Il convoglio e i progetti della spedizione
Il pomeriggio del 10 ottobre dell’Anno Domini 1767 il pinco mercantile di patron Merello getta le ancore nelle acque del fiordo di Longonsardo, sotto la protezione della vecchia torre. Era partito da Cagliari con destinazione Alghero, carico di artiglierie e di “munizioni da guerra e da bocca per 50 giorni”, avendo a bordo anche la compagnia franca di disertori graziati, 5 cannonieri, un commesso e un cappellano. A Capo Galera la compagnia franca ha lasciato il bordo per portarsi ad Alghero ed è stata sostituita da una compagnia del reggimento di Sprecher, che al comando del maggiore De Roquette lasciava la piazza catalana “per andare a presidiare le isole Intermedie”, secondo gli ordini del viceré conte Des Hayes.
A Longonsardo il pinco mercantile trova il pinco regio armato in corsa La Vergine delle grazie al comando del vassallo Allion de Brondel e il regio filucone San Gavino al comando del tenente Antonio Maria De Nobili. Il giorno dopo questo piccolo convoglio navale viene integrato dalle due scialuppe maggiori dei due bastimenti d’alto bordo, il vascello San Vittorio e la fregata San Carlo, che il timoroso comandante tiene a Terranova lontano dalle insidie dei Carruggi. Il filucone, il pinco armato e le scialuppe nei giorni precedenti avevano incessantemente rondato nelle acque da Terranova a Longonsardo e nelle Bocche per controllare tutti i movimenti dei mezzi navali genovesi e corsi per prevenirne le intenzioni ed eventualmente contrastarne le azioni di opposizione al progetto sardo di prendere possesso delle isole Intermedie.
Per tutto il 1766 e 1767 il ministro torinese Bogino agli Affari di Sardegna e di Guerra e Marina da una parte, e il viceré Costa della Trinità prima e Hallot des Hayes poi, per conto di Carlo Emanuele III avevano favorito e coordinato, tra Torino e Cagliari, un dibattito politico e giuridico tra alti funzionari e giuristi del regno sulla questione delle isole Intermedie: la sovranità su di esse, le pretese bonifacine e più in generale le condizioni dell’intera Corsica in preda a turbolenze politiche e sociali, il contrasto ai contrabbandi e ai barbareschi nelle Bocche e la regolazione dei flussi irregolari di fuoriusciti politici, fuggiaschi di faide o più semplicemente di banditi dall’isola vicina. La corte torinese si era trovata nel dilemma di cosa fare e come farlo con i pastori corsi che utilizzavano le isole da almeno un secolo per pascolo delle bestie dei signori bonifacini e per semina di granaglie. Rigettata l’ipotesi di una colonizzazione per infeudazione e con coloni esterni, come era stato per Carloforte, la soluzione fu di prevedere la presa di possesso militare delle isole con il mantenimento quei pastori che avessero accettato la giurisdizione sarda. Questa scelta ha determinato la storia particolare della comunità maddalenina, che non ha conosciuto – a differenza delle altre 300 ville sarde – le condizioni e le strutture giuridiche e sociali del feudalesimo pur nella sua fase conclusiva, ma quelle del demanio del re; e che non è nata dalla immissione di abitanti esterni, ma avendo come base “etnica” i pastori corsi da sempre abitatori delle isole.
Nella primavera/estate del 1767 si è svolta nelle Intermedie una singolare guerra d’intelligence e di pressione politica tra gli emissari del regno di Sardegna e quelli di Bonifacio. Entrambe le parti ebbero molti contatti con i pastori di Caprera e della Maddalena per conoscerne le intenzioni e orientarle a proprio favore. I comandanti navali Brondell e De Nobili per parte sarda hanno raccolto i loro propositi di cambiar vita e di accettare la sovranità sarda solo a seguito di un’azione militare che desse loro la giustificazione di aver subito un’azione di forza. I bonifacini risposero all’attività sarda con l’invio di un cancelliere della curia per sostenere, presso gli stessi pastori, i diritti genovesi sulle isole, e convocando a Bonifacio molti capi famiglia isolani per conoscere direttamente da loro i termini dell’iniziativa sarda e richiedere loro delle deposizioni giurate di fedeltà. I puntuali verbali redatti in queste occasioni riferiscono le affermazioni dei pastori isolani di aver respinto duramente le pressioni sarde e registrano espressioni di attaccamento alla Serenissima genovese. I fatti hanno definito che la contesa terminò a favore dei sardi.
Salvatore Sanna – Co.Ri.S.Ma