luce, essa ricopre quasi completamente ginepri, eriche e corbezzoli. Spesso, come nella parte più bassa di uno dei sentieri che conducono a punta Marginetto, essa chiude completamente i passaggi, con una barriera invalicabile.

La salsapariglia è una pianta lianosa sempreverde tipica dei boschi di leccio e delle macchie degradate, presente nel bacino del Mediterraneo e in Italia in quasi tutte le regioni, con eccezione di alcune aree estese del Nord, anche se tipica delle regioni centromeridionali. Si può trovare comunque anche in altri ambienti, come le siepi o le sciare.

Ha ampiamente spinosi i lunghi fusti, glabri e legnosi a maturità, resistenti, e le foglie cuoriformi o sagittate, coriacee e lucide. Le foglie hanno un elevato poliformismo a seconda della luce e degli ambienti e sono caratterizzate da due viticci stipolari e da presenza di spine anche sulla nervatura centrale della parte inferiore. I fiori autunnali sono biancastri o giallicci, esameri, portati in ombrelle sessili, e anticipano il rosso scuro delle belle bacche riunite in una sorta di grappoli, evidenti dalla tarda estate o all’inizio dell’autunno, non commestibili per via del sapore anche se non tossiche ma ampiamente apprezzate da uccelli e altri animali.

La pianta è citata in antichità da Teofrasto e Smilax è anche il nome di una ninfa, trasformata come spesso accade nella mitologia greca in pianta per via di un amore impossibile. È pianta dalle incerte virtù medicinali ma i teneri getti sono utilizzati qui e là a scopo alimentare. La pianta contiene in effetti numerosi principi attivi, oli essenziali e resine.  Essa è utilizzata per curare i sintomi influenzali, i reumatismi, gli eczemi. Alla radice sono attribuite proprietà diaforetiche e depurative del sangue, ma spesso si genera confusione con altre specie che possiedono davvero queste virtù, non autoctone.

In cucina si utilizzano i teneri getti primaverili che spuntano dai rami, rossicci, un po’ amari, che si cucinano più o meno come gli asparagi o altri germogli e turioni, dopo adeguata sciacquatura in acqua e lessatura. Si condiscono con olio e limone o altri ingredienti o entrano a far parte di frittate. In alcune regioni i germogli scottati vengono conservati sottolio o sotto aceto. Come in Italia, vengono consumati anche n diversi paesi del bacino mediterraneo. In Spagna è segnalata una bevanda preparata con le radici di salsapariglia e giovani getti vengono anche mangiati crudi, come snacks.