Perchè l’attacco a La Maddalena
Lo stesso gravoso limite dei rifornimenti, per altro, riduceva pressoché a zero anche la possibilità di contrastare eventuali azioni navali nemiche contro le coste italiane. Ciò nonostante, la motivazione del “pronto impiego” in funzione anti invasione, che giustificava la nuova dislocazione maddalenina della III Divisione, crebbe in validità col crescere del predominio Alleato nel nord Africa e nel Mediterraneo. Col rafforzarsi, cioè, dell’ipotesi di un’azione Alleata contro le grandi isole italiane.
Non può essere considerato solo un caso che l’attacco del 10 aprile sia avvenuto proprio l’ultimo giorno dei colloqui tra Mussolini ed Hitler, e le rispettive delegazioni, a Salisburgo/Klesseim. Con ciò non s’intende ipotizzare alcun elemento di diretta correlazione tra le due circostanze. Si vuole solo notare che l’attacco alla base navale sarda, ed agli incrociatori pesanti, avvenne proprio quando presso gli Stati Maggiori italo-tedeschi si consolidò la previsione che l’invasione della Sardegna sarebbe stata la prossima ed imminente operazione Alleata. La Conferenza di Salisburgo, infatti, definì tra l’altro questa ipotesi, nonostante il diverso parere del Capo di Stato Maggiore Generale italiano.
Soprattutto la Marina Militare Italiana propugnava tale ipotesi, e la presentava da tempo in ogni occasione, in special modo dopo l’attacco a La Maddalena. Se ne trova riscontro, in particolare, nei verbali delle riunioni svoltesi presso il Capo di Stato Maggiore Generale. Specialmente in quella del 29 aprile, convocata sulla situazione della Sardegna, ed in quella successiva del 2 maggio che discusse della Sicilia. In quest’ultima occasione anche il Capo di Stato Maggiore dell’Aeronautica, considerando che le azioni aeree provenienti dalla Sardegna rappresentavano una grave minaccia per il nemico, affermò che l’operazione in Sicilia poteva essere svolta solo dopo la conquista della Sardegna. Ancor più esplicitamente, nella riunione del 28 maggio, l’Ammiraglio Sansonetti dimostrò che lo schieramento dei principali mezzi da sbarco anglo-americani era orientato proprio per uno sbarco in Sardegna.
Altre testimonianze di questa posizione si rilevano da molti documenti di fonte tedesca, che riportano resoconti di incontri di vario livello. Significativo appare quello tra l’Ammiraglio Riccardi e l’Ammiraglio Donitz, avvenuto a Roma il 12 maggio, dal cui resoconto si apprende testualmente che: “L’Ammiraglio italiano crede che la Sardegna sarà la prima ad essere invasa”.
Sempre da documenti tedeschi si ha notizia della adesione dello stesso Mussolini a quest’ipotesi, addirittura nei mesi antecedenti. Il 13 marzo, in occasione di un suo incontro con Kesserling in partenza per il Quartier generale tedesco, il Duce espresse il suo convincimento circa il fatto che la Sardegna era da ritenersi la più minacciata. Due giorni dopo ripropose questo suo giudizio a Donitz, arrivando a toni anche patetici per convincere l’alleato a fornirgli del carburante navale. “Nel caso di un attacco nemico contro la Sardegna, – disse il Duce all’Ammiraglio tedesco – attacco che ritengo più probabile di quello contro la Sicilia, vorrei fare uscire la flotta, comprese le navi da battaglia. Vi é però una grossa difficoltà: la mancanza di nafta. Mi dispiacerebbe moltissimo se non ci venisse offerta quest’opportunità di attaccare le forze navali nemiche”.
I comandi Alleati dovettero pur tenere conto di tutto questo nella fase d’approntamento della “Operazione Husky”, con cui effettuarono l’occupazione della Sicilia a partire dal 10 luglio 1943. L’azione contro la Base navale di La Maddalena e l’attacco agli incrociatori pesanti si può leggere all’interno di un preciso disegno d’intelligence, volto ad orientare le previsioni dei Comandi dell’Asse verso la Sardegna piuttosto che sulla Sicilia. Non a caso il disegno trovò completamento proprio in un autentico capolavoro dei Servizi segreti di Sua Maestà Britannica: l’operazione Mincemeat (Carne tritata).
