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L’isulanu va difeso

L'isulanu va difesoSiamo alle solite. Abbiamo letto, con vero sconcerto e delusione quello che viene definito “Testo unificato che disciplina la politica linguistica della Regione Sardegna”, e, con particolare attenzione e interesse abbiamo esaminato quelle parti in cui si accenna alle varietà linguistiche alloglotte, che si riferiscono anche a noi isolani.

Non ci pare che i nostri politici regionali dimostrino una specifica competenza in campo linguistico e ci domandiamo se non fosse il caso, prima di “sentenziare” su una materia tanto particolare e problematica, di interpellare la numerosa schiera di illustri linguisti delle due università sarde. Loro dicono di averlo fatto, ma noi sinceramente stentiamo a crederlo: Nessun linguista sosterrebbe criticamente una vera e propria assurdità come quella che compare all’art.2 comma c), “per varietà linguistiche alloglotte della Sardegna si intendono: il gallurese anche nelle varianti castellanese e corso maddalenino”… Il corso- isolano non può essere (se è corso) una variante del gallurese e non della Corsica meridionale.

Cari signori, purtroppo siete ancora ancorati all’approssimativo e scarsamente profondo giudizio espresso dall’Angius nel Dizionario geografico storico statistico commerciale degli Stati di S.M. il re di Sardegna, (a cura di G. Casalis, VII, Torino 1840, p.141) manifestamente poco interessato al dialetto, e così continuate a ripetere per inveterata abitudine, in tutte le occasioni e con sconsiderata leggerezza, il solito ritornello. Riteniamo che la lingua sia l’impronta maggiore della nostra condizione umana, ma anche della nostra identità. Pertanto, per fedeltà alla nostra specifica tradizione linguistica non possiamo accettare le vostre impostazioni normative. La variazione linguistica è la testimonianza di un territorio circoscritto, ma anche di una coesione e di una coscienza intercomunitaria che noi rivendichiamo come un diritto alla differenza che siamo pronti a difendere, mentre siamo scettici, anzi ostili, ai tentativi di omologazione e di appiattimento.

Pensiamo che tutto ciò non escluda che la questione sia ancora suscettibile di approfondimento. Con l’auspicio che la discussione e la riflessione sull’argomento possa indurvi a una riconsiderazione della specificità linguistica dell’isolano, ci aspettiamo il riconoscimento che si dà alle lingue altre dalla maggioranza.

Riconoscimenti: “La colonia còrsa che si stabilì circa un secolo fa alla Maddalena occupò in un primo tempo la sommità del colle in cui si trova oggi la chiesetta della Trinita: La popolazione, che si accrebbe poi di quelli che fuggirono per sottrarsi alla coscrizione dell’Impero, conta oggi all’incirca millecinquecento abitanti i quali hanno conservaato la lingua della loro prima isola”.
A.C.P. Valery, Viaggio in Sardegna, ediz. La Torre, Cagliari 1995, p. 10. Prima pubblicazione 1837.

Le prime osservazioni sulla parlata isolana che abbiano un carattere sistematico sono dovute a un illustre linguista dell’800, Luigi Luciano Bonaparte, il quale, in una lettera da Londra datata 9 novembre 1860 indirizzata al canonico Spano, insigne studioso sardo e suo referente per la lingua sarda, scriveva: “…Se non mi fosse nota tutta la premura che ella si è data per illustrare qualunque soggetto che abbia rapporto a cotesta interessantissima Isola esiterei a domandarle un favore, ma mi determino a ciò, pensando a tutto ciò che la filologia sarda le deve. Io gradirei dunque se fosse possibile, la Parabola del seminatore” (Matteo, 13, 3-9. Luigi Bonaparte, infatti, raccolse un gra numero di traduzioni di questa parabola evangelica in varie lingue e dialetti) cosa ben breve, nella varietà catalana di Alghero, nella còrsa dell’isola della Maddalena e nella varietà genovese dell’isola di San Pietro, onde avere un saggio di questi idiomi (purtroppo non conosciamo il nome del traduttore isolano).

Infine con una lettera da Parigi datata 6 gennaio 1867 comunicava al canonico Spano le conclusioni di un approfondito studio comparativo sul dialetto maddalenino, sull’algherese e sul tabarchino, non solo sotto l’aspetto lessicale, ma nella molteplicità dei suoi elementi fonetici, morfologici e sintattici: “….ma debbo però farle sapere che il catalano di Alghero, il Còrso della Maddalena, e il Genovese di San Pietro non differiscono sufficientemente dal Còrso meridionale, dal Genovese continentale e dal Catalano di Catalogna per formare dialetti, né tampoco suddialetti distinti” riconoscendo pienamente al dialetto isulanu il carattere tipicamente còrso oltremontano.

Crediamo sia un presupposto da tempo acquisito dalla dialettologia, l’originalità del dialetto isulanu, propaggine della varietà còrsa vigente nel retroterra bonifacino del Piali, rispetto al contesto gallurese, la sua genesi e la sua storia profondamente diversa e, infine, il suo autonomo e specifico processo evolutivo.

