La Vigilia
Pur predisposta da oltre 50 anni alla guerra ed organizzata per essa, La Maddalena – nel corso del secondo conflitto mondiale – non aveva ancora conosciuto direttamente nelle proprie carni i devastanti effetti della guerra guerreggiata, se non nel sacrificio dei propri figli che morivano su tutti i fronti. E dell’unico episodio di guerra vissuta, accaduto in tempi remoti, rimaneva viva la memoria storica che le esigenze del regime aveva rinverdito in funzione della propaganda anti-francese e per l’annessione della Corsica. 150 anni prima, nel febbraio 1793, l’isola aveva subito un devastante bombardamento diretto dal giovane tenente d’artiglieria Napoleone Bonaparte, nel tentativo d’occupazione della Sardegna settentrionale da parte dei franco-corsi. Furono due giorni di ferro e di fuoco, che seminarono il piccolo e povero abitato maddalenino di almeno 150 bombe. Diversa forza ebbero le bombe del raid aereo americano, che portarono distruzione e morte in una breve ondata di pochi minuti.
A voler fare un paragone tra i due episodi, si può notare che il primo fu un attacco indiscriminato, tendente a fiaccare la volontà di resistenza degli isolani. Il secondo fu un attacco “chirurgico” (come si dice oggi), misurato esclusivamente ad obiettivi militari. Il primo, infine, ebbe una reazione vincente, mentre il secondo la ebbe sterile e perdente.
In quei primi giorni di aprile del 1943 la vita scorreva normalmente a La Maddalena, quanto poteva essere normale la vita in una base militare. Le notizie dei bombardamenti subiti da Cagliari, esaltati nella loro tragica realtà dalla necessità propagandistica di fare degli aggressori delle “…belve umane che si vorrebbe strozzare con le proprie mani…” ( come scriveva “L’Isola – Il Quotidiano fascista della Sardegna”, che a Sassari aveva soppiantato “La Nuova Sardegna”), non preoccupò particolarmente i maddalenini. Poche famiglie avevano aderito agli inviti a sfollare. Le attività commerciali si svolgevano pressoché normalmente, così come le lezioni scolastiche nei vari istituti. La cronaca, addirittura, registrò, pochi giorni prima del bombardamento che “Nel salone della G.I.L. il camerata Dott. Antonio Gana ha parlato ai giovani ed ai fascisti, commemorando il XXIII marzo, la fondazione dei fasci di combattimento”.
Nessuno riteneva possibile un attacco alla base. La presenza del Trieste e del Gorizia, piuttosto che un incentivo, era ritenuto un elemento di dissuasione, unito alla errata convinzione di essere protetti da un sistema difensivo insuperabile. Riportiamo due testimonianze di tale sentimento, stralciandole da rievocazioni giornalistiche degli avvenimenti in questione operate da testimoni e pubblicate dalla Nuova Sardegna. “…Ogni tanto allarme: ricognitori nemici in vista.“Forza Trieste” gridava la gente. Ed il Trieste rispondeva, poderoso. Pareva invincibile. Sembra di vederlo ancora lì, sotto Monte Altura, mentre i franchi si preparano a scendere a terra, splendente al sole, come se il 10 aprile 1943 non fosse accaduto nulla. Anche questo videro gli isolani con occhi atterriti. Le due del pomeriggio; prime squadriglie di quadrimotori nemici altissime, luccicanti. “Forza Trieste!” si diceva ancora…” (“Per otto anni la gente di La Maddalena ha vissuto una triste e grande avventura” di Sandro Serra 23.11.1947). “…Quando le notizie allarmistiche si diffondevano, si guardava con fiduciosa sicurezza il brandeggiare dei cannoni del Trieste, per sentirsi più sicuri, protetti” (“Pagine di storia dolorosa della guerra a La Maddalena” di E. Casazza 17.04.1977).
Non esistevano rifugi, sostituiti dai sottoscala o dalle cantine, e da soluzioni singolari quali il cumulo di sacchi di sabbia sistemati in maniera aggettante ai muri esterni delle abitazioni per ricavarvi un vuoto in cui ripararsi. Alla potenza devastante delle bombe si opponevano le ingenue strisce di carta gommata nelle finestre e nelle vetrine. Gli allarmi erano pressoché quotidiani, per il sorvolo dell’arcipelago da parte di ricognitori nemici, ma quasi nessuno ormai ci badava più, giacche non seguivano mai azioni di bombardamento. Spesso entrava in azione solo la nostra contraerea, che non raggiungeva la quota di sorvolo, e che talvolta fu causa anche di gravi danni. Un documento, rintracciato nell’immenso fondo della Direzione Generale della Pubblica Sicurezza del Ministero degli Interni conservato nell’Archivio Centrale dello Stato, ne fornisce una drammatica testimonianza. Il 17 novembre del 1942 il Prefetto di Sassari, Notarianni, telegrafava al Ministero: “Ore 20.45 ieri dato allarme aereo at la maddalena durato 80 minuti alt nessun lancio bombe alt entrata azione difesa contraerea alt circostanza fante Ascagni Argante 21 rgt ftr colpito scheggia proiettile contraerea mentre transitava via cittadina est deceduto stamani ospedale marittimo”.
Ben altro fervore regnava, invece, nelle basi aeree Alleate del nord Africa, dove i Comandi pianificavano per tempo gli interventi che quotidianamente venivano operati dai loro Gruppi da caccia o da bombardamento.
L’azione su La Maddalena fu affidata agli americani, che operavano di giorno, e che di recente avevano ristrutturato l’organizzazione dei loro reparti aerei in Europa e nel Mediterraneo. Al contrario delle revisioni di schieramento che nello scacchiere mediterraneo andavano facendo le forze dell’Asse sotto la spinta degli eventi loro sfavorevoli, gli Alleati si riorganizzavano secondo le indicazioni della Conferenza di Casablanca (14-23.1.1943), tra Churchil e Roosevelt, ed in riferimento all’espansione della loro iniziativa vincente.
Come loro solito gli americani prepararono meticolosamente anche quest’azione. La classificarono “strategica”, e rimase nei loro annali come una delle più famose tra gli attacchi pesanti, sia per il target qualificante contro cui si rivolse, che per le ineccepibili modalità di esecuzione. Come vedremo più precisamente in seguito, alla sua preparazione intervenne direttamente il Maggiore Generale Carl Spaatz, comandante delle N.A.A.F. (North African Air Forces), che, per la qualità degli obiettivi da raggiungere assegnò l’attacco alla S.A. (Strategical Air Force).
Questa Forza Strategica era organizzata in 13 Gruppi, tra bombardieri e caccia, articolati, secondo lo schema organizzativo praticato dall’USAF, in Squadroni, ciascuno dei quali aveva assegnato un numero fisso di 13 apparecchi. In particolare a noi interessa riconoscere i 4 Bomb Group di B 17 Flying Fortress (Fortezze Volanti), ciascuno composto da 4 Squadroni, che eseguirono l’attacco del 10 aprile. Si tratta del 2º Gruppo (con gli Squadroni 20º, 49º, 96º e 429º), del 97º Gruppo (con gli Squadroni 340º, 341º, 342º e 414º), del 99º Gruppo (con gli Squadroni 346º, 347º, 348º e 416º) e del 301º Gruppo (con gli Squadroni 32º, 352º, 353º e 419).
Salvatore Sanna – Co.Ri.S.Ma