Si trattò di un’operazione, celebrata sia in letteratura che nella cinematografia, che fu eseguita proprio alla fine di quell’aprile, determinando la definitiva convinzione di Hitler del prossimo attacco alla Sardegna. Dal cadavere del Maggiore Martin, del Royal Marines, approdato nelle coste spagnole di Huelva a seguito di un finto incidente aereo, i servizi tedeschi acquisirono dei documenti confidenziali, autentici ma predisposti ad arte, come tutta la perfetta messinscena che non trascurò i più piccoli particolari. Dagli ineccepibili documenti inglesi il Comando Supremo tedesco ricavò la certezza di un massiccio attacco contro la Sardegna, in concomitanza con il diversivo di un finto attacco alla Sicilia, ed uno sbarco secondario nel Peloponneso. Le direttive militari di Hitler del giorno 12 maggio furono conseguenti e concludevano perentoriamente ordinando che: “ le misure riguardanti Sardegna e Peloponneso avranno precedenza assoluta su tutto il resto”.
La fortuna e la riuscita dell’operazione dei servizi inglesi fu frutto, oltre che della sua perfetta preparazione ed esecuzione, anche dell’elevato tasso di credibilità dell’ipotesi di lavoro che si era data. Si trattava, addirittura, di un’ipotesi operativa vera e propria, sostenuta con determinazione dall’autorevole Ufficio Pianificazione dello Stato Maggiore Generale inglese. Questo, infatti, aveva predisposto un piano proprio per l’invasione della Sardegna, ed ebbe un duro contrasto con Churchil ed i principali capi militari Alleati che scelsero invece la Sicilia. L’operazione di intelligence partecipò, quindi, in concorso con un complesso di attività belliche e non, a determinare nell’Asse l’attesa di un inevitabile attacco alla Sardegna. Fu per ciò che, per tutta la primavera del 1943, a partire da La Maddalena, la linea dei bombardamenti aerei sull’isola si spostò sempre più a nord, arrivando sino ad Alghero, a Porto Torres e ad Olbia, oltre che sui tradizionali bersagli del sistema aeroportuale dell’estremo sud della Sardegna. Gli stessi bombardamenti crebbero, altresì, di intensità e di virulenza, seminando lutti e devastazioni anche tra la popolazione civile e su obiettivi non militari.
La propaganda di regime rigettava l’ipotesi di invasione della Sardegna, e definiva, nel quotidiano sassarese del P.N.F. “L’Isola”, “smargiassate” le voci anglo-americane di sbarco sull’isola. La notizia proveniva dall’autorevole “Berlinen Borsen Zeitung”, che commentò che: “tra il loro desiderio e la realizzazione di esso si trovano le armi dell’Asse e la popolazione sarda”. Eccezionalmente più misurato fu il commento de “L’Isola”, che il 13 aprile riportò il testo del quotidiano berlinese e di suo considerò che: “prima di tutto sulle imprese del genere, quando si sta preparandole sul serio si tace”.
Non dovevano pensarla allo stesso modo a Roma. Con un bando del Duce la Sardegna fu dichiarata, infatti, “zona di operazioni” a far data dalle ore 00.00 del giorno 15 aprile. Erano trascorsi solo cinque giorni dall’attacco aereo di La Maddalena.
Una singolare motivazione di questo attacco la si trova in un testo statunitense, pressoché ufficiale, rievocativo delle operazioni delle forze aeree Alleate nella II Guerra mondiale. W.F. Crawen & J.L. Cate, nel loro “The Army Air Forces in World War II” (Chicago 1952), a cui ci rifaremo per altre informazioni, introducendo il racconto dell’attacco che ci interessa, e quasi a sua giustificazione, affermano che: “Un Ammiraglio tedesco aveva recentemente assunto il comando della flotta italiana, e ciò poteva essere interpretato come se lasciasse presagire un suo ruolo più aggressivo”.
E’ noto che una tale situazione non si verificò, e quindi le motivazioni vere dell’attacco alla base navale maddalenina vanno ricercate in riferimento ad elementi più oggettivi. Da un lato nella necessità da parte Alleata di chiudere a proprio favore la partita dell’egemonia totale sul Mediterraneo, in concomitanza con la conclusione dell’offensiva africana. Dall’altro nella partecipazione al sottile gioco di intelligence che impegnava i Comandi Supremi dell’Asse nella logorante previsione ed attesa della prossima mossa anglo-americana che avrebbe aperto la “Campagna d’Italia”.
Salvatore Sanna – Co.Ri.S.Ma