Giovanni Battista Millelire
Giovanni Battista (nato intorno al 1767) divenne uno dei più intraprendenti padroni marittimi: proprietario di un mistico da 24 tonnellate, aveva anche quote di proprietà, in attrezzature o in merci, su altre imbarcazioni locali differenziando, così, i cespiti di entrata e i rischi insiti in questo tipo di impresa.
Aveva abbandonato la Regia Marina, nella quale era imbarcato, come tanti altri giovani isolani, nella mezza galera Santa Barbara in qualità di marinaio di 1° classe, per una antipatica storia che lo vedeva vittima del comandante Vittorio Porcile: questi aveva una relazione con Maria Angela Ornano, promessa sposa di Giovanni Battista, relazione che diede i suoi frutti sei mesi dopo il loro matrimonio (avvenuto nel 1789), suscitando le ironie e i commenti malevoli dei compagni d’arme e l’umiliazione di Millelire. Egli si sentì “constretto con suo grave discapito ad abbandonare il servizio ….e ciò affine di non essere piìi la beffa dell’equipaggio, ed indi allontanarsi dalla propria casa e dall’isola suddetta per non essere anche più quella della popolazione che d’altro non risonava se non che del citato scandaloso fattoʺ. Nei due anni di sua assenza la relazione fra i due era continuata e, al suo ritorno, Millelire scoprì che la moglie era di nuovo incinta. Scrisse allora una vibrata supplica al Viceré nella quale, ritenendosi ʺdisonorato villipeso e vittima innocente del crime altrui”, chiedeva con fermezza “pieno divorzio” dalla moglie, ma anche l’allontanamento definitivo di Porcile dall’isola “ove non può egli presentarsi senza rinnovare lo scandalo, il disonore e la totale rovina del supplicanteʺ. Porcile fu sospeso dallʹincarico di comando della Santa Barbara, allontanato e reintegrato dopo alcuni mesi dietro assicurazione di ravvedimento del suo comportamento. Comunque il tempo guarì la ferita di Millelire che finì per tornare con la moglie vivendole accanto per più di cinquanta anni. Nel 1813 anche lui, come altri capifamiglia illuminati e moderni, ma anche abbastanza abbienti da poterselo permettere, firmò la convenzione con il prete Luca Ferrandico per dare una istruzione ai suoi figli maschi: all’impegno di pagare la quota in denaro, i genitori si impegnavano a offrire al prete un decente alloggio e un locale per la scuola. Questa lungimiranza consentì in seguito ai suoi figli Pasquale e Giuseppe di intraprendere interessanti carriere come dipendenti dello Stato.
II suo commercio marittimo lo portò, nel 1816, ad essere sospettato, non senza qualche fondamento, di contrabbando di grano, ma ciò non gli impedì di continuare con successo la sua attività: l’atto di vendita del suo tre alberi mistico ci informa della sua straordinaria vitalità: solo nel 1838 si era deciso ad abbandonare “la navigazione nell’esercizio di padrone mercantile, attesa la sua maggiore età”. Aveva settanta anni.
Fu consigliere comunale in diversi periodi e, forse, sindaco nel 1821: l’incertezza deriva dall’omonimia con uno zio.
Giovanni Battista fu particolarmente legato alla chiesa. L’anno 1806 aveva visto uno sforzo di molti padroni per corredare la parrocchia di Santa Maria Maddalena degli arredi necessari: egli fu particolarmente generoso offrendo il battistero di marmo oltre alle elemosine consuete. Questo attaccamento alla chiesa contribuì forse alla sua nomina di fabbriciere (1831) ovvero di amministratore unico dei beni, delle manutenzioni, del bilancio in genere della chiesa parrocchiale sotto l’esclusivo controllo del vescovo. Ma all’inizio del 1833, il Vicario generale di Civita pretese di sostituirlo e gli intimò di consegnare i libri contabili ad altra persona scelta da lui. In maniera inaspettata Millelire rifiutò, appoggiato da tutto il Consiglio Comunitativo. Ne nacque una vertenza che coinvolse anche il Viceré al quale il Consiglio orgogliosamente dichiarava che è sempre stato diritto e privativa del Consiglio Comunitativo la scelta dell’operaio di questa chiesa … col consenso dei padroni mercantili dalla di cui volontaria elemosina si forma il lustro ed il sostegno di detta chiesa”. Affermava di aver obbligato Millelire ad accettare quell’onere ʺper esser questo uomo di tutta buonafede ben visto dallintiera popolazione, possidente, di soddisfazione” e, cosa non trascurabile, “compare del canonico Biancareddu che lo pregò di assumere l’incarico’’; ricordava anche che, all’epoca della costruzione della chiesa, era stato prescelto per sovrastare alla buona esecuzione dei lavori. In effetti pare che la gestione di Millelire fosse corretta, malgrado l’approssimazione dei libri contabili: egli aveva ripianato i debiti di un suo predecessore, Pasquale Gallone, impegnandosi anche al recupero, impostogli dal vescovo, delle libbre di cera e di olio che non risultavano nella contabilità del prete Luca Ferrandico e, poiché la cassa parrocchiale era spesso vuota, anticipava le somme necessarie. La testardaggine del Consiglio non cedette neanche a fronte di ordini perentori del comandante Ciusa a nome dellʹintendente provinciale. Il Consiglio vinse la sua battaglia e Millelire rimase al suo posto.
Alla sua morte la moglie, creditrice di una discreta somma nei confronti della chiesa, decise di donarla in suffragio dell’anima del marito, e forse anche della sua, per farsi perdonare i giovanili e tempestosi trascorsi della scandalosa relazione con Porcile.
Giovanna Sotgiu – Co.Ri.S.Ma