Ha scritto Fiorenzo Toso, Ordinario di Linguistica generale presso l’Università di Sassari: “Che nel novero dei dialetti sardo-corsi il maddalenino rappresenti una varietà ulteriormente orientata verso le tipologie linguistiche dell’isola settentrionale e mostri una autonoma personalità rispetto al contesto gallurese è un dato acquisito della dialettologia contemporanea, certificato dall’impresa stessa del Nouvel Atlas Linguistique de la Corse”, Ajaccio-Parigi, 1995-1999. Fiorenzo Toso, La parlata interferienziale della Maddalena: aspetti e lessico, in Bollettino di Studi Sardi, 2/2009, CUEC / CSPS, Cagliari pp.119-135.

Ha infine caratteri propri il dialetto dell’isola della Maddalena” (De Martino 1996), disabitata (???) fino al XVIII sec. quando venne popolata da abitanti dell’entroterra rurale di Bonifacio , che vi importarono il loro dialetto corso meridionale fortemente influenzato dalla varietà ligure del capoluogo, che venne ulteriormente arricchito da apporti genovesi nel corso dell’Ottocento quando l’installazione delle strutture della marina militare implicò una forte immigrazione proveniente direttamente dalla Liguria.
Fiorenzo Toso, Le minoranze linguistiche in Italia cap,VII, par.1, p. 169., Bologna Il Mulino 2068.

Questa specificità dell’isolano non è stata mai recepita dalla legislazione regionale; forse è vero quello che ripetono tanti, che la negata ammissione a tutela è fortemente condizionata da valutazioni extralinguistiche connesse con livelli diversi di rivendicazioni politico-culturali
Scrive ancora il prof. Toso: “Questa originalità è ben presente nella percezione dei parlanti e anche in quella degli abitanti del retroterra gallurese, che in genere concordano nel riconoscere al maddalenino caratteri peculiari e una più diretta parentela col còrso: come è stato osservato, del resto, proprio dal confronto col maddalenino “può dare una idea precisa, grazie alle molte divergenze rispetto al contiguo gallurese, di quanto possa essere antico il radicamento in Sardegna di quest’ultimo e delle altre varietà di origine còrsa”. (Maxia 2009: 38).

Questa specificità non è stata invece recepita dalla legislazione regionale, pur attenta al riconoscimento delle alloglossie presenti in territorio sardo. Eppure proprio l’appartenenza del maddalenino a un orizzonte linguistico essenzialmente còrso, pone, almeno a livello teorico, un problema giuridico di un certo rilievo: infatti, ancor più che per il gallurese, il sassarese, il legame con la lingua parlata in Corsica e il distacco totale rispetto al sardo (in mancanza di una transizione e di un continuum territoriale) attribuiscono al maddalenino caratteri di vera e propria “appendice” di un idioma parlato prevalentemente in un paese straniero, dotato in Francia di un riconoscimento formale come lingua minoritaria, e al quale sono state per di più attribuite alcune prerogative di ufficialità (1).. Almeno secondo la logica che ha determinato la scelta delle varietà ammesse a ”tutela” in base alla L.N. 482/1999, dunque l’estromissione del maddalenino risulta non meno illegittima della discriminazione che colpisce, nel contesto regionale sardo, il tabarchino.

Ciò detto, occorre constatare che il pur forte valore identitario attribuito dagli abitanti della Maddalena all’idioma locale non si è ancora manifestato in forme di rivendicazione e di effettiva promozione culturale, mentre mancano allo stato attuale stime precise sul numero di quanti parlano il maddalenino e sulle loro attitudini sociolinguistiche: La Maddalena non figura tra i punti presi in esame dall’inchiesta sociolinguistica di Oppo 2006, ma certo si può dare per scontato un certo regresso dell’idioma locale nella seconda metà del Novecento, accentuatosi particolarmente negli ultimi anni.

Fiorenzo Toso, La Sardegna che non parla sardo. Profilo storico-linguistico delle varietà alloglotte, Gallurese, Sassarese, Maddalenino, Algherese, Tabarchino. CUEC Editrice, Cagliari, 2012, cap. 3 – Il Maddalenino, pp.77-93.

Note:

(1) – La formalizzazione dello statuto di co-ufficialità tra il còrso e il francese risale al 1989. Di conseguenza, La Maddalena si configura per certi aspetti, un po’ come Alghero catalana, come una località in cui si parla una varietà direttamente legata a una lingua minoritaria dotata, in un paese straniero, di precise prerogative istituzionali. superfluo aggiungere che alla luce dello status riconosciuto al còrso, il legame genetico di quest’ultimo col toscano (e di conseguenza con l’italiano) appare del tutto ininfluente per considerazioni di ordine glottopolitico.

Antonio “Tonino” Conti

Per tutto il settecento e i primi anni del secolo successivo, le famiglie originarie e quelle sopraggiunte, provenivano dalla Corsica sottana, e quindi parlavano il pumontincu dei villaggi montani della Sarra e del Taravo. La contaminazione con i galluresi non dovette essere particolarmente deviante. Più corposa fu la commistione con i numerosi capraiesi (isola di Capraia) che qualcosa potrebbe aver determinato negli anni. Il terremoto avvenne con l’esplosione da 1.800 a 10.000 abitanti, e il dialetto non poteva non essere fortemente rivoluzionato, e a me pare un miracolo che comunque qualcosa è rimasto. Pensiamo, che ci sia stata più che l’italianizzazione dei vocaboli maddalenini, una maddalenizzazione dei vocaboli italiani. La prima operazione, infatti, prevede la conoscenza dei vocaboli maddalenini e la loro manipolazione, la seconda invece cerca di rendere i conosciuti vocaboli italiani in presunto maddalenino.